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L'arbitrarietà della diffida

 

Tutti invocano il cosiddetto "Daspo", il divieto di accesso alle manifestazioni sportive, comminato dalle Questure, senza un effettivo controllo giurisdizionale del Giudice per le Indagini Preliminari e quindi senza adeguate garanzie difensive per gli ultras. Ma, grazie ad una recente inchiesta del settimanale L’Espresso, si scopre che circa il 60% dei tifosi diffidati non ha commesso alcun reato.
Dopo la prima giornata di campionato, in seguito ai noti fatti di Roma – Napoli, il Governo di centro-destra ha orientato l’agenda politica nel senso di una lotta senza quartiere contro il movimento ultrà. Sul momento delicato per il calcio italiano e per le tifoserie, abbiamo intervistato il professore Carlo Balestri, presidente di Progetto Ultrà, un’associazione nata al fine di tutelare i diritti dei tifosi e per prevenire la violenza negli stadi.

Che idea si è fatta a proposito della continua esasperazione mediatica degli episodi negativi commessi dai tifosi? Quasi nessuno, invece, racconta le lodevoli iniziative di volontariato organizzate dagli ultras....

"La direzione intrapresa dalla stampa è proprio quella di enfatizzare gli episodi violenti che scatenano un morboso sadismo nel lettore che identifica ormai questi gruppi come il folk devil (demonio popolare) da esorcizzare, e di considerare molto più noiosa e meno appetibile la valorizzazione di iniziative di stampo associativo/volontaristico".

Molti giuristi denunciano l’incostituzionalità dello strumento della diffida (per violazione del diritto di difesa) e criticano altre norme contro la violenza. Che ne pensa?

"Penso che in Italia si abusi dello strumento della diffida preventiva che altro non dovrebbe essere che uno strumento amministrativo di carattere preventivo affinché chi avesse commesso un reato non sia messo nelle condizioni di ricommetterlo. Attualmente, nel nostro paese, sono in vigore più di 4.000 diffide. Il problema vero è che, fino a che non vi sia un processo o almeno un formale dibattimento, non si sa se questi quattromila diffidati abbiano o meno commesso reato. In questi termini, l’istituto della diffida in Italia è uno strumento arbitrario e fortemente discutibile, così come è discutibile la norma (valida solo per le vicende da stadio) dell’arresto in flagranza differita fino a 36 ore dopo che si è commesso un determinato reato. Un ultimo provvedimento molto contestato è anche la direttiva dell’Osservatorio sulle Manifestazioni agonistiche del marzo 2007 che ha proibito l’introduzione, negli stadi, dei tipici strumenti di tifo (striscioni, tamburi, megafoni), limitando di molto, in quei luoghi, la libertà di espressione, oltre che il colore e la passione".

E come giudica il frequente ricorso al divieto delle trasferte di massa? Non potrebbe configurare una violazione della libertà di movimento?

"Non so se si possa configurare come un reato contro la libertà di movimento (mi piacerebbe in questo caso mettere i panni del legislatore); ma, sicuramente, è, nei fatti, il fallimento di anni di politica repressiva e di pugno di ferro. Il problema è che ancora non si rendono conto di aver sbagliato tutto e, dopo quattro leggi speciali nel giro di otto anni, l’unico modo in cui credono di poter risolvere il problema della violenza è quello di far giocare a porte chiuse, trasformando un evento dal vivo e di massa in una semplice trasmissione televisiva".