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MORTE SANDRI, PARLA IL FRATELLO

 

Cristiano Sandri, fratello di Gabriele, spiega a CNR media: "Collocare quella morte in ambiente da stadio ha fatto sì che molta gente abbia potuto pensare che in qualche modo se la fosse cercata". Oggi Roma celebra la memoria di "Gabbo".

Roma ricorda Gabriele Sandri a due anni dalla sua morte dedicandogli un parco alla Balduina e inaugurando la fondazione Sandri. Il tifoso laziale fu ucciso in un'area di servizio dell'Autosole in provincia di Arezzo da un colpo di pistola esploso dall'agente della Polstrada Lugi Spaccarotella, condannato a sei anni per omicidio colposo in primo grado. Una sentenza giudicata troppo lieve dalla famiglia Sandri che ora spera nell'appello. "La morte di mio fratello non c'entra con il calcio, ci tengo a ribadirlo", spiega ai microfoni di Cnr media Cristiano Sandri, fratello di "Gabbo". "L'omicida di mio fratello ha sempre detto che non sapeva se si trattava di tifosi, persone che litigavano per motivi stradali o altro. Collocare quella morte in ambiente da stadio ha fatto sì che molta gente con giudizi superficiali abbia potuto pensare che in qualche modo se la fosse cercata. E per questo in qualche modo si è annacquata la responsabilità di chi ha commesso il reato", sottolinea Sandri. L'avvocato romano preferisce non parlare della vicenda Cucchi ma ha qualcosa da dire sull'atteggiamento dei vertici delle forze dell'ordine. "C'è un'inchiesta della magistratura in corso. Io dico solo che al processo per la morte di Gabriele i colleghi di Sapaccarotella sembravano le tre scimmiette: non ho visto, non ho sentito e non parlo, mentre proprio quando si ricopre quel ruolo bisognerebbe essere il piu' possibile d'aiuto all'accertamento dei fatti. Ma anche in altre vicende di cronaca recenti in cui vediamo imputati esponenti delle forze dell'ordine, questi con troppo facilità vengono liquidati con il solito discorso delle mele marce. Forse bisognerebbe iniziare a fare una conta".