NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

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I vostri abusi sempre impuniti: STEFANO CUCCHI

 

TRATTO DA "NON C'E' FEDE SENZA LOTTA" N°59

 

Qualche settimana fa e’ stata riaperta l’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi e qualcosa sembra finalmente muoversi, dopo sei anni dalla sua morte e un iter processuale che fino a questo momento ha portato ad indagare ed accusare solo guardie penitenziarie ed il personale sanitario del “Pertini”, ospedale dove Stefano fu trasferito durante la detenzione perche’ stava male. Da questa prima fase processuale sono usciti quasi tutti assolti da accuse di vario titolo, che andavano dall’omissione di soccorso all’abbandono di incapace, ma dell’autore o degli autori del pestaggio (perche’ e’ chiaro come il sole che Stefano e’ stato pestato) neanche una menzione, uno straccio di prova. Da questa inchiesta-bis emerge una novita’ molto rivelante, quanto banale, se si pensa che, dopo sei anni di processo, solo adesso si indaga su chi per primo prese in consegna Stefano la sera che venne arrestato: i Carabinieri della stazione di Tor Sapienza. Tre carabinieri sono sotto inchiesta, tra loro, l’ex vicecomandante della stazione stessa dove Cucchi fu portato la notte dell’arresto (il 15 ottobre 2009), indagato per falsa testimonianza. Si tratta del maresciallo Roberto Mandolini la cui deposizione al processo d’appello contro medici e agenti della polizia penitenziaria e’ risultata in conflitto con i fatti accertati dai pm. Per altri due militari potrebbe verificarsi presto l’iscrizione al registro degli indagati per lesioni colpose: le percosse inflitte al ragazzo. Ma la novita’ assoluta e sconvolgente e’ che improvvisamente sono “apparsi” due carabinieri. Si, la storia e’ questa: “Stefano Cucchi viene fermato davanti al parco di San Policarpo nell’atto di vendere dell’hashish a un conoscente. Mentre stanno effettuando lo scambio, vengono sorpresi da due carabinieri in divisa, Tedesco e Aristodemo, supportati da altri militari, Bazzicalupo, D’Alessandro e Di Bernardo, che stanno svolgendo servizio in borghese nelle vicinanze. Stefano Cucchi viene portato nella caserma Appia e il verbale d’arresto, compilato dal superiore in grado, maresciallo Mandolini (finora unico indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta bis), viene firmato solo da Tedesco, Aristodemo e Bazzicalupo. Ecco la prima omissione. Gia’ qui, due dei militari, D’Alessandro e Di Bernardo, cominciano a sparire, a evaporare, quasi. Presenti ma non firmatari di un atto ufficiale, evocati ma, come vedremo, mai sentiti come testimoni. Ma torniamo a quella notte. Intorno all’1.30, Cucchi viene portato a casa dei genitori per effettuare la perquisizione domiciliare. Il trasporto dalla caserma all’abitazione di Tor Pignattara avviene come segue: Tedesco e Aristodemo (insieme a un altro carabiniere, che pare prendere il posto di Bazzicalupo) sono in macchina insieme a Stefano, dietro di loro, a bordo di un Defender, si trovano D’Alessandro e Di Bernardo. Tutti i militari appena citati (questa volta, proprio tutti) firmeranno il verbale di perquisizione domiciliare, che, com’e’ noto, dara’ esito negativo. Usciti da casa di Stefano, la composizione delle auto cambia: Aristodemo e l’altro collega andranno a Tor Vergata a prendere il narcotest; mentre Tedesco, D’Alessandro e Di Bernardo torneranno alla caserma Appia con Cucchi. Quest’ultimo vi rimarra’ per oltre un’ora prima di essere trasferito alla caserma di Tor Sapienza (luogo in cui, solo un’ora e mezza dopo il suo arrivo, sara’ chiamata un’ambulanza perche’ il fermato denunciava malori). Notiamo come, presumibilmente in questa fase, il giovane si rifiutera’ di firmare tutti i verbali redatti dai militari a suo carico. Stefano Cucchi muore il 22 ottobre 2009. Il maresciallo Mandolini, responsabile dei carabinieri operanti quella notte, tra il 26 e il 27 ottobre riceve ordine dai suoi superiori di inviare delle annotazioni di servizio, per meglio chiarire lo svolgimento dei fatti. Il maresciallo chiede quelle annotazioni a Tedesco, Aristodemo e Bazzicalupo (che hanno firmato l’arresto), ai carabinieri piantoni della caserma di Tor Sapienza (dove Cucchi ha passato la notte), ai carabinieri che hanno effettuato il trasferimento dalla caserma Appia a quella di Tor Sapienza e, in un eccesso di zelo, richiede anche il verbale di intervento del 118. Manca qualcuno? Sì, mancano D’Alessandro e Di Bernardo (Seconda Omissione), che hanno effettuato la perquisizione domiciliare e che sono stati insieme a Stefano Cucchi per piu’ di un’ora, da quando cioe’ sono usciti dalla casa di Tor Pignattara fino al momento in cui e’ stato trasferito a Tor Sapienza. Magari Mandolini, nella concitazione di quei giorni, si e’ dimenticato di chiedere ai due le loro informative circa i fatti di quella notte. Sara’. Ma siamo solo all’inizio di questa singolarissima vicenda di sparizione (meglio: semi-sparizione) di due degli attori principali della tragedia di quella notte, o comunque, di una sorta di loro dileguarsi, restare in disparte, finire nell’ombra. Cosi’ bene occultati, indistinti, quasi invisibili, che la Procura non si e’ mai accorta della loro presenza e dunque non li ha mai ascoltati durante la fase d’indagine (Terza Omissione). E ancora dopo, in un dibattimento in cui sono stati sentiti oltre centocinquanta testimoni, e pur se citati da molti di questi, due possibili testi brillano per la loro accecante assenza. Si’, avete indovinato, ancora loro: D’Alessandro e Di Bernardo (Quarta Omissione).”
Se continuiamo a gridare giustizia per Cucchi non e’ certo perche’ nutriamo speranze nei tribunali di questo Stato che, come si evince dai fatti sopracitati, dimostrano con quanta leggerezza si infanghi il ricordo di un ragazzo, ne’ si rispetti la sofferenza della sua famiglia, per coprire due soggetti che altro non sono che i cani da guardia dello Stato stesso. La giustizia e’ un valore che non appartiene ai tribunali, li si amministra la loro “legalita’”. La giustizia, quella vera, il suo Valore, e’ nella coscienza e nella consapevolezza della gente, ed e’ proprio quella la giustizia che continuiamo a gridare per Cucchi e per tutti quelle persone vittime degli infami abusi di potere.