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Alluvione in Romagna: Stop dei prefetti alla solidarietà dal basso

 

FONTE:L’Indipendente

 

Dopo la grande ondata di solidarietà che ha segnato le aree colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna, negli ultimi giorni sono montati malumori e proteste. Ad innescarli, la decisione di Prefetti e Sindaci di fermare l’arrivo dei volontari – giunti a migliaia da ogni parte d’Italia – nelle zone interessate dalle inondazioni.

 

La ragione è facilmente intuibile: l’emergenza è in fase calante e in loco sono operativi tecnici esperti con mezzi all’avanguardia, cui bisogna lasciare spazio. Molti volontari, però, protestano contro un approccio istituzionale oltremodo burocratico, che avrebbe inspiegabilmente rallentato il lavoro dei cittadini di buona volontà impegnati a dare una mano nel fango.

Tre giorni fa, il Prefetto di Ravenna ha diramato un comunicato: “Pur esprimendo il più sincero apprezzamento per il grande sentimento di solidarietà che sta animando tantissimi volontari ‘angeli del fango‘ che si stanno attivando per raggiungere le zone maggiormente colpite dall’alluvione, soprattutto nel fine settimana – si legge nella nota –, il Prefetto di Ravenna Castrese De Rosa e tutti i sindaci della provincia rivolgono un accorato appello a non mettersi in movimento in questi giorni nei quali sono ancora all’opera moltissimi uomini e mezzi della Protezione civile, che potrebbero essere, seppure involontariamente, intralciati nel loro operato, con conseguente pregiudizio del buon esito delle attività in corso e anche a tutela della loro incolumità e di quella degli altri”.

La Prefettura ha inoltre fatto riferimento alla viabilità provinciale, che sarebbe “seriamente compromessa dagli eventi alluvionali e non in grado di poter sopportare l’intenso volume di traffico che in questi giorni sta interessando tutte le arterie, in quanto numerosi mezzi di soccorso e d’opera sono impegnati nei lavori di ripristino delle rotture arginali e delle infrastrutture primarie e secondarie danneggiate”. I volontari sono dunque invitati ad aspettare e a rimanere indietro: “Tutte le istituzioni del Ravennate esprimono il loro più sentito ringraziamento a chiunque si stia attivando per dare una mano, sottolineando che ci sarà tempo e modo per tutti di offrire il proprio supporto nel momento e nelle modalità più opportuni”.

Enzo Lattuca, sindaco di Cesena – una delle città che ha vissuto la situazione peggiore durante l’alluvione -, segue a ruota: “Il vostro aiuto è stato fondamentale, ora però è importante che i mezzi di sgombero e di pulizia strade possano fare la loro parte, avendo le strade libere per poter lavorare in sicurezza. Rinnovo il mio appello e chiedo a chi ancora non si fosse messo in viaggio di non spostarsi, lasciando le aree più critiche il più possibile libere da mezzi e persone”.

Due giorni fa, i cittadini che si sono registrati sul portale “Volontari Sos”, con il quale viene coordinato l’afflusso di persone zona per zona, si sono visti recapitare una mail il cui incipit è “non andare dove non c’è bisogno”. Uno dei coordinatori ha scritto che “Il Comune di Forlì” ha chiesto ai volontari di “limitare gli interventi sul campo” e ha aggiunto che “resteremo qui, in attesa, sapendo che tornerà il momento in cui verremo chiamati, ancora una volta, ad aiutare chi ne ha bisogno. Staremo fermi per poter correre ancora più forti quando saremo chiamati a farlo”. Sul campo, infatti, opera la Protezione civile nazionale – arrivata quasi una settimana dopo l’alluvione – che lavora con “ragni”, ruspe, bobcat e bulldozer.

Molte critiche per l’attuazione di queste scelte si sono sollevate dall’ambiente dei volontari. Lorenzo Zitignani di Plastic Free, in un video pubblicato sabato, ha detto: «Pare che il Prefetto abbia dichiarato che gli “Angeli del Fango” devono stare a casa, perché altrimenti intralciano il lavoro delle autorità competenti. Ma quale lavoro? Dove eravate prima?», si chiede il volontario. «Certo, ora qualcuno si è visto, ma fino a due giorni fa dove eravate? E qual è l’intralcio che noi arrechiamo? Perché non mi risulta che qualcuno si sia messo lì a dire “No, non potete passare, qua ci siamo noi”, anzi…». Il ragazzo svela: «Un addetto del comune mi chiama dicendomi che noi non abbiamo l’autorità per aiutare qualcheduno e che quindi dobbiamo passare la palla a loro e se vogliamo aiutare dobbiamo registrarci su una loro piattaforma. Gli chiedo allora da quanto è attiva e lui mi risponde “Da ieri”. Buongiorno! E i nove giorni prima dove eravate?».

Un’altra segnalazione arriva a L‘Indipendente da una volontaria residente a Lugo, Comune in Provincia di Ravenna. «Due giorni fa il Prefetto ha emanato un’ordinanza per porre fine al lavoro dei volontari usando il pretesto della sicurezza fisica delle persone coinvolte che, non essendo assicurate né esperte del mestiere, rischiavano di farsi male». Ciò ha portato i Comuni a «implementare un sistema di iscrizioni in modo che i volontari possano registrarsi presso vari sportelli della protezione civile in modo da ricevere copertura assicurativa», ma tale modalità, organizzata «in maniera disastrosa», avrebbe «introdotto una trafila burocratica infinita (fogli da compilare e firmare e lunghissime file davanti ai Comuni per potersi iscrivere)», comportando nei comuni della bassa Romagna, secondo la ragazza, un «rallentamento dei lavori, fino ad allora efficienti e veloci, dei volontari».

A Conselice, racconta ancora la volontaria, «la Protezione civile e i corpi di Stato» avrebbero «costretto i volontari a mettersi in fila ed iscriversi prima di cominciare i lavori»; a Sant’Agata, addirittura, sarebbero stati «mandati via tutti i volontari», mentre il Paese sarebbe stato «occupato da decine e decine di furgoni della protezione civile che non permettono a nessuno di entrare». Continua la giovane: «Tantissimi volontari che si erano messi a disposizione con delle pompe per far fuoriuscire l’acqua dai paesi, che fino a due giorni fa stavano funzionando egregiamente, sono stati mandati via e al posto loro sono state fatte arrivare delle ditte di spurghi a pagamento». La ragazza lancia allora una provocazione: «Forse i volontari stavano togliendo visibilità alle istituzioni, Protezione civile compresa? Forse, con il nostro contributo gratuito, stiamo togliendo lavoro e stipendio a ditte e imprese che ci vogliono mangiare sopra? Tutto il lavoro che è stato fatto in questi 10-15 giorni sarebbe stato impensabile da svolgere senza i volontari».

Probabilmente si tratta delle fisiologiche sfumature di una situazione estremamente complessa, in cui è difficile rintracciare verità universali. Certo è che, in uno spaccato di questo tipo, il collante tra istituzioni e cittadinanza (in particolare nelle sue frange più attive) non possa che essere quello della fiducia reciproca. Quando essa scricchiola, non è un buon segno.

 

Stefano Baudino