NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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DAVIDE LIBERO











LA TESSERA DEL TIFOIDE

 

FONTE:Il Senso del gol

 

Da “Il senso del goal”. Racconto paradossale (ma nemmeno tanto) e dal tono sfacciatamente irrisorio. Eppure ci sono più verità in questo breve scritto faceto che non su tutte le inchieste (pseudo) serie degli organi di informazione. Che più che altro si piegano al ruolo di organi di propaganda in favore degli enti supremi a cui devono rispondere. Che siano calcistici o politici.

 

Ciao. Vi racconto una barzelletta.

Ci sono tre tifosi dell’Inter, uno del Milan e uno del Como che decidono di andare a vedere Bologna-Inter del 19 febbraio.

Il primo: “Voglio andare a vedere la prossima partita in trasferta per esorcizzare la sconfitta con la Juve“.

Il secondo: “Vengo perché la partita è alle 12.30 e a Bologna si mangia bene“.

Il terzo, quarto e quinto: “A noi del calcio frega niente, ma è una buona scusa per dire no alla domenica all’Ikea“.

Benissimo, decidono di comprare i biglietti.

“Che problema c’è – dice il primo – Cacciamo i soldi e li compriamo. Facilissimo“.

E il secondo, più esperto: “Mi sa che ci vuole la tessera del tifoso“.

E il terzo: “Facciamola“.

E il quarto: “Mi informo io, state bei sereni“.

E il quinto: “Io ho già scelto il ristorante, sarà una giornata bellissima“.

Nel frattempo, quelli accoppiati tra i cinque, trovano scuse agghiaccianti per liberarsi dalle rispettive compagne.

Il primo, in colloquio privatissimo con la fidanzata: “Fabietto ha scoperto di avere l’ambazzziafggsssshkf, una malattia molto rara. Forse non tira Ferragosto. Ci ha chiesto di andare a Bologna con lui domenica 19. È probabilmente il suo ultimo desiderio, non posso dire di no“. E lei: “Va bene, ma portami un regalo da almeno 50 euro“. È una venale.

Un altro: “Devo andare a Bologna con i ragazzi. Posso?“. “No“. “Se vado ti concedo due Ikee a marzo“. “Quattro e ti lascio andare“. Hanno chiuso a tre. È una stronza.

Un terzo: “Io non ho chiesto il permesso! Io faccio quello che voglio!“. “Ma tu sei solo come un cane“. È un fallito.

Sono tutti belli carichi, insomma, e stabiliscono il budget:

Il primo: “Per una volta che andiamo a vedere la partita tutti assieme, prendiamo i biglietti da signori. Ho controllato, fanno 50 euro a testa“. Qualcuno mugugna (“eh, già devo prendere il regalo a quella stronza…“) ma si accordano per la tribuna “ché ormai abbiamo una certa età”.

Raccolgono i soldi. E qui arriva il bello.

Il quarto, quello incaricato a informarsi: “Signori, i residenti in Lombardia che vogliono andare a vedere la partita a Bologna devono avere la tessera del tifoso“. Gli altri, in coro: “Bene, facciamola“. E lui: “Signori, la tessera del tifoso costa 12.50 euro“. Gli altri, in coro: “Eh, pazienza. Facciamola“. E lui: “Per rilasciarla ci vogliono 20 giorni circa, te la spediscono a casa e “non garantiscono”. Così mi hanno detto“. Gli altri, in coro: “Ma non possono rilasciare un codice che attesti che hai fatto ‘sta maledetta tessera e sei in attesa che te la spediscano?“. E lui: “No, hanno detto che per le trasferte serve “fisicamente” la tessera, altrimenti tutti all’Ikea“. Gli altri, in coro: “Ma che cazzo è, la tessera della P2?“.

Conclusioni.

1) In Italia se vuoi andare a vedere una partita di pallone con gli amici e lo decidi con meno di 20 giorni di anticipo, semplicemente non puoi.

2) In Italia se ti chiami Bin Laden ma risiedi a Piacenza Sud, puoi andare a vedere Bologna-Inter, se invece sei Padre Buozzi della parrocchia di Cinisello Balsamo, sono cazzi tuoi.

3) In Italia se vuoi goderti una giornata tra amici con la scusa del pallone e in contemporanea decidi di regalare dei quattrini “all’industria calcio”, non puoi.

4) In Italia, quando ero bambino, mio padre dopo pranzo alla domenica se gli girava il piffero mi diceva “Minchia che pesantezza il brasato della mamma, andiamo allo stadio che se mi blocco sul divano sono fottuto“. Uscivamo di casa alle 13.30 e alle 14 eravamo dentro. Oggi devi avere una laurea in ingegneria gestionale e burocratese.

5) In Italia la distinzione non è tra delinquenti e “gente normale che non vuole andare all’Ikea”, ma tra residenti di questa e quella regione. Tipo la guerra o il Risiko: “Sei della Kamchatka? Cazzi tuoi, non vieni in Oceania a vedere la partita”.

6) In Italia, signori, ti costringono ad andare all’Ikea.

Volevamo dare dei soldi all'”industria calcio”, non ci siamo riusciti.

E allora sapete cosa vi diciamo? Avete ragione da vendere: #famostostadio, anzi facciamoli tutti, ma poi, porca troia, #fatecientrare.