NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

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DAVIDE LIBERO











Torino tra militarizzazione, sgomberi e sceriffi

 

FONTE:contropiano

 

L’operazione di sgombero dell’Asilo occupato del 7 febbraio si è caratterizzata per la sproporzione tra il numero di attivisti e solidali e le forze di polizia impiegate, molto simile ad un’operazione militare con la quale si vanno ad occupare strategicamente i punti nevralgici della città. Un assedio tipico di chi è certo di avere partit facile, sicuramente volto ad impedire che l’operazione potesse sfuggire di mano, ma è evidente l’intenzione di dare visibilità mediatica all’evento per terrorizzare i cittadini e guadagnare consensi dagli istinti più reazionari ora in quota Salvini.
Che la questura avesse in mente un atto di guerra, un assalto in pompa magna, non c’è alcun dubbio; specie se si pensa alle parole del questore Messina, che dopo il corteo di sabato 9 ha parlato di “prigionieri” e non di semplici arrestati a proposito dei fermati. Allo stesso modo non c’è alcun dubbio sul fatto che, a livello mediatico e di visibilità all’interno del quartiere Aurora, questa guerra è volta a separare nettamente la popolazione dagli occupanti dell’Asilo. Tutta la retorica che i giornali mettono in piedi sulla “violenza” e la “devastazione” che la città avrebbe subito è indirizzata a quest’ultimo tipo di operazione; e c’è da chiedersi perché la polizia punti a vincere anche da questo punto di vista.
E’ sempre il questore che si stupisce della solidarietà mostrata dalla piazza da quelle componenti, come i NoTav torinesi, che non sono legate all’ambiente anarchico ma che hanno composto un corteo di almeno mille persone. Il vicesindaco Montanari, da parte sua, ha affermato che l’Askatasuna, il Gabrio e la Cavallerizza non sono paragonabili all’Asilo, in quanto svolgono una funzione sociale che questa occupazione invece non avrebbe svolto.
Tutto ciò, però, dopo che la sindaca Appendino aveva affermato che “l’operazione di pubblica sicurezza” sarebbe stata un “intervento più volte richiesto nel corso degli anni e lungamente atteso da Città e residenti di Aurora, un quartiere che chiede semplicemente un po’ di normalità”. Una normalità che, in quello stesso quartiere, proprio la fame speculativa di banche, imprese immobiliari e multinazionali – come la Lavazza – da anni stanno puntando alla “riqualificazione”, come piace a questa amministrazione comunale in continuità con le precedenti; cioè a gentrificare il quartiere sfrattando centinaia di famiglie migranti – tante delle quali negli anni si sono rivolte  anche all’Asilo per evitare di finire in mezzo alla strada – cacciando i poveri sempre più lontani dal centro e dai posti da “riqualificare”.
Raramente abbiamo condiviso le prospettive e le modalità di lotta dell’Asilo, ma sappiamo bene che esse nascono, soprattutto in quel quartiere, su problemi reali che la Sindaca ha dimostrato di voler risolvere semplicemente con la militarizzazione e con la repressione di quegli spazi.
Non si stupiscano quindi Questura, Sindaca e Consiglieri, che vari spazi, realtà politiche cittadine e tanti compagni abbiano manifestato in solidarietà con l’Asilo. Perché sappiamo bene che il trattamento riservato a questo spazio è solo un anticipazione di come si gestiranno i conflitti sociali che la politica, nazionale e cittadina, non è in grado e ne mostra alcuna volontà di gestire in maniera diversa.
Addirittura la Sindaca Appendino ha parlato di qualcuno che avrebbe “sporcato i valori dell’antifascismo e dell’antirazzimo”; parole veramente difficili da ascoltare da parte di chi governa assieme ad una forza di governo come la Lega (un cui cui consigliere ha invocato “un po’ di scuola Diaz” per i manifestanti) e che ha approvato cose come il “pacchetto sicurezza” nei confronti dei migranti, o che non ha in alcun modo tentato di opporsi alle derive xenofobe del suo alleato di governo, spesso anzi tentando di cavalcarle.
Non prestiamo quindi il fianco a chi cerca di aprire fratture tra manifestanti “buoni” e “cattivi”, soprattutto a chi sempre di più cerca di indossare la giacca della polizia per gestire le contraddizioni sociali e politiche di questo paese.