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GABRIELE SANDRI E IL “DITO MEDIO” DI SPACCAROTELLA

 

FONTE:sportpeople.net

 

Ve lo ricordate? Luigi Spaccarotella, varesino origini calabre, fu Polizia Stradale di Battifolle (Arezzo) in quel di Badia Al Pino, pistola in pugno, gambe divaricate come al poligono di tiro. Un colpo secco da una corsia all’altra, costato la vita a Gabriele Sandri, giovane Dj romano a bordo di un auto in movimento. Nessuna faida ultras tra laziali e juventini, delitto dell’Autostrada del Sole: era l’11 Novembre 2007, l’Italia sembrò sprofondare in un ‘48+’77, rabbia generazionale con caserme assaltate, stadi asserragliati, città in fiamme e persino un supplemento di sicurezza richiesto d’urgenza al Quirinale, tanto il terrore di una feroce presa della Bastiglia.
Oggi Luigi Spaccarotella è un detenuto, radiato dalla Polizia. Sommato al danno d’immagine inferto ai reparti al tempo di Manganelli, alle casse dello Stato (cioè a tutti noi) è costato 3,1 milioni di euro (metà da compensare, come?), il risarcimento del Ministero dell’Interno per una vita spezzata, invero senza prezzo. Oggi l’ex poliziotto, solo transitato nel carcere di Siena, sconta la pena nella casa circondariale militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) grazie ad un tecnicismo sibillino, ai meno garantisti suonato beffardo, alias Lodo Spaccarotellum: dopo la sentenza definitiva di condanna per omicidio volontario, Spaccarotella si costituì prima della deposizione della Suprema Corte di Cassazione, formalmente ancora da agente sospeso, non espulso. Scampato alla detenzione civile, certamente più affollata e dura (ce lo vedreste a Rebibbia o Poggio Reale?), di Spaccarotella-mediatico si sono perse le tracce, comprese le rare d’ufficio commissionate per strategia difensiva: un’intervista Tv a volto oscurato e rosario in mano (gulp!) su Rete 4, una macabra passerella fotografica sul luogo del delitto per l’Espresso, qualche pensierino confuso rilasciato qua e là … e poi la rivelazione choc di Mattia Lattanzi su un magazine patinato (Visto), sfuggita persino a quanti nel processo avrebbero voluto sentirgli dire qualcosina in più: “Ha minacciato spesso di uccidere anche me. Mi diceva ‘ti faccio fuori, vengo con la pistola e ammazzo te e tua madre’..”, la sintesi dell’ex marito della compagna, digressione violenta su un personaggio ambiguo e sfuggente che, in realtà, non si è mai pentito.
Mamma e papà Sandri stanno ancora aspettando una lettera di lacrime (non di coccodrillo) apparentemente di stanza in Vaticano (strano per una missiva da semplice bollo prioritario). Di Spaccarotella si è saputo poco perché in pochi vollero davvero investigare sul caso senza tentennanti equilibrismi redazionali: al netto di una colletta improvvisata da un parroco aretino (in cifre decimali l’incasso) e di corporativistica solidarietà emotivo/estemporanea tipicamente italiota (pensate: spingendosi più del ‘solito’ sindacato di mutuo soccorso, il dipendente comunale fiorentino querelante Renzi Sindaco voleva denunciare pure Giorgio Sandri!), nessuno ha cercato di scovare il ‘movente sottile’ dietro quel colpo di pistola esploso in piena luce del sole. Cioè: perché di domenica, poco dopo le 9 del mattino, un agente appena entrato in servizio, ragionevolmente al massimo della lucidità mentale per adoperarsi al meglio nel fermare/identificare la macchina contro cui stava inveendo (bastava annotare la targa e avvertire la pattuglia ‘staffetta’ al primo casello utile, essendo notoriamente l’A1 con uscite d’obbligo!), preferì invece estrarre l’arma d’ordinanza dalla fondina, correre sul punto più favorevole di visuale, puntarla ‘professionalmente’ contro una macchina in transito con cinque occupanti a bordo (che, per altro, nel momento letale impattava pure su una grossa cisterna di gas …. Sai che botto!), esplodendogli un colpo, fatale per l’incolpevole Gabbo. Per la cronaca: quando seguii personalmente il primo processo nel tribunale di Arezzo, vox populi ‘locale’ sussurrava insistentemente di precedenti inquietanti, attribuendo all’allora ‘imputato statale’ episodi poco edificanti, mimetizzati nel silente sottobosco toscano, verosimilmente compatibili con le velate minacce più tardi svelate dall’ex marito della compagna di Spaccarotella.
Allora: chi è l’assassino di Gabriele Sandri? Un mitomane rambista ossessionato dalla vendetta ‘fai da te’? Uno col chiodo fisso della liberalizzazione della pallottola in stile far west? Oppure l’utilizzatore medio del sabato sera di sostanze alcoliche o stupefacenti? Illazioni? Dicerie screditanti? Chi può testimoniarlo, provandolo? Non si è mai saputo. Anche perché ricevuti i galloni, gli agenti di pubblica sicurezza (impegnati certo in compiti gravosi e delicati per la nostra tutela) non passano mica per periodici richiami con test psico-attitudinali o esami tossicologici (auspicabili per lo meno in casi/ipotesi di implicazioni per gravi fatti di sangue, come l’omicidio Sandri), che avrebbero potuto svelare all’opinione pubblica e magistrati stato d’animo e condizioni psichiche di chi – 7 anni fa – in servizio per lo Stato uccise incomprensibilmente Gabbo, distorcendo arbitrariamente le regole d’ingaggio per l’uso dell’arma da fuoco.
Adesso che resta? Le sbiadite foto di un esterno giovane Dj e il video postato su Youtube del dito medio a favore di telecamera di un ex poliziotto. Il saluto in grande stile di Luigi Spaccarotella nell’ultimo viaggio a bordo di una gazzella dei Carabinieri. L’atto finale con toni teatrali di una tragedia drammatica franata sotto il peso delle stesse bugie su cui era stata fragilmente edificata. In attesa che espiazione della pena e percorso riabilitativo in stato di diritto, al termine dei 9 anni e 4 mesi di reclusione (previo benefit e sconti all’orizzonte?) ci restituiscano un uomo capace (almeno) di bisbigliare (se non propriamente dire): “Si, adesso ho capito, ho sbagliato!”. Allora si, silenzio, sipario calato. E senza dito medio.

 

MAURIZIO MARTUCCI