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Rotta alpina, sette condannati per «fraternità»

 

FONTE:il manifesto

 

Pene tra i sei e i dodici mesi, l’accusa è di aver aiutato dei migranti a passare il confine italiano al Monginevro. Ma per lo stesso “reato” la Cassazione assolve il contadino Herrou

 

Poco distante dal confine di Ventimiglia, in pieno territorio francese, Cèdric Herrou ha ospitato a casa sua oltre mille migranti irregolari dal 2015. Ha assistito, rifocillato e poi salutato coloro che passavano a piedi l’impervio confine tra Italia e Francia lungo le vie della valle del Roia. Lui è un giovane agricoltore e il suo agire è sempre stato palese, volto ad una rivendicazione politica.

Messo sotto processo per favoreggiamento dell’immigrazione, nonché della permanenza a casa sua di immigrati clandestini, era stato condannato in primo grado per il primo reato e in appello per entrambi a otto mesi di reclusione. Ieri ha ottenuto dalla Corte di Cassazione l’annullamento della sentenza di secondo grado per quanto concerne il «favoreggiamento della permanenza di immigrati clandestini», mentre la parte relativa al «favoreggiamento del passaggio» è stata confermata.

Lo scorso luglio la Corte Costituzionale aveva stabilito che aiutare i migranti presenti sul suolo francese, anche se irregolari, non costituisce reato. «Il concetto di fraternità conferisce la libertà di aiutare gli altri per scopi umanitari senza tenere conto della legalità o meno della loro permanenza sul territorio nazionale»: queste le motivazioni che sostenevano la sentenza ieri confermate dalla Corte di Cassazione.
La «fraternità», insieme a «libertà» e «uguaglianza» è uno dei tre valori fondamentali della Repubblica francese: l’espressione liberté, egalité, fraternité è esplicitamente citata all’articolo 2 della Costituzione, dove viene definita «motto nazionale».

Cèdric Herrou, un giovane uomo poco più che trentenne, esce quindi parzialmente vittorioso da una vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’intera Francia e ha messo a nudo la vastità del fenomeno migratorio lungo la cosiddetta «rotta alpina».

Ma la giustizia francese ieri si è espressa, a Gap, su un secondo caso, che ha destato molto meno clamore mediatico: questa volta lungo il punto più a nord della «rotta alpina», sul tratto che va da Claviere, in Italia, a Briançon, Francia. Sei uomini e una donna sono stati condannati a pene comprese tra i sei e i dodici mesi per «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina»: sentenza in linea con la condanna inflitta a Cèdric Herrou. Aiutare i migranti, anche salvandoli da condizioni ambientali e climatiche estreme, continua ad essere illegale e pericoloso. È caduta invece l’accusa di «associazione a delinquere».

Tra i condannati anche Benoit Ducos, il falegname di Briançon che soccorse una giovane donna africana incinta, portandola all’ospedale: per quel gesto eroico fu indagato per favoreggiamento. Accusa archiviata. I sette sono stati gli unici di un folto gruppo di solidali e volontari che la scorsa primavera forzarono in massa il confine del Monginevro, di fatto scortando alcuni immigrati africani che nei giorni precedenti erano stati intimiditi dalla ronde composte dai giovani di Generazione Identitaria, un gruppo di estrema destra francese molto organizzato, che si pose «a difesa del confine» e «contro l’invasione».

Lungo la rotta alpina da più di tre anni opera una rete di volontari che soccorre i migranti che si trovano in difficoltà o in immediato pericolo di morte. Il decreto sicurezza recentemente approvato ha raddoppiato il numero di coloro che tentano il passaggio dall’Italia alla Francia: uomini e donne che in queste giorni, nelle ore notturne e con temperature anche di quindici gradi sotto lo zero, si incamminano verso la Francia.

 

 

Ormai da diverso tempo la nostra Curva è stretta nella morsa della repressione. Dopo le decine e decine di diffide, nella giornata di ieri, ci sono state notificate diverse multe che, tra l’altro, costituiscono per il ricevente una forma di recidività difronte ad eventuali daspo futuri. L’ennesimo abuso di potere che ha dell’assurdo se si pensa a ciò che ci viene contestato.

Nella trasferta di Carpi abbiamo esposto uno striscione per Federico Aldrovandi che recitava:” Paura di mostrare i volti della vostra vergogna. Federico Ovunque“. E’ evidente che qualcuno si sia sentito colpito da questa frase, lo stesso qualcuno che continua a commettere abusi di ogni tipo nelle strade e negli stadi.

Questo ci rende consapevoli del fatto che il messaggio che abbiamo lanciato è arrivato diretto. Ancora più assurdo è il fatto che il volto di Federico sia stato “daspato” da diversi stadi.

A chi e perchè da fastidio?

Come mai oggi in Italia si continua a declinare l’idea dell’introduzione del codice identificativo sulle divise delle forze dell’ordine? Non è la prima volta che ricordiamo Federico Aldrovandi. Durante una partita casalinga della scorsa stagione ogni ultrà della Sud ha posto sulla sua faccia il volto di Federico, per un attimo i nostri sguardi sono stati il riflesso di un solo sguardo che ancora oggi chiede giustizia, quello di Aldro.

La morte di Federico Aldrovandi come le morti di Massimino “Nanà” Esposito, di Donato Bergamini, di Stefano Cucchi, di Giuseppe Uva, di Riccardo Magherini, di Vincenzo Sapia, di Gabriele Sandri e di tutte le altre vittime di un sistema malato attendono ancora giustizia e verità.

Oggi più che mai, sulla scia dell’onda d’urto generata dal film “Sulla mia pelle”, è importante continuare a sensibilizzare tutte e tutti difronte a queste ingiustizie.

E’ fondamentale affinchè non accada mai più, affinchè cadano le barriere che oggi permettono agli abusi di potere di replicarsi nel tempo.

Il 30 Novembre, presso la Casa degli Ultrà, alle ore 17, realizzeremo un iniziativa nel ricordo di Nanà , ultrà cosentino di 24 anni, che ha perso la vita nel carcere di Lecce. Faceva parte del gruppo storico di via Popilia, le “Brigate”.

La sua vicenda non ha mai trovato spazio sui media e presenta tanti lati oscuri mai chiariti. Verranno anche proiettati dei contributi video realizzati dall’Associazione Federico Aldrovandi e dall’Otto Settembre, direttivo della Curva Ovest Ferrara. Invitiamo tutti coloro i quali si indignano e non restano indifferenti difronte ad abusi come questo a partecipare alle iniziative che realizzeremo e ricordiamo che chi volesse lasciare un contributo di solidarietà potrà farlo o all’interno della Curva Sud o presso la nostra sede.

 Per noi la repressione altro non è che una tappa della nostra militanza da ultrà da affrontare a testa alta.

Difronte a quest’ennesimo abuso che di fatto offende la nostra dignità di ultrà, che offende gli amici ed i parenti di un ragazzo ucciso senza che i responsabili abbiamo pagato realmente, che calpesta i nostri diritti, continueremo ad alzare la voce e lo faremo con tutta la determinazione che da sempre ci contraddistingue.

UNITEVI ALLA NOSTRA RAGGIA

 

Maurizio Pagliasotti