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Inchiesta ultrà Atalanta, "mancano indizi di colpevolezza"

 

"Il gip per il reato più grave, e cioè l'associazione per delinquere, non ha ravvisato i gravi indizi di colpevolezza. E quindi già questa è una decisione che dà indicazioni. Insomma, bisogna approfondire bene e capire se in questa indagine c'è un supporto probatorio o se gli inquirenti hanno esagerato". Andrea Pezzotta, il difensore di Claudio "Bocia" Galimberti, replica così alle accuse mosse al suo assistito nell'ambito degli inchiesta degli ultrà dell'Atalanta. Sono 104 gli indagati, e tra loro anche l'assessore regionale al Territorio della Lombardia, il leghista Daniele Belotti. I tre capitifosi sono indagati per associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di rissa, danneggiamento, lancio di oggetti e minacce a pubblico ufficiale, per avere organizzato gli scontri in occasioni delle partite dell'Atalanta.
L'avvocato Pezzotta mostra dubbi anche sulla tempistica: "Le ordinanze sono datate novembre 2010, bisogna capire come mai sono state eseguite solo adesso. E dire che le esigenze cautelari sono attuali, vengono emesse perché c'è pericolo in quel momento".
Federico Riva, che col collega Giovanni Adami, del foro di Udine, difende 31 degli indagati, legge un passaggio dell'ordinanza con cui il gip Viti affossa in pratica l'associazione per delinquere: "La mera partecipazione a riunioni durante le quali vengano genericamente manifestati propositi più o meno bellicosi, vengano esternate intenzioni più o meno esplicite di commettere atti di violenza contro le forze dell'ordine, non integra una condotta penalmente rilevante, quantomeno sotto il profilo di cui all'art. 416 c. p. (l'associazione per delinquere, ndr)".
Un formula che, secondo il legale, si può tradurre così: "Che questi episodi possono definirsi estemporanei, perché manca la stabilità dell'associazione e la continuità, il vincolo associativo permanente. C'è, sì, la ripetitività degli scontri evidenziata dal pm, ma non è l'associazione che lo decide".
E poi, stando al ragionamento dell'avvocato Riva, "non c'è l'elemento psicologico, la coscienza e la volontà di far parte di un'associazione. Chi prende parte ai tafferugli lo fa per fare casino, sa di partecipare agli incidenti e non di aderire a un disegno preparato dalla presunta associazione per delinquere. È questo che ci dice la decisione del gip. Poi sui singoli reati ci difenderemo. Perché, ad esempio per la Berghem Fest, è stata indagata gente che era a volto scoperto in prima fila, davanti alle forze dell'ordine, e che ad Alzano era giunta solo per una protesta vocale".
Il sindaco di Gandosso si difende: "Fraintese le mie parole"
Respinge ogni accusa Alberto Maffi, 27 anni, sindaco leghista di Gandosso e sicuramente il più giovane sindaco leghista del Carroccio. Non ci sta a passare come "vedetta" degli ultrà dell'Atalanta, non ci sta a passare come colui che, vedendo la polizia attorno allo stadio, telefonava al Bocia, Claudio Galimberti, dicendo "c'è puzza di blu, scappate". Secondo l'accusa, rappresentata dal pm Carmen Pugliese e dalla squadra mobile di polizia, è stato proprio così. “Il mio assistito non ha mai fatto la vedetta e le accuse a suo carico rappresentano semplicemente un grande fraintendimento - commenta l'avvocato Ettore Tacchini -. Nella perquisizione domiciliare al mio assistito non è stato proprio trovato nulla e siamo convinti che le frasi che gli vengono contestate sono semplicemente state fraintese. Quando Maffi dice “c’è pieno di blu” (ma in conferenza stampa la frase riferita era “c’è puzza di blu”) non vuole affatto far da spia in favore degli ultrà, ma intende dire che, vista l’aria di incidenti, preferisce andarsene a casa”.