NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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I VOSTRI ABUSI SEMPRE IMPUNITI (N°2)

 

TRATTO DA "NON C'E' FEDE SENZA LOTTA" N°4

 

STEFANO CUCCHI - 22/10/2009
Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, Stefano Cucchi 31 anni viene arrestato dai carabinieri perché trovato in possesso di una modica quantità di stupefacenti. Il giovane viene prelevato dai militari dalla sua abitazione che precedentemente avevano perquisito la sua stanza senza trovare nulla. Stefano quella notte stava bene e camminava sulle sue gambe e non presentava alcun segno sul viso. Il giorno dopo al processo per direttissima il ragazzo ha il volto segnato e tumefatto dalle botte. Il giudice dispone una visita ma stabilisce che Stefano debba rimanere nel carcere di Regina Coeli fino al 13 novembre data dell'udienza successiva e alla quale il giovane non arriverà mai. Il ricovero nel reparto penitenziario dell'ospedale Pertini, le richieste, negate, dei genitori di poterlo vedere, il decesso del ragazzo sabato 22 ottobre. Una morte che viene "notificata" alla famiglia Cucchi con un decreto del pubblico Ministero che autorizzava l'esecuzione dell'autopsia in seguito al decesso di Stefano. Per questo tragico e ignobile episodio tre agenti della polizia penitenziaria, nove operatori sanitari sono sotto processo dal 24 marzo del 2011. Nessun carabiniere è sotto processo.

RICCARDO RASMAN - 26/10/2006
Il 27 ottobre 2006, passate da poco le ore 20, Riccardo Rasman si trovava nel suo appartamento di Via Grego 38, un immobile di proprietà dell’ATER di Trieste. Secondo la ricostruzione degli agenti e le contraddittorie testimonianze dei vicini, Rasman ascoltava musica ad alto volume e uscì nudo sul balcone di casa lanciando due petardi nella corte interna dello stabile, di cui uno scoppiò a poca distanza da una ragazza senza causarle lesioni.
Rasman, affetto da una sindrome schizofrenica paranoide, dovuta a episodi di nonnismo subìti durante il servizio militare, era probabilmente in uno stato di felicità e di agitazione psico-fisica dovuta al fatto che il giorno seguente avrebbe iniziato un lavoro come operatore ecologico.
In seguito a una segnalazione arrivata al 113, sul posto giunsero due volanti. La prima alle 20:21, che alle 20:34 chiese una seconda volante di rinforzo e l’intervento dei Vigili del Fuoco per sfondare la porta dell’appartamento.Rasman, che nel frattempo si era rivestito e steso a letto con la luce spenta, rifiutò di aprire, forse intimorito anche in seguito ad un’altra colluttazione con le forze dell’ordine risalente al 1999 a cui era seguita una denuncia nei confronti di due agenti da parte di Rasman stesso. Intervenuti i Vigili del Fuoco, gli agenti entrarono trovando Rasman seduto sul letto. Ne sortì un’accesa colluttazione tra i quattro agenti e Rasman, che infine fu immobilizzato dal gruppo a terra, ammanettato dietro la schiena e legato alle caviglie con del filo di ferro.
Dopo l’immobilizzazione, «esercitavano sul tronco, sia salendogli insieme o alternativamente sulla schiena, sia premendo con le ginocchia, un’eccessiva pressione che ne riduceva gravemente le capacità respiratorie», e «nonostante fosse ammanettato, continuavano a tenerlo in posizione prona per diversi minuti».Tenuto in tale posizione per diversi minuti, l’uomo iniziò a respirare affannosamente e a rantolare, fino a divenire cianotico e a subire un arresto respiratorio. All’arrivo di un mezzo di soccorso, ne venne constatato il decesso. La morte avvenne tra le 20:43 e le 21:04.
All’arrivo dei sanitari Rasman venne trovato ammanettato dietro la schiena, con le caviglie immobilizzate da fil di ferro, e mostrava gravi ferite e segni di imbavagliamento. Venne chiarito che nonostante l’uomo fosse immobilizzato, gli agenti esercitarono «sul tronco, sia salendogli insieme o alternativamente sulla schiena, sia premendo con le ginocchia, un’eccessiva pressione che ne riduceva gravemente le capacità respiratorie», causando la morte per asfissia. Le ferite, gli schizzi di sangue sui muri ed i segni di violenza vennero correlati all’uso di oggetti contundenti, come un manico d’ascia trovato nell’appartamento, e lo stesso piede di porco usato dai Vigili del Fuoco per forzare la porta d’ingresso.
Secondo dichiarazioni della sorella Giuliana, il corpo di Riccardo «era martoriato di botte sul viso, gli avevano rotto lo zigomo, poi c’era il segno di imbavagliamento, sangue dalle orecchie, dal naso, dalla bocca, si vede proprio molto bene.. noi siamo entrati in quell’appartamento soltanto in marzo, era un disastro, c’era sangue dappertutto, una chiazza di sangue verso la cucina. Poi dalle fotografie mi sono resa conto che l’hanno spostato con la testa verso l’entrata così da nascondere la chiazza di sangue che c’era lì, c’era una frattura, i capelli erano tutti pieni di sangue, c’era una frattura anche dietro il collo, c’era sangue sul tavolo, sui muri, sulle lenzuola, dietro il letto per terra, c’erano chiazze di sangue sul tappeto sotto il quale abbiamo trovato persino dei pezzi di carne, nascosti».
Il 29 gennaio 2009, con rito abbreviato, tre dei quattro agenti vennero condannati a SEI MESI (senza parole!!!) di carcere, con pena sospesa, e a una provvisionale di 60.000 euro. Il 30 giugno 2010 la Corte d'Appello di Trieste ha confermato la sentenza di primo grado.