NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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DAVIDE LIBERO











SOSTEGNO ALLA MAGLIA… ALLA TESSERA, BATTAGLIA!

 

TRATTO DA "NON C'E' FEDE SENZA LOTTA" N°18

 

Rimanere lontano dal Diavolo, la domenica, è una sofferenza immane, ma per noi è stato così quasi tutto l’anno. Domenica scorsa, infatti, era per noi l’ennesima “domenica a casa” e, per certi versi, non è stata neanche fra le peggiori, visto che, comunque, al Comunale eravamo in tanti e si è creato un ambiente davvero niente male. Probabilmente, con le nostre lotte portate avanti contro la tessera, siamo riusciti a “focalizzare” il problema e tante persone, che da sempre ci hanno sostenuto, rispettando le nostre decisioni, hanno ulteriormente dimostrato d’aver assimilato e capito la nostra scelta. Se poi, queste persone sono da rintracciare tra quei tifosi che garantiscono maggiore assiduità nel seguire il Teramo 1913, la cosa non può che farci ancor più piacere ma, nello stesso tempo, ciò non ci stupisce più di tanto, perché, per questi tifosi, è più facile di altri capire che cosa vuol dire affrontare il problema della tessera sempre, tutto l’anno.
Noi e chi, come noi, dimostra con passione ed orgoglio l’attaccamento alla nostra maglia, non possiamo concederci il lusso di affrontare questo problema con leggerezza, come se nulla fosse.
Farsi la tessera, accettarla, vorrebbe dire piegarsi, rinnegare per sempre il nostro modo di essere, i nostri valori, nati sui gradoni della Est e ovunque difesi a testa alta, contro tutto e tutti. Sarebbe, in fondo, un po’ come voltare le spalle per sempre a quei sedici gradoni ed a ciò che rappresentano. Abbiamo sempre asserito, con convinzione, che il calcio senza gli ultras non ha senso, che il calcio vero, quello con cui siamo nati e cresciuti, è morto. Quello in cui hanno trasformato il calcio altro non è se non uno sport come tanti altri, dove il tifoso è consumatore di uno “spettacolo” triste e vuoto, dove il pubblico è solo cornice di quello che accade in campo. Noi ricordiamo un altro calcio, che regalava ben altre emozioni, dove non si parlava di tornelli e pay-tv, autorizzazioni e prefiltraggio, dove la domenica rappresentava un rito collettivo, fatto di passione popolare, di orgoglio e senso d’appartenenza alla propria terra, dove il pubblico diventava il dodicesimo in campo, dando inizio allo spettacolo, quello vero, degli spalti. Noi amiamo questo calcio e ripudiamo coloro che l’hanno trasformato in un freddo prodotto commerciale, dove i tifosi non servono più e hanno lasciato il posto a marionette schedate e “fidelizzate” da tessere con microchip e collegate a circuiti bancari!
La nostra passione non ha bisogno di “fidelizzazione”!!
Noi vogliamo vivere lo stadio in modo libero, sempre: vogliamo essere liberi di spostarci ed andare in trasferta, di colorare il nostro settore utilizzando i nostri cari strumenti di tifo, esporre i nostri striscioni, sventolare le nostre bandiere, ricordare i Ragazzi che non sono più tra noi senza chiedere il permesso al questore di turno. Noi non potremo mai accettare di barattare tutto questo, tutto quello in cui crediamo, con il privilegio di assistere ad una partita di calcio, tramite la sottoscrizione di una tessera che vieta i nostri diritti, calpestando la nostra volontà di rivivere la nostra passione.
Per questo invitiamo tutte le persone che hanno scelto la nostra stessa strada, a rimanerci vicino, perché solo uniti potremo portare avanti questa battaglia ed ottenere qualcosa di concreto.
Invitiamo tutti a non cedere alle “sirene” di un risultato sportivo, per quanto entusiasmante possa essere, come chi, non ponendosi nemmeno il problema, in questi giorni da “play-off”, trova facile tesserarsi, allo stesso modo in cui sarà ancor più semplice, domani, dimenticarsi del Diavolo, quando le cose andranno male. Chi si fa la tessera gode di un privilegio, quello di andare allo stadio, ma non si rende conto che questo suo privilegio esclude qualcun altro che la tessera non la può fare. Tesserarsi significa “promuovere” la tessera, significa promuovere una cultura di “esclusione” dal tuo diritto di andare allo stadio; è una forma di egoismo che meriterebbe di essere pagata con uno stadio vuoto. Accettare una cultura di esclusione e discriminazione ed essere indifferenti quando quella esclusione non vi colpisce in prima persona, allo stadio, come nella vita di tutti i giorni, significa mettere in moto un meccanismo, questo non siamo noi a dirlo ma è la storia che ce l’insegna, che dà potere assoluto a chi ci comanda e priva di qualsiasi dignità chi lo accetta.