Le motivazioni della Cassazione sono pesantissime: "trattamento dei detenuti gravemente lesivo della dignità delle persone"; "vessazioni continue e diffuse". Ma nessuno è mai stato rimosso e la legge in discussione in parlamento non qualifica la tortura come reato del pubblico ufficiale Ecco gli stralci della sentenza di Cassazione per le violenze sui detenuti e i falsi nella caserma di Bolzaneto a Genova nel luglio 2001 (40 agenti giudicati colpevoli, quasi tutti salvati dalla prescrizione): "trattamento dei detenuti contrario alla legge e gravemente lesivo della dignità delle persone"; un clima di "completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto"; "vessazioni continue e diffuse in tutta la struttura". Parole pesanti e indegne di un paese democratico, tanto che dovrebbe essere impossibile ignorarle. E invece ben conosciamo qual è il bilancio. Nessuno in dodici anni ha mai chiesto conto di tanto orrore ai responsabili delle forze dell'ordine; non risultano nemmeno sospensioni o rimozioni degli agenti condannati, che dunque continuano indisturbati a lavorare nelle nostre strutture carcerarie o in caserme e questure. Si sta appena ora cominciando a parlare - dodici anni dopo! - di una legge sulla tortura, a partire da un testo - sembra incredibile ma è così - nel quale ci si è rifiutati di qualificare il crimine di tortura come reato specifico del pubblico ufficiale, com'è normale che sia e come è nei paesi che prendono sul serio l'obiettivo di stabilire la prevalenza dei diritti dei cittadini sulle pretese di corporazioni e gruppi di potere. Qualcuno si domandi perché la fiducia nelle istituzioni sta cadendo a precipizio. |