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DAVIDE LIBERO











Come far fallire una società di calcio

 

FONTE: Mondo Udinese

 

Prendi una squadra e trattala male, fai aspettare il pagamento di stipendi e irpef per mesi.Ecco cosa succede. Imprenditori sprovveduti, faccendieri in cerca di immagine. In Italia riescono a fallire anche le aziende che hanno incassi fissi e certi, alle quali è lasciata libertà imprenditoriale per aumentarli secondo le proprie competenze. Visto cosa sta succedendo al Parma?
Ma facciamo due passi indietro. Uno studio sulla Seria A denota come i ricavi siano per il 43% totale medio dovuti a diritti televisivi (990milioni di euro ca.) seguiti da plusvalenze (20%) e sponsor (15%) più altre entrate fra le quali i biglietti dello stadio. I diritti televisivi sono suddivisi secondo logiche di meritocrazia e bacino d’utenza: 40% in parti uguali, 30% per risultati e 30% per numero tifosi. Ne consegue che quasi tutte le squadre di serie A abbiamo un buon tesoretto annuo da spendere per produrre quello che una volta era il più bel campionato del mondo. A questo aggiungiamo l’8% degli incassi da stadio ed otteniamo una media del 50% dei ricavi totali che sono bene o male certi.
Il Parma, tanto per fare un esempio, riceve di diritti televisivi 32milioni circa all’anno. Ma la società dell’ex presidente Ghirardi riuscirà molto probabilmente nella titanica impresa di fallire. E così dobbiamo fare un solo passo indietro. Una società che ha ricavi certi in una buona misura e costi altamente variabili, ha tutte le possibilità per riequilibrare una situazione di perdita economica e disavanzo finanziario nel giro di pochi esercizi. Basta ristrutturare i costi, attività che nel calcio porta quasi sempre a rilascio di liquidità. Vendo i giocatori con gli stipendi più alti, solitamente quelli migliori e mi entrano liquidi (o crediti da anticipare factoring). Non riesco a venderli a un buon prezzo? Anche cedendoli a prezzi stracciati calano comunque gli impegni salariali e previdenziali e “si liberano” ricavi televisivi, sponsor etc etc. Fai delle minusvalenze? Non importa, anzi… paghi meno tasse e non hai uscite immediate, porti a bilancio perdite che in realtà hai sostenuto negli esercizi passati.
E’ la situazione migliore per operare, devi solo stare attento a creare un equilibrio del genere: con i diritti televisivi paghi tutto il costo del lavoro e ti deve avanzare spazio per alcune spese ordinarie. Per le altre ti devi attrezzare saldando i debiti in base a quando puoi riscuotere i crediti (le plusvalenze vanno a bilancio in un anno, ma vengono saldate spesso a tre se non più).
Come puoi fallire? Prendiamo l’esempio del Parma, 32 milioni di euro per pagare staff tecnico, giocatori e dipendenti. Diciamo 28 o 29 per i calciatori. Diciamo 25 giocatori a contratto, costo medio lordo 1.1milioni annui. Mica poco per allestire una squadra! l’Udinese, con poco di più, 34milioni di diritti televisivi, ha sotto contratto circa 100 giocatori.
Ok, quindi, poniamo qualche regola. Se hai diritti TV da squadra media puoi investire su una rosa dai 25 ai 30 giocatori mediamente pagati. Più sono quelli a costo basso, più giocatori puoi mettere sotto contratto. Vuoi tutti giocatori che costano netti 1milione? Ne prendi al massimo 12 e il resto è Primavera (che per la verità andrebbero messi a contratto con il minimo salariale). Qui subentra il gioco della competenza: premesso che gli incassi da stadio possono coprire qualcosa e che gli sponsor coprono solitamente le spese amministrative, è con le plusvalenze che si fanno gli affari. Chi sa vendere può comprare. Chi non sa vendere, si strozza e deve svendere. Le competenze in fatto di mercato si rifanno a leggi darwiniane.
Il Parma ha cercato di fare l’Udinese, si è ritrovata due anni or sono con: 230 giocatori a contratto e spese per 100milioni, ricavi 60milioni e debiti netti a 88milioni circa (fonte: Gazzetta dello Sport). Non sempre è riuscita a piazzarli e si è trovata il “magazzino” pieno (è il primo passo per il fallimento). Un errore del genere lo si può ammortizzare nel giro di pochi anni. O compri una società all’estero, la paghi secondo una duration il più lunga possibile ed intanto ammortizzi gli stipendi con gli incassi (sempre secondo un equilibrio fra entrate e uscite). Oppure svendi i migliori, fai una squadra con i prestiti e i giocatori di media qualità ed intanto cerchi di apprezzare i “sottovalutati” (ma devono esserlo, sottovalutati, torniamo alle competenze…). Intanto fai utili e liquidi, rimetti a posto le casse e speri di non retrocedere.
Per fare l’Udinese bisogna essere l’Udinese, c’è poco da fare. Al Parma la maggior parte dei giocatori stazionava in serie minori o in Slovenia (mercato appetibile? che valorizza? che produce incassi considerevoli? Una scelta strana…). Perché il Parma non ha venduto quando poteva? All’inizio della scorsa stagione (conclusa con una qualificazione Europa League poi revocata proprio per problemi finanziari) poteva vendere Lucarelli, Paletta, Mirante, Amauri, Cassano etc etc… risparmi per un 10 milioni lordi sui costi per il personale oltre agli incassi da cessione. Cedendo anche gratuitamente i giocatori con poche prospettive avrebbe riportato in equilibrio i conti economici (per quelli patrimoniali occorrono più esercizi) e con un buon DS poteva comunque fare una squadra da salvezza. Impossibile? Chiedere a Fusco, che a Bologna quest’anno ha fatto una squadra competitiva spendendo la bellezza di 500mila euro, tutti prestiti con diritto di riscatto. A Bologna non c’erano ancora i fondi di Saputo, ma il mercato è stato fatto lo stesso. In serie A non era impossibile?
Parrebbe che quando le cose vadano male sia meglio farle andare peggio ma stando in seria A piuttosto aggiustarle ma con il rischio di andare in serie B. I motivi sono ovvi: quei 32milioni di euro all’anno in serie B non li prendi, ma i contratti con i giocatori rimangono in vigore, altroché! Si scommette sul fatto che qualcuno possa essere interessato a comprare una società con diritti televisivi alti e si sobbarchi lui la ristrutturazione dei costi, che nel frattempo rimangono “inadeguati”. Con buona pace dei creditori che non vengono tutelati mentre gli amministratori riscuotono esosi compensi.
Ergo, il Parma ha giocato con il fuoco e si è bruciata. Parrebbe, da un articolo de La Repubblica, che la società amministrata dal nostro ex DG Leonardi abbia preferito pagare costi (si parla di affitti) relativi a giocatori in Lega Pro piuttosto che venderli anche gratis ed avere il conto in ordine per l’Europa. Una scelta forse obbligata, ma sicuramente dubbia.
Finita qua? No, andatevi a vedere i bilanci di Sampdoria e Genoa (per non parlare dell’Inter). Nel prossimo futuro i tifosi delle squadre liguri avranno di che piangere lacrime amare. Ma si sa, nel calcio meglio andare male, dissanguare le casse e poi vendere, purché in A, con buona pace di una regolarità sostanziale e non solo formale del campionato di calcio.