NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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DAVIDE LIBERO











10-1-93: LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI

 

TRATTO DA "NON C'E' FEDE SENZA LOTTA" N°69

 

Il 1O gennaio 1993 e’ purtroppo diventata una data tristemente famosa. Quel giorno infatti dopo la partita Atalanta – Roma perse la vita Celestino Colombi, 41 anni.
La partita e’ finita, i tifosi romanisti sono gia’ stati riportati in stazione, dove stanno per prendere il treno per tornare nella Capitale. Tutto liscio. Quando improvvisamente e senza alcun motivo, la celere di Padova (di servizio quel giorno a Bergamo) decide di caricare gli ultra’ bergamaschi rei di trovarsi al loro solito bar a bere qualche birra. Durante queste cariche, 3 poliziotti si trovano davanti Celestino Colombi, che passava di li assolutamente per caso (era appena uscito da una seduta con lo psicologo). Minacciano con i manganelli il malcapitato, il quale preso dal panico si accascia a terra e muore per arresto cardiaco. Quello che ne seguira’ saranno ricostruzioni fantasiose da parte della polizia, in cui la colpa sara’ solo ed esclusivamente degli ultra’, come siamo sempre abituati a sentire in questi casi.
Celestino, va ricordato, non frequentava lo stadio. Aveva un passato da tossicodipendente. La questura si limito’ ad uno scarno comunicato in cui si sottolineava la sua condizione di tossico, quasi a voler dire “tanto sarebbe morto lo stesso”. I giornali sportivi e non liquidarono la notizia con poche righe, parlando genericamente di “scontri fra tifosi” (cosa impossibile visto che i romanisti avevano gia’ abbandonato la zona dello stadio), e di “cariche di alleggerimento” da parte della celere (le chiamano cosi’ per dargli un nome mediaticamente meno pesante). Qualcosa di assolutamente vergognoso ed inaccettabile.
Sono passati 23 anni da quella strana domenica, la storia di Celestino Colombi sarebbe finita nel dimenticatoio, una storia come tante. Bisogna contestualizzare il periodo: non c’e’ internet, l’unico mezzo di comunicazione e’ il telefono fisso, la repressione odierna era considerata possibile solo nei film di fantascienza. Nonostante questo a 23 anni di distanza siamo qui a parlarne, a testimoniare l’ennesimo abuso di potere. Celestino Colombi non ebbe neanche uno straccio di processo, ne’ quello dei tribunali, ne’ quello mediatico. Ma la vicenda di Colombi fu epocale. Per la prima volta alcune curve italiane risposero all’indifferenza generale con un unico striscione che le accomunava: LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI. In quel momento quell’adesione dimostro’ come si poteva davvero sfondare il muro dell’indifferenza. I tanti casi di abusi emersi successivamente, certamente aiutati dai mezzi tecnologici, devono qualcosa a quella domenica. Fu messa la pietra miliare delle consapevolezze che tanti di noi oggi hanno, dandole per scontate. Celestino Colombi e’ diventato un simbolo, purtroppo, per la sua morte e per cio’ che ha scatenato, piuttosto che per quello che lui avrebbe potuto dimostrare in vita. Ma dietro ad ogni simbolo c’e’ una storia, c’e’ una vita ed e’ quella che piu’ di ogni altra cosa oggi vogliamo ricordare e nel nostro piccolo onorare.