NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

laboratoridirepressione

SPEZIALELIBERO

DAVIDE LIBERO











ASPETTANDO IL SOLE!

 

TRATTO DA "NON C'E' FEDE SENZA LOTTA" N°78

 

Come un leit-motiv la nostra prima fanzine riparte da quello che dovrebbe essere e non e’. Torniamo come sempre a battere il ferro che rimane caldo, convinti con i nostri piccoli mezzi a disposizione, di non riuscire certamente a cambiare un mondo che ci piace sempre meno, ma di provare con tutte le nostre forze almeno a cambiare quello che ci circonda, a rendere piu’ consapevoli le persone che ci camminano affianco, a invitare a riflettere, a usare la propria testa, a continuare a rappresentare una fiamma di speranza nella generale rassegnazione che nulla mai cambiera’. Continuare a insistere con quella certezza che ogni piccola resistenza e lotta, per quanto testarda e utopica possa apparire agli altri, puo’ permettere realmente ad ognuno di riappropriarsi di cio’ che gli appartiene. Nella consueta elencazione di eventi, che rendono peggiore, in un escalation di repressione, le nostri estati ultras, dove la speranza si imbatte contro il muro di una realta’ che va oltre l’immaginario, la situazione che si sta verificando a Roma in questo ultimo anno sembra essere realmente una palestra dell’orrore repressivo. I muri divisori che un anno fa avevano smembrato le due curve dello stadio Olimpico sembravano gia’ essere di per se un eccesso non superabile, ma a quanto pare, alle positive rassicurazioni pre-estive, si e’ aggiunta l’assurda introduzione ai cancelli dello stadio stesso di “meccanismi di riconoscimento biometrico”. La biometria (che si occupa di capire come alcune caratteristiche del corpo umano, uniche per ciascun individuo, possano essere utilizzate come strumento di riconoscimento personale) puo’ infatti essere messa in atto in diversi modi: dalle impronte, passando per l’iride dell’occhio e arrivando ai segni distintivi delle singole facce. Il palesato motivo terroristico (nuova trovata giustificatrice di guerre per commercianti di armi e sistemi di sicurezza), non ha senso dal momento che Roma ha sicuramente obiettivi piu’ “interessanti” dello stadio Olimpico. In realta’ crediamo sia solo l’ultima trovata per arricchire qualcuno, nella scellerata considerazione che tutta quella enormita’ di stronzate che ci siamo subiti fino ad oggi, tessere, biglietti nominali, tornelli e chi piu’ ne ha piu’ ne metta, in realta non sono serviti a niente. Frase usata e strausata e’ che al peggio non c’e’ mai fine: ma a che punto l’essere umano moderno e’ disposto a rimanere silente di fronte a una situazione che trova sempre, come la storia degli ultimi venti anni ci insegna, nello stadio la palestra di una repressione che ritroviamo poi nella vita di tutti i giorni? A che punto siamo disposti a spostare l’asticella di questa esigenza securitaria, mediatica, che segue le nostre vite da quando ci alziamo a quando andiamo a dormire? E noi che siamo qui in uno stadio che viviamo la nostra passione, a che punto siamo disposti a spingerci? A Roma anche quest’anno le due curve dell’Olimpico rimarranno vuote, come lo scorso anno, qualcuno potrebbe obbiettare che si abbandona il campo di battaglia, che si lascia libero gioco a chi ha fatto di tutto per distruggere questa passione, questo avviene se si decide di non andare piu’ allo stadio sostituendo quella passione come si sostituisce una serata al cinema con una a teatro, ma se quella passione vera continua a vivere andando oltre i gradoni di uno stadio, difficilissimo, ma continua ad alimentarsi allo stesso fuoco che ha fatto delle curve quello che sono sempre state, aggregazione, passione, appartenenza. E allora i nostri detrattori si troveranno si le curve vuote ma sapranno di non aver ucciso quelle passioni che vivono nelle strade, fuori. Noi con la scelta di non tesserarci, che rivendichiamo e della quale andiamo orgogliosi, abbiamo intrapreso un percorso, fra enormi difficolta’ che una citta’ apatica come la nostra gia’ presenta di base, ponendoci un limite di sopportabilita’ che la tessera ha ampiamente superato. L’amore per quella maglia e’ incondizionato, ma l’amore non e’ tale se viene barattato al tavolo della liberta’, al ricatto della dignita’. Siamo capaci di nutrire e di vivere quell’amore liberamente fuori da uno stadio, diventato una gabbia dorata ad uso e consumo di chi quella passione vuole trasformarla in una macchina da soldi. Accettare il contrario, l’ accoglimento impassibile di ogni assurdita’ partorita da queste menti del business pallonaro, sarebbe un’offesa alla nostra intelligenza, un’offesa alla sincerita’ di quell’amore per questa maglia magica che rappresenta la nostra terra. Non rinunciamo a quello che siamo ma ci rafforziamo nelle difficolta’. Non possiamo permetterci il lusso di far finta di niente uccidendo realmente quello che siamo. Le cose anche se non ci toccano oggi, ci toccheranno in futuro ed avere consapevolezza di quello che ci accade intorno aiuta a capire e a riflettere. L’assurdita’ di come alcune disposizioni nascono dalla follia piu’ totale, si trova nelle parole della cassazione che giudica il Daspo collettivo come: “una legislazione compulsiva che segue logiche normative proprie della dottrina nazionalsocialista tedesca (nazismo per capirci)”. Insomma anche gli apparati statali stessi quando vengono sottoposti a dichiararsi sulle assurdita’ legislative riguardanti gli stadi vedono, quello che non e’ possibile non vedere. L’abbiamo detto all’inizio, ci ripetiamo annualmente su quelle che sono le enormi difficolta’ che minano il nostro modo di esprimere il profondo amore che ci arde nel cuore, ma l’amore non ce lo toglie nessuno e per quello continuiamo a combattere e a vivere a modo nostro l’appartenenza a questa terra. Certi che possono capovolgere tutto e il contrario di tutto, ma noi continueremo ad essere quello siamo sempre stati. AVANTI CURVA EST!