NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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DAVIDE LIBERO











PAOLO ASPETTA GIUSTIZIA!

 

Venerdì 7 dicembre 2012 a Verona si è svolta l'udienza del processo che vede otto poliziotti imputati per il pestaggio a Paolo Scaroni, ultras del Brescia. Qui di seguito riportiamo il racconto della redazione di liberiditifare.altervista.org, gli Ultras Tito Cucchiaroni Sampdoria e i Brescia 1911 ex Curva Nord.

 

Prima di tutto gli Amici e -naturalmente- i presenti!- Sebbene non amiamo dare numeri, fare elenchi o speciali classifiche, non possiamo iniziare il nostro resoconto senza ringraziare tutti i cittadini e gli Ultras presenti (chi in rappresentanza di una Curva, chi a titolo personale) a Verona venerdì per sostenere direttamente Paolo, arrivati da tutta Italia e perfino dalla Francia spontaneamente (e questo per noi accresce ulteriormente il valore della loro presenza): Ancona, Bergamo, Bologna (Fortitudo Basket), Cava dei Tirreni, Cesena, Chievo Verona, Fasano, Hellas Verona, Milano (Curva Sud Milan), Parma, Padova, Reggio Emilia, Saint Etienne (Magic Fans – Francia), Sampdoria, Teramo, Trieste, Udine…
Un elenco di certo provvisorio, poiché molto probabilmente, a causa della grande partecipazione e della concentrazione necessaria a seguire ogni passo dell’udienza, abbiamo dimenticato qualcuno. Perdonateci fin da ora per questo.
Vogliamo inoltre ringraziare: l’informazione locale per l’attenzione e lo spazio dedicato a Paolo (in particolare Umberto Gobbi di Radio Onda D’urto e Daniele Bonetti di BresciaOggi, sempre presenti in aula; ma anche Gianpaolo Laffranchi di BresciaOggi/Punto TV e Fabrizio Zanolini di “BS in Gol”/“Giornale di BS”); le Istituzioni bresciane (il Vicesindaco Rolfi e l’Assessore Provinciale Fabio Mandelli) che hanno accolto il nostro appello ed erano quindi presenti a Verona; il Brescia Calcio S.p.A. (o quantomeno le sue buone intenzioni) che, attraverso un suo rappresentante, ha voluto far sentire la sua vicinanza a Paolo (a noi sembrava sincero, quindi risparmiamo le battute, ma ci riserviamo di vedere cosa realmente faranno in futuro per Paolo).
Tutti ormai sanno, ma… - Per ultimo, consentiteci di rivolgere un pensiero sincero -e non certo moraleggiante- a tutti quei gruppi che fino a oggi hanno praticamente ignorato/disertato la battaglia di/per Paolo: per anni l’intero mondo Ultras si è lamentato -giustamente- della pesante repressione, dei processi sommari, della gogna mediatica, del modus operandi dei vari reparti celere provenienti da alcune precise città del nord, delle tante ingiustizie subite in tutti questi anni; e l’ha fatto gridando vendetta e auspicando giustizia, attraverso manifestazioni, cori, striscioni, iniziative trasversali, ecc.
Oggi, attraverso il sacrificio (purtroppo l’ennesimo) di un ragazzo come Paolo, pur avendo la grande occasione di cambiare la storia del nostro contradditorio Paese (quantomeno quella giudiziaria), ci rendiamo però conto che le realtà pronte a sostenere Paolo -naturalmente con i fatti- sono sempre le stesse, tranne poche eccezioni.
E questo nonostante tutti conoscano ormai l’intera dinamica della tragica vicenda di Paolo.
Per chi non l’avesse ancora capito, questa non è solo la battaglia di Paolo e degli Ultras Brescia 1911.
Non è l’occasione di farci grandi e belli, e nemmeno il tentativo di prenderci la rivincita su chi quel giorno a Verona massacrò la nostra gente.
Noi non stiamo cercando vendetta come qualcuno in malafede pensa e spera; noi stiamo cercando Giustizia (in primis per Paolo), ma anche e soprattutto la maniera sicura per evitare che altri ragazzi innocenti finiscano come lui o -peggio ancora- come Federico Aldrovandi, come Gabriele Sandri, come Stefano Cucchi, e come tanti altri forse meno conosciuti, ma sicuramente non meno importanti.
La nostra è una lotta prima di tutto di coscienza (per questo ci appelliamo innanzitutto a chi ha dimostrato in passato di averla).
E dopo tanti anni, dopo tante iniziative, dopo tante battaglie, abbiamo capito che l’unico modo per fermare questo eccidio è costringere di fronte alle proprie responsabilità chi spesso agisce impunemente e con vigliaccheria, andando oltre i propri doveri e disonorando la propria divisa, sicuro oltretutto di poterla fare franca.
Sia chiara una cosa: noi non possiamo permetterci di fallire, e dobbiamo quantomeno provare a vincere questa battaglia, naturalmente nella maniera più intelligente e civile possibile (salvo che ovviamente non ci abbiamo già completamente rincretiniti o istituzionalizzati).
Siamo quasi giunti alla fine del processo, non possiamo mollare proprio ora; al contrario, dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi e trasformare le nostre intenzioni in azioni veritiere e decisive.
E a quelli ancora scettici nonostante i traguardi raggiunti (per i meno attenti, solamente l’inizio di questo processo è stato una grandissima vittoria), vorremmo portare ad esempio proprio l’atteggiamento di alcuni celerini indagati e accusati di lesioni gravissime: aggressivi e micidiali durante le cariche quel giorno a Verona; ancora spavaldi durante le prime udienze; tremanti durante l’interrogatorio; spauriti, increduli e sfiniti al termine dell’udienza e dopo aver sentito la richiesta di condanna.
Tanto spaventati da “asserragliarsi” nell’aula del Tribunale fino a quando non ce ne siamo andati, e questo senza che nessuno di noi elargisse alcuna minaccia.
Con ogni probabilità, se questi “uomini” saranno ritenuti colpevoli e quindi condannati, non potranno più alzare un manganello sulla testa di nessun ragazzo/Ultras/cittadino italiano.
E se anche gli aguzzini di Paolo -e tutti gli altri complici- ne uscissero meglio del previsto, di sicuro prima di pestare un altro ragazzo innocente o di aggredire un’intera tifoseria ci penseranno parecchio.
Di certo non sarà il nostro invito alla riflessione a smuovere le ultime coscienze dissociate e ancora refrattarie, soprattutto quelle che si trincerano dietro concetti di comodo o frasi fatte, del tipo: “Non lo abbiamo mai fatto per nessuno…”; “Non possiamo farci niente…”; “È il nostro destino da Ultras…”; “Non si può scardinare il sistema…”; “Io a fianco di quelli non manifesto…”; “È una battaglia persa…”; ecc.
Ma per noi la cosa importante è provarci fino alla fine, per Paolo e per tutte quelle vittime dimenticate da uno Stato distratto.
Se vorrete farlo anche voi, grazie di cuore, anche a nome di Paolo Scaroni.
18-01-2013 Tutti Verona! – In ogni caso la battaglia continua, e il prossimo appuntamento è per il diciotto gennaio 2013, sempre a Verona, sempre presso il Tribunale in Via dello Zappatore (a meno che non cambino l’aula perché incapace di contenere tutti i presenti).
Naturalmente, il nostro prossimo obiettivo -e nostro dovere- è quello di riuscire a coinvolgere ancor più cittadini, bresciani e non, affinché l’udienza del diciotto gennaio abbia una degna e fiera cornice.
Per la cronaca, di fronte ad almeno trecento cittadini italiani e francesi, il PM ha chiesto la condanna a otto anni di reclusione per sette poliziotti.
Per Luca Iodice, Antonio Tota, Massimo Coppola, Michele Granieri, Bartolomeo Nemolato, Ivano Pangione e Giuseppe Valente l’imputazione è lesioni gravissime.
Il PM ha invece chiesto la trasmissione degli atti alla procura con le stesse imputazioni per Leonardo Barbierato, un altro poliziotto del reparto di Bologna, fino a venerdì solamente testimone nel processo, ma vicino ai colleghi nel momento del pestaggio di Scaroni.
Trasmissione degli atti anche per Fernando Malfatti, all’epoca vicequestore di Verona, e per Lino Mauli, della Polizia scientifica: per entrambi la motivazione della richiesta é falsa testimonianza.
FONTE: ULTRAS BRESCIA 1911 EX-CURVA NORD

