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I poliziotti protestano. Vogliono l’impunità?

 

Fonte: contropiano

 

Non vogliono che li si possa identificare, e tantomeno gradiscono le indagini e le polemiche sul loro operato in piazza. I sindacati di Polizia sono sul piede di guerra.
Singolare protesta di alcuni studenti universitari e medi sotto il dicastero della Giustizia di via Arenula, questa mattina, che hanno aperto una decina di ombrelli colorati di fronte all'ingresso del palazzo esponendo anche un manifesto ironico che recitava 'Piove: governo tecnico'. Piovono lacrimogeni, in particolare. ''Vogliamo continuare a manifestare e scendere in piazza -dice Daniele, dell'Università della Sapienza- I fatti del 14 novembre scorso non ci hanno intimidito, anzi: siamo ancora più convinti che sia necessario che tutto il Paese insieme agli studenti scenda in piazza contro il governo e contro l'austerity. In questo Paese c'é un problema di democrazia e di repressione del dissenso''.

Ma l’attenzione dei media oggi è tutta per le rimostranze dei ‘tutori dell’ordine’ contro la campagna che chiede al governo di approvare una norma che renda gli agenti identificabili attraverso un codice numerico stampato sui loro caschi o applicato alle loro divise. E soprattutto alla maggior parte dei sindacati di polizia non è proprio andato giù che un loro collega sia indagato dalla Procura di Roma per violenza aggravata, dopo la diffusione di foto e video che lo ritraggono mentre prendeva a manganellate un adolescente già a terra il 14 novembre. Proprio mentre a qualche centinaio di metri, dalle finestre del ministero di via Arenula, qualcuno sparava lacrimogeni contro i ragazzi e le ragazze in fuga dalle cariche.

In particolare gli iscritti al Coisp dicono di non sentirsi tutelati né dal loro capo, né dal ministro dell'Interno Cancellieri, che almeno a parole dice che dell’ipotesi di rendere identificabili gli agenti in servizio di ordine pubblico si può discutere. E così un gruppo di poliziotti del reparto mobile di Roma ha annunciato che si metterà in ferie in modo da non essere disponibili sabato, proprio quando la capitale sarà invasa da sei diversi cortei e presidi.

Una protesta – probabilmente più simbolica che reale, ma rilanciata puntualmente da tutti i media – che la dice lunga sulla richiesta di completa impunità che viene da certi ambienti delle forze dell’ordine: il Coisp e il Sap, di destra, ma anche il Siulp, di centrosinistra. Che si schierano contro i giornalisti, i fotoreporter e i pochi politici che hanno osato documentare e criticare l’operato degli agenti durante le manifestazioni del 14 novembre.

"Il 99,99% per cento degli agenti che lavorano nei cortei – si è difeso ieri il Sap in un comunicato - si comporta con grande professionalità, correttezza e capacità".

Ma la ‘disobbedienza’ annunciata per sabato prossimo sembra lasciarsi alle spalle la trita e non più funzionale retorica delle poche mele marce all’interno di un apparato fondamentalmente sano e ligio al dovere. Anche perché gli episodi di ‘malapolizia’ e di violenza da parte di esponenti degli apparati repressivi sono così numerosi e gravi da costringere i comandi o ancor di più la magistratura a sanzionarne qualcuno. Il che non evita che gran parte dell’opinione pubblica cominci a pensare che è l’intero albero ad essere marcio.