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Omicidio Cucchi, i familiari attaccano: «Il processo è basato su una bugia»

 

Il giudice Rosalba Liso deciderà il 19 ottobre prossimo se disporre una perizia, con le forme dell’incidente probatorio, che accerti, una volta per tutte, se Stefano Cucchi sia morto per il pestaggio subito dagli agenti della polizia penitenziaria mentre si trovava nei sotterranei del tribunale di Roma prima del processo per direttissima. I familiari del 31enne ragioniere, deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini dopo essere stato arrestato sei giorni prima dai carabinieri per il possesso di 20 grammi di erba, si sono costituiti parte civile [assieme al Comune di Roma] nell’udienza preliminare a carico di 13 imputati [3 poliziotti penitenziari, un dirigente del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria e 9 tra medici e infermieri dello stesso ospedale] chiedendo, attraverso gli avvocati Fabio Anselmo e Dario Piccioni, un accertamento medico-legale ‘super partes’ che, alla fine, attribuisca ai tre agenti il reato di omicidio preterintenzionale e non quello, molto più lieve, di lesioni colpose e abuso di autorità, come hanno optato i pm.
«Si insiste nel negare l’evidenza dei fatti – ha spiegato a fine udienza un’amareggiata Ilaria Cucchi – non ci vogliono spiegare perché è morto mio fratello. È inaccettabile la tesi della procura che ha contestato le lesioni lievi ai poliziotti. Se mi accorgo che non si vuole arrivare alla verità, sono disposta anche a rinunciare a prendere parte al processo. A me non interessa partecipare a un dibattimento basato su una bugia, e cioè sull’idea che il pestaggio subito da Stefano abbia determinato soltanto delle lesioni». La procura si è opposta alla richiesta dei legali dei Cucchi ritenendo sufficientemente valida la ricostruzione della vicenda fatta dai propri consulenti secondo cui Cucchi è deceduto perché non curato in modo adeguato dai medici del Pertini.