Otto anni di carcere per le accuse di lesioni gravissime, e accuse di falsa testimonianza per due funzionari della loro questura. E’ pesante la pena chiesta dal pm di Verona Maria Beatice Zanotti per gli agenti bolognesi accusati del pesante pestaggio ai danni di Paolo Scaroni, il tifoso del Brescia da allora invalido.
I fatti risalgono al 24 settembre 2005, e a distanza di tanti anni la sentenza potrebbe arrivare già il prossimo 18 gennaio. Come ricordato (in un articolo del 17 luglio) a dare la svolta al processo è stata la testimonianza di un testimone oculare, sentito assieme ai macchinisti dei treni fermi in stazione al momento del pestaggio.
Le parole del pm in aula sono riportate stamane sulle colonne di Bresciaoggi: «Nel corso del processo Scaroni ha detto di essere stato pestato da più persone con manganelli impugnati al contrario: non ci sono motivi per dubitare dell´attendibilitá della vittima. Sono state avanzate altre ipotesi, tutte smontate. Dalle perizie emerge chiaramente che le ferite riportate da Scaroni sono compatibili con i manganelli in dotazione alla polizia. Ci sono state difficoltà oggettive a proseguire nelle indagini. Abbiamo riscontrato una certa riluttanza da parte delle forze dell´ordine a fare emergere quanto accaduto in stazione. Tutti sono stati sentiti, nessuno ricorda di aver visto qualcuno picchiare Scaroni e non ricorda nemmeno di aver visto un ragazzo a terra. Non bastassero le indagini difficoltose, ci siamo trovati davanti a un filmato della Scientifica monco roprio dei secondi del pestaggio. Non ci sono le immagini di ciò che cerchiamo, tutti dicono di non sapere nulla, ma le sfasature nei video proprio in quegli istanti, dicono che anche altri sapevano. Ho letto il manuale che viene dato in dotazione agli agenti: ebbene, lì c´è scritto che in nessun modo deve essere colpita una persona alla testa e men che meno deve essere colpita una persona che si trova a terra. É spiegato che il manganello deve essere impugnato correttamente e non al contrario. Una serie di testimonianze dicono che queste cose non sono state rispettate. Noi possiamo dire con certezze che qualcosa é accaduto, al contrario delle forze dell´ordine, quando dicono di non aver visto niente. Noi sappiamo che in quella zona in quei secondi si trovava solo la squadra di Bologna: purtroppo non sappiamo distribuire l´azione individuale, ma la colpa é da attribuire a tutti coloro che erano li, perché la squadra è un´unità inscindibile, deve muoversi compatta e fa della coesione la sua forza. Faccio fatica, invece, a estendere le responsabilità a chi dirigeva le operazioni perché nell´ordinare la carica non poteva sapere che i suoi uomini avrebbero agito contravvenendo a quanto scritto nel manuale».
All’udienza hanno assistito anche alcuni tifosi del Brescia che hanno voluto accompagnare Paolo Scaroni. In solidarietà sono giunti a Verona anche gruppi ultras del Milan, dell’Atalanta, del Cesena, dell’Udinese e persino cinque persone del Saint Etienne. Dopo aver fatto una breve manifestazione in stazione, i tifosi si sono diretti a piedi al tribunale per assistere al processo.
FONTE: Liberi di Tifare

