Il centro di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) è stato protagonista in particolare di numerose rivolte negli ultimi tempi. La risposta è stata una repressione dura e sistematica. Un uomo in biancheria intima inseguito mentre indossa soltanto l’intimo da agenti in tenuta antisommossa, quindi raggiunto e portato a forza dentro una stanza: qui il video non riprende quanto accade ma è l’audio ad essere evidente, con rumori fortissimi e le grida di dolore provenienti da quella stanza.
Scene riprese in un filmato girato all’interno del Cpr di Gradisca d’Isonzo, il Centro di permanenza per il rimpatrio in provincia di Gorizia, che come le altre strutture simili sparse per l’Italia è da tempo al centro delle polemiche per le condizioni disumane in cui sono costretti gli “ospiti” al loro interno, persone che non hanno commesso alcun reato ma che semplicemente sono senza documenti.
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A diffondere il video è stata la rete ‘No ai Cpr’: in un secondo filmato si vede il prosieguo di quella prima scena, con l’uomo a terra, viso e capo insanguinanti. Qualcuno gli solleva la testa e l’uomo, steso su un pavimento bagnato e sporco, appare quasi incosciente.
Agli attivisti che da tempo chiedono la chiusura dei Cpr arrivano decine di segnalazioni di questo tipo: nei Cpr le condizioni sono ormai al limite tra abusi, condizioni igieniche deficitarie, cibo scarso e assistenza medica inesistente o quasi. Nel Cpr di Gradisca in particolare, denuncia la rete ‘No ai Cpr’, “le condizioni di vita sono in progressivo peggioramento, così come la qualità del cibo. A questo si aggiunge una sospetta epidemia di scabbia, che sta via via contagiando i trattenuti. In questo quadro, si registra una dura repressione, con azioni violente da parte delle forze dell’ordine”.
Questi episodi non sono isolati e si verificano in molte altre strutture del Paese, come il CPR di Palazzo San Gervasio e quello di Macomer in Sardegna, dove le difficoltà per i detenuti sono simili.
Anche nei Cipr, che formalmente non sono strutture di detenzione ma di trattenimento, verrà applicata la stretta securitaria imposta dal governo Meloni col decreto Sicurezza: chi è rinchiuso in un Cpr non ha commesso alcun reato ma potrà vedersi applicato il reato di rivolta carceraria, anche di resistenza passiva, in caso di proteste. Il risultato? Passare dal Cpr al carcere, o vedere le proprie procedure di rimpatrio accelerate. La legge ha amplificato la paura di chi si trova già in una situazione di vulnerabilità, impedendo molte volte la possibilità di manifestare disappunto. |