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Roma: quella stupidità che non genera indifferenza

 

FONTE: Sport People

 

“Viene un giorno che per chi ci ha perseguitato proviamo soltanto indifferenza, stanchezza della sua stupidità”, scriveva Cesare Pavese nei suoi diari sul ‘Mestiere di vivere’. Io, che Cesare Pavese non sono, e sfortunatamente mai sarò, mio caro lettore, non riesco ancora a provare indifferenza. Neanche quando la pesante scure del boia ne colpisce cento e più per educar nessuno. E’ ormai un esercizio stucchevole il “velavevodettismo”, sciocco e moralista. Ma loro ve l’avevano detto, per davvero. Rimettendoci soldi, e di questi tempi potrebbe bastare come sacrificio, e subendo la peggior limitazione a cui si possa sottomettere un tifoso: il diritto di tifare.

Sissignori, “diritto”. Dal latino dirictum, ma forse sarebbe meglio usare il termine anglosassone “right”, visto che ci si confronta con i fautori della “safety at all costs”. Dato che viviamo in un Paese governato dai “Mai mater crai in de tivì uen scì scì, scì filing wit felt de berlin uolz distroid bai de pipol”, dalle poesie mai scritte di Jorge Luis Borges – scusaci e se puoi non ci maledire, ovunque tu sia – e dalle “step ciaild assosesciò/adopsion”. Perché non è soltanto la libertà di tifare che viene quotidianamente calpestata bistrattata umiliata perculata e spalleggiata attraverso organi conniventi e menzogneri (vero, Il Corriere dello Sport?), ma anche e soprattutto il diritto alla dignità. L'”Habeas corpus” tanto caro ai nostri sceriffi di Nottingham.

Io capisco il doloroso crollo di vendite dei quotidiani, ne va anche del mio futuro impiego magari, però, come fecero cent’anni fa gli inglesi della BBC per non intaccare la qualità del proprio servizio verso la comunità, a volte è meglio non scendere a patti con il diavolo. “La gente non viene messa ad attendere in balia di chiunque, ma attende in sicurezza”, tuona il Capo di Gabinetto della Questura di Roma Roberto Massucci ai microfoni dell’emittente radiofonica ReteSport. Doveroso ringraziamento ai due interlocutori che hanno replicato con un fare giornalistico ormai raro come una bella canzone a Sanremo. Dimenticandosi il caro “head toilette”, come direbbe il Presidente del Consiglio, che quelle scene di imbarazzante dilettantismo farebbero arrossire anche il comandante Lassard.

“Nel corso delle attività di monitoraggio e di prevenzione a largo raggio è stato individuato ed identificato un gruppo di ultras nei pressi del ponte Duca d’Aosta, radunatisi con il possibile intento di attuare forme di ritorsione nei confronti dei tifosi che hanno partecipato all’evento sportivo. Tutti sono stati allontanati”, l’atteso comunicato della Questura. Sospiro di sollievo, scampato pericolo. Pensate quali danni avrebbero potuto provocare degli “ultras” nelle zone adiacenti lo Stadio Olimpico. Come se oggigiorno fosse legale andare a prendersi un paio di birre al River Bar o a Piazza Mancini, stiamo scherzando! E io sciocco e malfidato che ho pensato alla facilità con cui invece un folle avrebbe potuto far saltare in aria un paio di dozzine di persone, sfruttando quel gregge forzato imposto da chi, in teoria, dovrebbe tutelare il cittadino. Sigh.

Mentre in altri paesi, tra cui la super citata Inghilterra, le barriere vengono rimosse perché causa di vere e proprie tragedie (consiglio a lor signori di cercare su google le parole Hillsborough e Heysel), da noi vengono erette dentro e fuori gli impianti sportivi. Ma cosa ancor più grave, esse ormai hanno permeato le teste di molti, incapaci di vedere oltre la sterile retorica del “sono autoreferenziali, politicizzati, burattini, violenti” etc, etc, etc, etc come musicarono i The Smiths.

Perché c’è stato anche un tempo in cui la buona musica parlava anche di “hooligan” e le persone potevano formare la propria coscienza sentendo entrambe le campane e non solo l’arrogante e meschina minaccia di chi non può mai perdere. Perché contro questi signori si è destinati ad uscire sconfitti probabilmente, così come è accaduto dal 2008 in poi a livello di stadio e di tifo, ma alle volte il mondo è un posto più bello se si combattono anche i mulini a vento.

 

Gianvittorio De Gennaro