NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

laboratoridirepressione

SPEZIALELIBERO

DAVIDE LIBERO











Omicidio Cucchi: Rinvio a giudizio per 13 persone

 

La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per 13 persone per la morte di Stefano Cucchi. Finiscono sotto processo tre agenti di polizia penitenziaria, sei medici, tre infermieri e 1 funzionario del Dap. I reati ipotizzati vanno dall'abbandono di persona incapace, a lesioni personali, al falso e all'abuso d'ufficio. Il giovane, arrestato il 16 ottobre scorso, morì pochi giorni dopo.
La richiesta è stata firmata oggi dai pm Vincenzo Barba e Francesca Maria Loy. Sotto processo rischiano di finire sei medici, Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario del Sandro Pertini, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite e Rosita Caponetti; gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe; gli agenti penitenziari Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici; il direttore dell'ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria Claudio Marchiandi. I reati contestati, a seconda delle posizioni, vanno dalle lesioni aggravate all'abuso di autorità nei confronti di arrestato, dal falso ideologico all'abuso d'ufficio, dall'abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d'ufficio, fino al favoreggiamento ed all'omissione di referto. Sulle richieste si pronuncerà il gup Rosalba Liso. I tre agenti, secondo il capo d’imputazione, «abusavano dei poteri inerenti alla qualità di appartenenti alla polizia penitenziaria, quali preposti alla gestione del servizio delle camere di sicurezza del tribunale penale di Roma, adibite alla custodia temporanea degli arrestati in flagranza di reato in attesa dell’udienza di convalida, spingendo e colpendo con dei calci Cucchi, che ivi si trovava in quanto arrestato». Secondo i pm «lo facevano cadere a terra e gli cagionavano lesioni personali, consistite in ’politraumatismo ematoma in regione sopracillare sinistra, escoriazioni sul dorso delle mani, lesioni escoriate in regione para-rotulea bilateralmente cinque lesioni escoriate ricoperte da crosta ematica in corrispondenza della cresta tibiale sinistra, altre piccole escoriazioni a livello lombare para-sacrale superiormente e del gluteo destro, ed infrazione della quarta vertebra sacrale’, dalle quali derivava una malattia della durata compresa tra 20 e 40 giorni». Abbandono di persone incapaci aggravato dalla morte, secondo l’articolo 591 del codice penale. E’ questo il reato contestato a 6 medici e tre infermieri dell’ospedale «Sandro Pertini», dove fu ricoverato Cucchi. La fattispecie è contestata ad Aldo Fierro, dirigente medico di secondo livello e direttore della struttura complessa di medicina protetta, ai dirigenti medici di primo livello Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi e Preite De Marchis. Medesima accusa anche per i tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe. I sanitari, in concorso tra loro, secondo gli inquirenti della Procura di Roma, «omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione ed adattabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei ad evitare il decesso del paziente».
«Sono soddisfatto per la richiesta di rinvio a giudizio per i 13 indagati perché finalmente si apre il processo e ci sarà data la possibilità di esercitare tutte le prerogative che lo Stato ci concede. Anzi, possiamo dire che adesso, finalmente, si comincia». Lo dice l'avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi sul caso di Stefano, il giovane di 31 anni morto il 22 ottobre scorso durante un suo arresto per droga. «Presenteremo una memoria al processo per ipotizzare l'omicidio preterintenzionale a carico degli agenti - continua Anselmo - continuiamo a credere che senza le percosse Stefano non sarebbe morto. Se fosse morto soltanto per l'imperizia dei medici, allora cosa vuol dire, che si sarebbe sentito male pure a casa sua?».