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Detenuto muore nel carcere di Opera, la famiglia chiede «verità»

 

FONTE:il manifesto

 

Oumar Dia, è morto nel carcere di Opera. Non è chiaro il motivo della sua morte: suicidio, malattia o, come sospettano alcuni amici e parenti, forse perfino “altro”. Oggi a Milano, alle 15 in piazzale Cadorna, nei pressi del carcere di San Vittore, un presidio a sostegno delle richieste dei parenti

 

 



Di sicuro si sa solo che è morto il 26 ottobre nella clinica Humanitas di Milano, il detenuto bergamasco Oumar Dia, proveniente dal carcere di Opera. Non è chiaro il motivo della sua morte: suicidio, malattia o, come sospettano alcuni amici e parenti, forse perfino “altro”.

Aveva 21 anni e doveva scontare una pena di 4 anni e sei mesi, in tutto, per una serie di reati tra cui una rapina di un cellulare avvenuta tre anni prima (fine pena 2027). Era stato arrestato a giugno e rinchiuso nel penitenziario di Bergamo, la sua città di residenza. Il primo ottobre era stato trasferito ad Opera. E qui sorge il primo interrogativo: come mai un detenuto che deve scontare una così breve pena viene trasferito? Di solito, spiega il garante dei detenuti di Milano Franco Maisto che si sta interessando al caso, chi sconta pene così brevi viene trasferito semmai a Bollate. La famiglia non sarebbe stata avvisata neppure del trasferimento.

Le notizie apparse sul web dopo la notizia del decesso parlavano addirittura di un cadavere riconosciuto dai familiari nell’«obitorio di San Vittore». Ma, a parte il fatto che San Vittore non dispone di un obitorio, nel carcere del centro cittadino Oumar Dia sarebbe passato solo per tre giorni nel 2021, secondo quanto ricostruito da Antigone Milano.

Secondo Radio Onda d’Urto, «la mamma, arrivata all’obitorio, denuncia di avere trovato “il corpo del figlio legato con dei fili, mentre era passata ben una settimana dalla morte biologica”». Voci che non è possibile confermare.

Sappiamo però che il 20 ottobre viene ricoverato nell’ospedale convenzionato Humanitas. Le motivazioni non sono chiare: si parla di una malattia improvvisa ma anche di uno o addirittura più tentativi di suicidio negli ultimi tempi. Il ragazzo muore sei giorni dopo.

Ma – ed ecco un altro importante passaggio non chiaro – il 23 ottobre gli viene notificata la detenzione domiciliare, per incompatibilità con il carcere per motivi di salute. Dunque quando muore non è più “piantonato” in ospedale e non è più in carico all’amministrazione penitenziaria. La procura – come di prassi – ha aperto un fascicolo, per il momento senza ipotesi di reato né indagati. Oggi a Milano, alle 15 in piazzale Cadorna, nei pressi del carcere di San Vittore, l’associazione No peace without justice ha indetto un presidio di sostegno alle richieste di «verità» della famiglia.

 

Eleonora Martini