NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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DAVIDE LIBERO











LA SOLITA ITALIETTA

 

La rabbia esplosa ieri (l’11 novembre) in alcune città italiane ha dato l'occasione (ancora una volta) a politici, "signori" del pallone e stampa dipendente, di mistificare la realtà e di trovare il modo per spostare l'attenzione altrove ovvero sul fenomeno della violenza.
Ovviamente la morte di Gabriele il tifoso laziale, è passata in secondo piano. Ovviamente moralisti e benpensanti, lungi dal prendersi le loro gravi responsabilità, non si vergognano minimante di nascondere i fatti, non si vergognano di generalizzare, non si vergognano di lavarsi la coscienza putrida con le solite strumentalizzazioni. Nessuno pensa di dimettersi da incarichi istituzionali. Tutto si dice nei Tg, sulla stampa e nei teatrini allestiti in tv, tranne che l'esasperazione e gli eccessi di poche centinaia di persone sono lo specchio di un più ampio disagio sociale fomentato da anni di vergogne e ingiustizie calcistiche e politiche e che toccano in modo unanime tutta la nazione. Ovvio che la violenza non ha mai giustificazioni, ma non bisogna sottovalutare il messaggio, il perché e da dove nasce. Fa comodo legare la rabbia esplosa al singolo episodio dell'autogrill. Non è così, ciò che è seguito alla morte del tifoso laziale è la somma dei tanti fallimenti del sistema calcio. Emblematici i vari tentativi di informazione e istituzioni di nascondere o giustificare la tragedia: prima fanno passare il povero Gabriele come un ultras violento, poi dicono che è un bravo ragazzo e che la vicenda non c'entra col calcio. Prima chiedono di non generalizzare ne demonizzare la Polizia per l'errore di un agente, poi contraddittoriamente gettano fango su tutti, usando il termine ultras come fosse sinonimo di delinquente. Mille modi insomma per cercare di far passare il messaggio più comodo. Aggirare il problema per lavarsi la coscienza insomma. E fa comodo anche far passare la Polizia come un nemico quasi a volersi togliere dagli impicci. Tutte strategie per nascondere le proprie responsabilità morali e il fallimento nel non saper gestire il gioco e tutte le sue componenti, perché prima di tutto viene il business e gli interessi. Finirà come al solito, con un altro inutile decreto "salvafaccia" e col problema che rimane irrisolto e intatto, magari con un altro Moggi (lui si un criminale sportivo e non solo...) che può liberamente fare la morale in tv... Tutto come prima insomma, come la rabbia e la nausea di una nazione intera.