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Teramo, se le guardie non picchiano perché gli ispettori cercano le ferite?

 

"Il detenuto non si massacra in sezione, si massacra di sotto. Abbiamo rischiato la rivolta, perchè il negro ha visto tutto". Era la voce, riconosciuta da lui stesso, di Giuseppe Luzi, comandante delle guardie penitenziarie del carcere di Teramo, rubate in un dialogo con un'altra guardia carceraria, registrato con un cellulare, impresso su un cd e spedito ai giornali. Un audio che racconta di un pestaggio ad un detenuto e delle "regole" per farlo, non in sezione dove tutti possono vedere, ma lontano dagli sguardi - ecco perchè "il detenuto si massacra sotto" - perchè il rischio è troppo alto, è quello di una rivolta. Un episodio su cui sia l'amministrazione penitenziaria che la Procura hanno aperto un'inchiesta, al momento ancora senza indagati. Luzi ha detto che non si stava riferendo ad un pestaggio, ma solo «ad un richiamo degli agenti ai detenuti, dopo un aggressione di quest'ultimi». L'ammissione è arrivata lunedì, durante la visita nella struttura della parlamentare radicale Rita Bernardini e del segretario della Uil Penitenziari Eugenio Sarno. Davanti a loro il commissario ha ammesso di essere la voce del dialogo e di aver usato in quell'occasione «un linguaggio da caserma». Negando però le botte e giustificando tutto come un rimprovero ad un agente che aveva ripreso verbalmente un detenuto, dopo che questo aveva tentato di aggredirlo. Ma che di un atto di violenza si sia trattato sembra sempre più chiaro. A confermare questa ipotesi ha contributo la presenza di altri due visitatori eccellenti, gli ispettori del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Nella casa circondariale teramana per l'intera giornata di lunedì, hanno identificato e sentito il detenuto vittima del presunto pestaggio, un italiano recluso per reati connessi alla droga, e hanno acquisito la sua cartella medica nell'infermeria della casa circondariale relativa al giorno in cui sarebbe avvenuto l'episodio. Una circostanza che ormai lascerebbe pochi dubbi sullo svolgimento dei fatti, anche se il detenuto in questione non ha per il momento sporto alcuna denuncia. E' un clima strano quello che si respira a Castrogno, la frazione di Teramo che ospita il super-carcere. «E' in corso una contrapposizione tra bande», così l'ha definito questo clima il sindacalista della Uil Eugenio Sarno dopo la sua visita. E le divisioni a cui fa riferimento non sarebbero tra detenuti, ma tra gli agenti stessi: sarebbe stato infatti uno di loro a catturare col cellulare la conversazione e a diffonderla fuori dalle mura del carcere. Quasi un'imboscata tra colleghi, in ogni caso un'operazione che sarebbe risultata impossibile a qualsiasi detenuto, visto il divieto di tenere con sè cellulari e i serrati controlli sulla posta in uscita. Ma quelle poche parole, in un modo o in un altro, sono volate fuori dalle quattro mura di Castrogno per raccontare l'aria che si respira al suo interno. Il carcere vive da anni una situazione di cronico sovraffollamento - ospita oltre 400 detenuti a fronte di una capienza di 250 - di mancanza di personale tra gli agenti - sono 185, ma ne servirebbero almeno altri 40. «Qui si marcisce nelle celle» ha raccontato la Bernardini dopo la visita nella struttura. Pochissimi i detenuti che possono studiare o lavorare. Solo un paio gli educatori a disposizione. Si vive spesso in due in una cella singola, dove si passano in media 20 ore al giorno. Magari anche con disturbi psichiatrici o malati semplicemente perchè manca il riscaldamento. Non a caso questo è il carcere con il maggior numero di suicidi e tentati suicidi: nell'ultimo mese cinque agenti di polizia sono stati aggrediti e due tentativi di togliersi la vita sventati in poche settimane. E' fatta anche di questo l'aria pesante che si respira, ogni giorno, a Castrogno. E non solo sotto la luce dei riflettori.