Partiamo di buon’ora, l’orologio segna le cinque del mattino. Un freddo caino, un caffè al volo in attesa di esserci tutti e via, destinazione Verona. Non per assistere ad una partita, tutt’altro. A Verona ha luogo l’udienza del processo che vede otto poliziotti imputati per il pestaggio di Paolo Scaroni. Era il 24 settembre 2005 quando, in procinto di rientrare dalla trasferta al seguito del Brescia a Verona, i tifosi bresciani presenti in stazione furono selvaggiamente caricati dalle forze dell’ordine. Una carica tanto violenta quanto ingiustificata. Paolo venne picchiato selvaggiamente, tanto da rimanere in fin di vita, in coma per moltissimo tempo. Paolo però ce l'ha fatta, a differenza di altri ragazzi, uccisi per mano delle forze dell’ordine, sopravvive, si risveglia dal coma ed è in grado di raccontare come sono andate le cose. Oggi a Verona si scrive una nuova pagina di questo processo che dura ormai da anni. Il viaggio scorre veloce e così alle otto siamo alla stazione centrale di Verona. È proprio in stazione che ci ricongiungiamo con i ragazzi appartenenti ad altri gruppi ultras che, come noi, sono presenti a Verona per presenziare a questo processo che, si spera, possa ridare giustizia a Paolo. Davanti al tribunale oltre duecento ragazzi. Alla sbarra otto poliziotti che faticano non poco a trovare parole per rispondere alle domande degli avvocati e dei giudici. Otto anni di reclusione, di cui sei per lesioni volontarie gravissime, più altri due per l’aggravante dell’uso delle armi: questa la richiesta dei PM per 7 degli otto poliziotti. L’udienza è rinviata al 18 gennaio. Bisognerà aspettare ancora, ma ciò che conta è che al più presto venga fatta giustizia. Durante il ritorno da Verona, lungo la strada che ci riporta a casa, torniamo con al mente al processo: quanto successo nel 2005 a Verona è risaputo e sotto gli occhi di tutti. Un ragazzo ha pagato carissimo, quasi con la vita, e i segni di quei momenti li porta addosso ogni giorno. Le forze dell’ordine, quelli che dovrebbero difendere i cittadini, hanno picchiato, massacrato, quasi ucciso... eppure eccoci qui, ancora in attesa di giustizia. Poteva succedere a uno di noi, a qualsiasi ragazzo che, con una sciarpa al collo, fosse in trasferta per vedere la propria squadra. Quando questo processo avrà fine, e quando (speriamo) sarà stata fatta giustizia per Paolo, allora bisognerà domandarsi cosa può essere fatto affinché non succeda più, affinché non ci sia un altro Paolo in un'altra città. Chissà, magari un primo passo potrebbe essere fatto mettendo in pratica una richiesta che da anni invochiamo a gran voce: codici di riconoscimento su caschi e divise. Chi ha sbagliato deve pagare, deve assumersi le sue responsabilità. Ciò dovrebbe valere sia per il libero cittadino sia per chi indossa una divisa.
Paolo aspetta ancora giustizia!
FONTE: Ultras Tito Cucchiaroni Sampdoria