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Caso Shalabayeva, rimossi i superpoliziotti condannati

 

FONTE:il manifesto

 

Saranno «destinati ad altre funzioni» Renato Cortese, questore di Palermo, e Maurizio Improta, capo della polizia ferroviaria

 

Il capo della polizia Franco Gabrielli non manca di confidare nell’innocenza degli alti funzionari della polizia condannati per il sequestro di persona di Alma Shalabayeva ma li rimuove dai loro incarichi.

Dunque, come si dice in questi casi, saranno «destinati ad altre funzioni» Renato Cortese, questore di Palermo, e Maurizio Improta, capo della polizia ferroviaria. I due mercoledì scorso figuravano tra gli agenti di polizia condannati in primo grado dal tribunale di Perugia a cinque anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per il sequestro e l’estradizione della moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov, e di sua figlia Aula.

Dalle parole di Gabrielli, si evince che si tratta di poliziotti blasonati. Nel 2013, all’epoca dei fatti contestati sui quali ancora restano zone oscure a partire dalla catena di comando che gestì l’operazione, operavano nella capitale. Maurizio Improta era il responsabile dell’ufficio immigrazione della questura di Roma. Renato Cortese sette anni fa dirigeva la Squadra mobile di Roma. Poi, dopo anni di lavoro in Calabria, aveva operato in Sicilia.

Da molti è considerato il poliziotto che da agente del Servizio centrale operativo nel 2006 ha contribuito alla cattura del boss Bernardo Provenzano. Dalla quale spiccò il volo verso la questura di Palermo.

«Pur ribadendo la profonda amarezza e il pieno convincimento dell’estraneità dei poliziotti ai fatti», Gabrielli si dice fedele al principio secondo cui «la polizia, il cui motto non a caso è ‘sub lege libertas’: osserva e si attiene a quanto pronunciato dalle sentenze, quand’anche non definitive». Dai vertici della polizia, per di più, si fa notare che la rimozione non è proprio un atto dovuto, visto che la sentenza non è definitiva. Piuttosto si parla di «questioni di opportunità».

 

Giuliano Santoro