Nella notte tra sabato e domenica, lo scooter con a bordo due giovani si è schiantato contro un muretto in via Quaranta, zona viale Ripamonti, dopo un inseguimento dei carabinieri durato diversi chilometri, pare per un mancato fermo. Così è morto Ramy Elgaml, ragazzo di origini egiziane di 19 anni, mentre un amico, alla guida, è rimasto ferito e ora è piantonato in ospedale. Secondo gli abitanti del quartiere non è stato un incidente stradale, ma uno speronamento. |
Accertamenti in corso sul possibile impatto tra l’auto dei carabinieri e lo scooter con a bordo i due giovani che, nella notte tra sabato e domenica, si è schiantato contro un muretto in via Quaranta, zona viale Ripamonti, dopo un inseguimento durato diversi chilometri, pare per un mancato fermo. Così è morto Ramy Elgaml, ragazzo di origini egiziane di 19 anni, mentre un amico, alla guida, è rimasto ferito e ora è piantonato in ospedale.
La mossa della Procura segue le denunce di amici e famigliari, che dietro lo striscione “Verità per Ramy” si sono ritrovati a centinaia già domenica nel luogo dell’incidente.
Nella notte tra domenica e lunedì una cinquantina di giovani è scesa in strada, questa volta nel quartiere di Corvetto, dove sono stati appiccati incendi, lanciati petardi e fuochi d’artificio.
Nella notte tra lunedì e martedì ancora tafferugli. Secondo le ricostruzioni della questura, dalle 19 di lunedì 26 novembre un gruppo, inizialmente formato da venti persone si è radunato per le strada del quartiere, seguito a distanza dagli agenti di polizia. Il nucleo originario dopo qualche momento si è ampliato, arrivando a circa settanta persone, che si sono concentrate in via dei Cinquecento, all’angolo con via dei Panigarola, dove sono stati affissi degli striscioni. I 70 si sono poi spostato in via Omero dove hanno accesso fuochi d’artificio e lanciato petardi, uno dei quali ha colpito l’auto blindata del commissariato Mecenate. Un filobus è stato assaltato e i manifestanti hanno scritto con una bomboletta di vernice azzurra: «Ramy vive». Ci sono state anche diverse cariche della polizia, arrivata con i reparti in antisommossa, con manganelli e lacrimogeni, in viale Omero. Arrestato un 21enne, accusato di resistenza e lancio di oggetti. Gli amici di Ramy dicono che l’auto dei carabinieri ha colpito la moto e l’ha fatta cadere, «ci sono testimoni che hanno visto e hanno fatto video»
Parlare del quartiere Corvetto è complesso da sempre, oggi gli abitanti lo descrivono come un quartiere difficile ma vivo, che sente la pressione della gentrificazione che spinge da nord, dall’ex scalo di Porta Romana dove è in costruzione il villaggio Olimpico e dove stanno spuntano nuovi palazzi per ricchi. Gli amici di Ramy invece abitano nelle case popolari dimenticate dall’Aler (regionale) e da MM (comunale). Ai problemi di sempre, come la povertà, la disoccupazione, lo spaccio in strada che non se n’è mai andato dagli anni Ottanta, si sono aggiunti quelli più recenti della convivenza difficile tra vecchi e nuovi abitanti. «Sento che negli ultimi mesi la situazione è peggiorata – racconta ancora Simona -. Vedo in giro persone nuove che di solito non vedevo. Ho la sensazione che lo spaccio sia aumentato e poi c’è un problema di comunicazione con la fascia di popolazione giovane, seconde generazioni ma non solo, che non trovano lavoro e che la scuola non riesce a integrare».
Massimo Antonini è della Rete per il diritto all’abitare di zona 4: «Queste proteste si innescano su una situazione sociale per certi versi esplosiva, soprattutto a livello giovanile». Alcuni interventi come la riqualificazione del mercato comunale coperto o il trasferimento di alcuni uffici comunali non hanno influito in modo sostanziale sulla vita di chi abita nelle case popolari. Anzi, la riqualificazione qui come altrove spesso fa rima con sfratti e sgomberi. «Corvetto è sempre stato un quartiere difficile, negli anni Ottanta c’era l’eroina in strada. Era abitato prevalentemente da operai o piccoli artigiani, si aveva la sensazione di vivere in un contesto meno degradato rispetto ad oggi» racconta ancora Antonini. |
“Verità e giustizia per Ramy. Ramy Elgaml, un ragazzo di 19 anni residente nel quartiere di Corvetto, muore nella notte tra il 23 e il 24 novembre, inseguito da una macchina dei carabinieri nelle strade di Milano per oltre otto chilometri. Gli amici e i parenti si riversano subito in strada, chiedono “verità e giustizia per Ramy”, come scrivono sugli striscioni che oggi resistono appesi tra via dei Cinquecento e via Panigarola. Le indagini vengono stranamente affidate all’Arma dei Carabinieri, invece che alla Polizia Locale, come prassi vorrebbe.
Nel pomeriggio di lunedì, tre camionette della polizia appaiono in piazza Gabrio Rosa, gli autobus sono deviati e nel corso della sera una terza protesta si scatena nelle strade del quartiere, la prima di scontri diretti con la polizia che vanno avanti fino a quasi mezzanotte, con cariche, barricate, lancio di lacrimogeni, per finire con un arresto. Avete già sentito questa storia? E’ la stessa di Davide Bifolco (16 anni) e Ugo Russo (15 anni) a Napoli, o di Nahel Merzouk (17 anni) a Nanterre in Francia, insieme a quella di molte altre.
Vicende come quella di Ramy non sono eccezionali, né a Corvetto né in altri quartieri popolari: le dinamiche di impoverimento generale causate dai processi di sottrazione speculativa, portate dalla trasformazione urbana ormai velocissima, frammentano sempre di più il tessuto sociale e urbano, isolando in contesti definiti “marginali” sacche sempre più ampie di popolazione deprivata di tutto.
In queste “isole” o ghetti, se non rientrano nei piani di “periferie vetrina” su cui implementare azioni e bandi di “welfare di comunità” (leggi: privatizzazione dei servizi sociali), le uniche risposte sono la cosiddetta “rigenerazione urbana” per spingere la popolazione a più basso reddito ad andarsene; e uno stato di polizia di fatto che colpisce soprattutto le categorie considerate pericolose: tra questi, giovani e giovanissimi che subiscono una discriminazione e violenza quotidiana, se hanno il colore della pelle sbagliato, se abitano nei caseggiati popolari, se portano il borsello o se ascoltano la trap. E le solite risposte repressive vengono alimentate dalle narrazioni mediatiche tossiche che giocano sulla paura e la richiesta di ordine per giustificare interventi securitari, ricorrendo ai soliti stereotipi dello spaccio di droga e del degrado.
Ramy ha subìto tutto questo. Il quartiere Corvetto ha subìto tutto questo a 10 anni esatti dal Novembre 2014 quando, sotto la giunta Pisapia, cominciò una stagione di sgomberi abitativi in vista di Expo 2015 o di quella che oggi viene definita “riqualificazione” dei quartieri. Uno dei risultati delle proteste degli ultimi giorni è stata, oltre all’attenzione mediatica sul caso, l’iscrizione del carabiniere nel registro degli indagati. Quello che possiamo augurarci è che la mobilitazione prosegua fino a trasformarsi in rivolta vera e propria – non solo a Corvetto”. |