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MAI PIU' 11 NOVEMBRE 2007, NEL NOME DI GABBO

 

L'uccisione di Gabriele Sandri una giornata buia della Repubblica.

 

La lettera che segue è stata scritta da Maurizio Martucci, autore del libro "11 Novembre 2007".

 

MOVIMENTO D'OPINIONE. Ho passato con la famiglia Sandri 9 mesi in giro per l'Italia a presentare il mio ultimo libro, con l'intento di raccontare i fatti di quella maledetta domenica in cui venne tolta la vita al giovane Gabbo. Oltre 20 tappe itineranti, dal Nord al Sud. Qualcosa come 6.000 persone incontrate. Ovunque sgomento e la stessa domanda: perché morire sparati sull'Autostrada del Sole? E noi li a fornire cronaca, elementi di riflessione. Cosa videro i 5 testi oculari, il folle sparo di un agente della Polizia che da 70 metri puntò un auto in movimento. E poi gli inevitabili stereotipi da sfatare: la violenza nel calcio e lo scorribandismo che con questa morte non c'entrano nulla. E in fila altri tasselli: un'informazione omissiva, il corto circuito giovanile, le istituzioni ammutolite nel gestire la comunicazione di crisi. Insomma, le 24 ore dell'11 Novembre 2007. Il libro come strumento di verità, di crescita culturale, senza fazionismi né tesi precostituite. Tutto alla luce del sole. Parallelamente alle udienze nel tribunale di Arezzo. Verità chiama giustizia.

SENTENZA COLPOSA. Infine la sentenza della Corte d'Assise ad un anno e 8 mesi dal primo giorno di dolore di Daniela, Giorgio e Cristiano Sandri. Ci si aspettava un responso giusto. La richiedevano un po' tutti, in nome del popolo sovrano. Anche Amnesty International, lamentando per il delitto dell'A1 la violazione dei diritti fondamentali dell'uomo. Invece c'è toccato un verdetto che definire mite è generosamente poco. Ortopedia giuridica, il capello spaccato in quattro. Certo, attendiamo la lettura delle motivazioni della corte, la cui pronuncia va sempre rispettata. Ma è lecito non condividerla e discuterla civilmente quando un caso di omicidio volontario con dolo eventuale dopo 8 ore di camera di consiglio viene licenziato per omicidio con colpa cosciente. Naturalmente s'è indignata la famiglia Sandri ("Avrebbero dovuto vedere mio fratello in camera mortuaria....", dice Cristiano lacrime agli occhi) e con loro l'opinione pubblica che si è spaccata ("La divisa ha pagato", ripete l'amico di Gabbo Lorenzo De Silvestri).

SOFFIARE SUL FUOCO. Ma dal 14 Luglio 2009 si è rispolverato anche il desueto cliché che si credeva in naftalina dall'11 Novembre 2007. Il solito triangolo è rispuntato fuori. Puntuale. Disegnato con la stessa sequenza di attori: Stato/Polizia, ultrà e grancassa mediatica. Uno, due e tre. Muro contro muro, ancora tutti contro. "Gli ultras gridano vendetta", titolava La Repubblica, "i demoni sono di nuovo tra noi", lanciandosi in uno spericolato pezzo di allarmismo preventivo, tanto per non rimanere indietro coi tempi. "Le curve pronte a esplodere alla ripresa del campionato", Il Corriere della Sera in futuristiche previsioni di guerriglia curvarola a 30 giorni di distanza dal fischio d'inizio. Il Messaggero con l'annuncio di inasprimenti per i violenti del tifo, con tanto di foto di Gabriele in prima pagina. Ma come? Ci risiamo? Ci si è ricascati un'altra volta? Cosa c'entra rielaborare l'abbinamento "Sandri-violenza degli ultrà"? A chi giova ridelimitarne le palizzate? Sembra come se si voglia ostinatamente soffiare sotto le ceneri dei deprecabili assalti alle caserme di quella giornata buia che tutti ricordiamo con sdegno, quasi a voler riattizzare in modo indotto chissà quale scintilla altamente ignifuga. Fino a prova contraria, in tutta la penisola c'è stato solo un nuovo (dico 1) increscioso episodio reazionario, oltretutto scollegato alla sentenza. Colpa di una decina di unità impazzite che hanno agito nell'oscurità della notte romana in una città di oltre 3 milioni di abitanti.

LASCIAMOLO IN PACE. Ecco allora la domanda regina: perché etichettare così l'omicidio Sandri e l'imbarazzo per una sentenza discutibile anche al dire di giuristi, specialisti e consulenti di diritto? Se si vuole che non ci sia mai più un nuovo 11 Novembre 2007, c'è bisogno di un passo in avanti di tutte le componenti, con coscienza e responsabilità: in primis dallo Stato, che in Appello sarà chiamato ad esprimersi fugando inopportuni ed imbarazzanti coni d'ombra che intrecciano sin dall'inizio questa triste vicenda. A seguire i mezzi di comunicazione, che piuttosto che prendere derive sensazionalistiche, una volta per tutte possono unire deontologicamente cronaca e informazione alla critica sensata. Non certo per ultimo, a completare il triangolo quelli che forse in pochi se ne sono accorti: un passo avanti l'hanno già fatto i giovani delle curve. Con cori e striscioni chiedono ininterrottamente giustizia, non vendetta, per un ragazzo come loro che non c'è più ("Uno di noi", gridano). Serve un passo avanti di tutti per lasciare in pace il povero Gabriele Sandri, vittima di un meccanismo più grande di un disc jochey cittadino della nostra Repubblica.