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Decreto sicurezza a rischio incostituzionalità

 

FONTE:laleggepertutti.it

 

La Corte suprema di Cassazione ha fatto a pezzi il Decreto Sicurezza di Salvini, Meloni e Piantedosi. Non una critica, non un appunto. Una demolizione punto per punto e che getta le basi per la bocciatura definitiva da parte della Corte Costituzionale.

 



Un duro colpo per il Governo e la maggioranza: la Legge 9 giugno 2025, n. 80, che ha convertito il controverso Decreto Legge 11 aprile 2025, n. 48, il cosiddetto Decreto Sicurezza, è a rischio di incostituzionalità in più punti.
La Corte di Cassazione, nella sua relazione 33/2025 sulle novità normative (documento non vincolante ma di altissima autorevolezza giuridica), ha espresso una bocciatura senza appello, raccogliendo e facendo proprie le criticità evidenziate da tutta la comunità giuridica: dall’accademia alla magistratura, fino all’avvocatura. Il risultato, secondo la Suprema Corte, sarà un aumento dei processi e del numero di persone in carcere.

Metodo e sostanza: assenza di urgenza e eterogeneità delle norme

Le critiche della Cassazione si concentrano su due aspetti principali: il metodo di adozione del provvedimento e i suoi contenuti.

Vizio di forma: mancanza di necessità e urgenza

La relazione sottolinea la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza che, per Costituzione, sono imprescindibili per l’adozione di un decreto legge. Il provvedimento ha infatti inglobato un disegno di legge che era già da mesi all’esame del Parlamento e aveva già ottenuto l’approvazione della Camera. L’uso del decreto d’urgenza, motivato con l’esigenza di “evitare ulteriori dilazioni al Senato”, si scontra con la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, la quale ha più volte ribadito che il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su una “apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza” (come nella sentenza 171/07).

Eterogeneità delle materie

L’Ufficio del Massimario della Cassazione evidenzia come il decreto legge “nasca eterogeneo”. Si occupa, infatti, di una pluralità di materie vastissime e disparate che non sono tra loro connesse e omogenee: terrorismo, mafia, beni confiscati, sicurezza urbana, tutela delle forze dell’ordine, vittime dell’usura, ordinamento penitenziario, strutture per migranti e coltivazione della canapa. Questa eterogeneità è un ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge.

Mancanza di vacatio legis per le norme penali

Un altro punto cruciale riguarda l’immediata entrata in vigore dei nuovi reati e delle aggravanti introdotti dal decreto, avvenuta il 12 aprile 2025. Ciò significa che queste nuove disposizioni penali sono entrate in vigore senza i canonici quindici giorni di vacatio legis (il periodo tra la pubblicazione della legge e la sua entrata in vigore), che in materia penale è fondamentale per consentire ai cittadini di adeguarsi alle nuove norme. La Cassazione, a questo proposito, cita le critiche espresse anche da organismi internazionali come l’OSCE e l’ONU.

Norme vaghe e criminalizzazione del dissenso: i “profili problematici”

La relazione della Cassazione individua “profili problematici” anche nei contenuti di alcune norme:

aggravanti “di luogo”: vengono citate le aggravanti introdotte per i reati compiuti “dentro e fuori le stazioni ferroviarie e della metro”. La Cassazione sottolinea come non sia chiaro per tutte le condotte punibili il nesso con il principio di offensività (secondo cui un reato deve ledere o mettere in pericolo un bene giuridico). Inoltre, il riferimento alle “immediate adiacenze” delle stazioni può generare incertezze interpretative e disparità di trattamento, come già evidenziato dal CSM (Consiglio Superiore della Magistratura);
aggravanti “di luogo e di contesto” per il dissenso: dubbi vengono espressi anche sulle aggravanti che rischiano di colpire “l’area della manifestazione del dissenso”, come quelle applicabili nei cortei. Questo potrebbe portare a una criminalizzazione eccessiva di condotte legate alla protesta e alla libera espressione;
carceri e Cpr: preoccupazioni analoghe riguardano le norme sui penitenziari e i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), dove si rischia di criminalizzare la disobbedienza e la resistenza passiva, aggravando ulteriormente situazioni già critiche;
“diritto penale d’autore” e detenute madri: la relazione riporta le preoccupazioni della dottrina sul cosiddetto “diritto penale d’autore” applicato alle ipotesi di carcere per le detenute madri. Questo concetto, che “guarda non a ciò che l’uomo fa, bensì a quel che l’uomo è” (ad esempio, il riferimento alle borseggiatrici Rom), rischia di colpire le persone non per la condotta illecita specifica, ma per il loro status sociale o l’appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione;
materiale propedeutico al terrorismo: sulla detenzione di materiale propedeutico al terrorismo, la norma rischia di anticipare eccessivamente la soglia di punibilità, criminalizzando condotte preparatorie che potrebbero essere ancora troppo distanti dalla realizzazione di un effettivo reato;
non punibilità degli agenti segreti: la Cassazione chiede un’“approfondita riflessione” sulla controversa norma che estende la non punibilità degli agenti segreti alla direzione di organizzazioni terroristiche. Questa disposizione, come già evidenziato dalla stampa, permette agli 007 di “creare gruppi eversivi da zero” a fini preventivi, sollevando forti preoccupazioni sulla mancanza di controllo democratico e sul rischio di devianze.

Conclusioni

La relazione della Cassazione al Decreto Sicurezza è un atto di accusa durissimo che solleva interrogativi fondamentali sulla compatibilità della legge con i principi costituzionali. La mancanza di necessità e urgenza, l’eterogeneità delle materie, la violazione dei principi di legalità, proporzionalità e determinatezza delle norme penali, e il rischio di criminalizzare aree del dissenso e categorie vulnerabili, dipingono un quadro allarmante. L’avvertimento della Suprema Corte è chiaro: questa legge rischia di portare a più processi e più carcere, senza peraltro garantire una maggiore sicurezza effettiva e, potenzialmente, minando le fondamenta democratiche del Paese.

 

Angelo Greco