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Sul video del pestaggio di polizia a Milano non possiamo girarci dall'altra parte

 

FONTE:wired.it

 

Alcuni agenti di polizia a Milano hanno fermato con la violenza una donna transgender brasiliana. Un nuovo caso di abusi di potere e profilazione razziale e sessuale in Italia.

 

Nelle ultime ore è diventato virale il video di un brutale pestaggio da parte delle forze dell’ordine a Milano. Il video è stato girato in zona porta Romana, nei pressi dell’università Luigi Bocconi. La persona che subisce il pestaggio, secondo le prime ricostruzioni, è una donna transgender brasiliana di 41 anni.

Le immagini sono molto crude. E non possono lasciare indifferenti. Qualunque sia il motivo per cui si è arrivati a quella situazione, il modo in cui essa viene gestita appare molto lontano dai canoni standard di un paese democratico. E accende i riflettori su un tema di cui in Italia si parla molto poco: gli abusi di potere da parte delle forze dell’ordine contro stranieri e persone transessuali.

 

PER VEDERE IL VIDEO:
https://twitter.com/LuigiMastro_/status/1661344216092495874?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1661344216092495874%7Ctwgr%5Edc4893fe580a15b1d918858670fc50e622476079%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.wired.it%2Farticle%2Fmilano-video-polizia-pestaggio-donna-trans%2F

 

La ricostruzione dei fatti

 

Il video è girato dall’alto. Si vede la donna seduta sul marciapiede, che non oppone alcuna resistenza. A un certo punto alza anche le mani. Intorno a lei ci sono alcuni agenti della polizia locale, armati di spray al peperoncino e manganelli. Le gridano contro, poi la colpiscono ripetutamente. Una manganellata in testa, un’altra sul fianco, una scarica di spray al peperoncino, ancora un’altra manganellata in testa dopo qualche secondo di presa della mira. Un agente le tira un calcio sul ginocchio. In sottofondo si sente la voce allarmata di chi sta girando il video, che contesta i modi brutali della polizia.

Il sindacato di polizia Siulp ha riferito che la donna è stata fermata dall’altra parte della città, nella zona del Parco Trotter. Secondo la loro versione, stava importunando i passanti fuori da una scuola e urlava di avere l’Aids. La donna sarebbe stata caricata in auto, ma durante il tragitto in macchina sarebbe riuscita a scappare. Secondo alcune testimonianze avrebbe finto un malore e poi ne avrebbe approfittato per darsela a gambe. Secondo altre ricostruzioni avrebbe dato in escandescenze in auto, costringendo gli agenti a fermarsi. A quel punto sarebbe scappata. In ogni caso, la fuga è durata pochi metri e si è fermata proprio là dove inizia il girato divenuto virale.

 

I soliti abusi di potere

 

Tutta la parte di articolo finora scritta è mero contorno. Di fatto, è inutile. È stata scritta per cronaca, per dare un contesto. Ma non può e non deve influire sulla scena ripresa dalla videocamera.

Perché in un paese democratico, nell’Italia del 2023, una scena così brutale per mano delle forze dell’ordine non può accadere. Giustificarla facendo appello a quanto è avvenuto prima, all’eventuale profilo problematico della persona fermata, non è concesso in una democrazia. L’unica cosa che conta è che questa mattina a Milano una persona inerme, che non opponeva resistenza, è stata presa a manganellate e calci da rappresentanti dello Stato che a 22 anni dal G8 di Genova, a 14 anni dalla morte di Stefano Cucchi, a tre anni dai fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, continuano a usare la violenza indiscriminata come metodo di lavoro. A giudicare dalle immagini, quei manganelli, quei calci, non erano funzionali a garantire la sicurezza. La donna era già circondata e per terra, non ce n’era bisogno. La sensazione, piuttosto, è che le forze dell’ordine si siano volute trasformare in giustizieri privati.Qualche tempo fa la premier Giorgia Meloni ha detto che il reato di tortura, introdotto nel 2017, va cancellato perché limita l’operato delle forze dell’ordine. Non gli permette di lavorare bene. Le immagini di questa mattina a Milano raccontano un’altra storia: se lavorare bene significa usare la violenza senza limiti, andare oltre, per fortuna che esistono dei meccanismi normativi che puniscono situazioni di questo tipo. Proteggerli è una missione democratica e anzi, serve di più. I codici identificativi delle forze dell’ordine, per esempio. Così da poter ogni volta individuare quelle che il sistema sminuisce come “poche mele marce”.

 

Profilazione razziale e sessuale

 

Il video di questa mattina girato a Milano solleva però anche un altro interrogativo. La persona colpita dalle forze dell’ordine è una donna transgender brasiliana. Potrebbe essere un caso, ma la storia italiana più recente fa presupporre che non lo sia.

Siamo abituati a parlarne per gli Stati Uniti, dove gli afroamericani ricevono fermi di polizia cinque volte più dei bianchi e le persone transgender sono fermate quattro volte più delle persone cisgender. Ma questo tema di profilazione razziale e sessuale è ben presente anche in Italia, per quanto sia poco raccontato. Secondo studi europei il 70 per cento delle persone afrodiscendenti fermate dalla polizia in Italia ha dichiarato di aver subito profilazione razziale, cioè di essere stata fermata per il colore della pelle, per la lingua, per la nazionalità o religione. Discriminazioni di questo tipo riguardano anche le persone transessuali. Non esistono studi al riguardo, ma la quotidianità trans in Italia quando si tratta di rapporti con le forze dell’ordine è infernale. I fermi sono continui, le retate nel caso della prostituzione assumono contorni molti violenti. E per capire l’approccio, basta dare un occhio al concorso di polizia del 2022 che associava la transessualità a un disturbo mentale.

Se questo è lo storico più recente, le immagini di questa mattina girate a Milano portano a porsi una domanda. Se quella persona non fosse stata una donna transgender straniera, avrebbe ricevuto quello stesso trattamento? La risposta, alla luce dei precedenti, sembra essere proprio quella che non vorremmo sentire. E nel 2023 siamo anche stufi di dover assistere in Italia a scene che da queste parti andavano per la maggiore 90 anni fa. E di cui speravamo di esserci liberati per sempre.