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Amnesty International: “I governi cessino di usare la pandemia come pretesto per la repressione”

 

FONTE: Amnesty International

 

In un rapporto pubblicato giovedì 17 dicembre, Amnesty International ha denunciato come in almeno 60 stati le violenze delle forze di polizia e l’eccessiva delega a queste ultime per attuare le misure di contrasto alla pandemia da Covid-19 abbiano causato violazioni dei diritti umani e in alcuni casi peggiorato la crisi sanitaria.

In nome della lotta alla pandemia, si legge nel rapporto dell’organizzazione per i diritti umani, persone sospettate di aver violato le misure di contenimento o che protestavano per le condizioni di detenzione sono state ferite o uccise.

In Iran, le forze di polizia hanno usato proiettili veri e gas lacrimogeni per stroncare le proteste nelle carceri, uccidendo e ferendo parecchi detenuti. In Kenya, solo nei primi cinque giorni di coprifuoco, le forze di polizia hanno ucciso almeno sette persone e hanno costretto altre 16 al ricovero in ospedale.

Sebbene alcune limitazioni ai diritti umani durante una pandemia possano essere giustificate per proteggere la salute pubblica e per altre urgenti necessità, molti governi sono andati ben oltre quelle che possono essere considerate misure ragionevoli e giustificate.

“Durante la pandemia, in ogni parte del mondo le forze di polizia hanno ampiamente violato il diritto internazionale ricorrendo a una forza eccessiva e innecessaria per far rispettare il lockdown e il coprifuoco. Col pretesto di contrastare la diffusione della pandemia, in Angola un ragazzo è stato ucciso per aver violato il coprifuoco e in El Salvador un uomo è stato ferito alle gambe mentre era uscito di casa per andare a comprare qualcosa da mangiare”, ha dichiarato Patrick Wilcken, vicedirettore del programma Temi globali di Amnesty International.

“Il mantenimento dell’ordine pubblico è un elemento fondamentale per proteggere la salute e la vita delle persone. Ma l’eccessivo affidamento a misure coercitive per applicare le limitazioni per motivi di salute pubblica sta facendo peggiorare la situazione. Il profondo impatto della pandemia sulla vita delle persone richiede che le forze di polizia agiscano nel pieno rispetto dei diritti umani”, ha aggiunto Wilcken.

Anziché contenere la diffusione del virus, gli arresti, gli imprigionamenti, l’uso della forza e lo sgombero violento delle manifestazioni hanno accresciuto i rischi di contagio, sia per gli agenti delle forze di polizia che per coloro che hanno subito le conseguenze delle loro azioni.

 

Pestaggi e uccisioni

 

Il rapporto di Amnesty International esamina leggi e politiche attuate dalle forze di polizia e i comportamenti di queste ultime e di altre agenzie incaricate del mantenimento dell’ordine pubblico. Fornisce inoltre numerosi esempi di abusi ed eccessi di poterefalsamente giustificati in nome della protezione della salute pubblica.

In molti stati le operazioni di polizia relative alla pandemia hanno causato morti e feriti, in particolare durante i controlli per il rispetto del lockdown e del coprifuoco. Prendendo a pretesto la pandemia per reprimere il dissenso, un po’ ovunque vi sono stati arresti di massa, rimpatri illegali, sgomberi forzati e repressioni violente di manifestazioni pacifiche.

In Sudafrica le forze di polizia hanno sparato proiettili di gomma contro persone che “vagabondavano” in strada durante il primo giorno di lockdown. In Cecenia, alcuni agenti hanno aggredito e preso a calci un uomo che non indossava la mascherina. In Angola, tra maggio e luglio, sono stati uccisi almeno sette giovani.

 

Arresti arbitrari e imprigionamenti

 

Amnesty International ha documentato come le forze di polizia abbiano arrestato e imprigionato persone accusate di aver violato la quarantena, trasgredito al divieto di spostarsi da un luogo all’altro, tenuto riunioni, preso parte a manifestazioni pacifiche e criticato la risposta del governo alla pandemia. In nessun caso si è trattato di motivi che giustificassero un arresto.

Nella Repubblica Dominicana, tra il 20 marzo e il 30 giugno, le forze di polizia hanno arrestato circa 85.000 persone accusate di aver violato il coprifuoco.

In Turchia, tra marzo e maggio, 510 persone sono state arrestate e interrogate per aver scritto “post provocatori sul coronavirus”, in evidente violazione del diritto alla libertà d’espressione.

 

Discriminazioni

 

In numerosi stati le forze di polizia hanno mostrato un’attitudine discriminatoria e razzista nell’applicazione delle norme sul Covid-19. Rifugiati, richiedenti asilo, lavoratori migranti, persone Lgbti o di genere non conforme, lavoratori e lavoratrici del sesso, persone senza dimora e altre a rischio di esserlo sono tra i gruppi marginalizzati che sono stati presi particolarmente di mira.

In Slovacchia, durante la quarantena, le forze di polizia e l’esercito hanno isolato gli insediamenti rom, contribuendo ad alimentare lo stigma e il pregiudizio che quelle comunità già subivano. L’aggressiva applicazione delle norme per il contrasto alla pandemia ha causato sgomberi forzati, privando persone già marginalizzate di un luogo dove potersi proteggere dall’emergenza sanitaria.

In Francia, tra marzo e maggio, i volontari di “Osservatori sui diritti umani” hanno documentato 175 casi di sgombero forzato di migranti, richiedenti asilo e rifugiati nella zona di Calais.

 

Limitazioni alle manifestazioni pacifiche

 

Molti stati hanno usato la pandemia come pretesto per introdurre leggi e prassi che hanno violato i diritti umani e ridotto le garanzie in materia, come ad esempio le limitazioni innecessarie ai diritti alla libertà di manifestazione pacifica e alla libertà d’espressione.

In Etiopia, nella Zona di Wolaita, almeno 16 persone sono state uccise dalle forze di polizia per aver protestato contro l’arresto di dirigenti e attivisti locali accusati di aver manifestato in violazione delle limitazioni adottate per il contrasto alla pandemia.

Il diritto internazionale sui diritti umani prevede che determinate limitazioni al diritto alla libertà di manifestazione pacifica possano essere adottate per proteggere la salute pubblica o altri interessi legittimi, ma deve trattarsi di misure disposte per legge, necessarie e proporzionali rispetto a un obiettivo specifico.

In molti dei casi documentati da Amnesty International, invece, le limitazioni sono andate ben oltre: attraverso, ad esempio, il divieto assoluto di manifestare, l’uso della forza contro i manifestanti pacifici o il divieto o la limitazione di manifestare mentre altri eventi uguali aventi la medesima partecipazione venivano consentiti in zone diverse.

 

I diritti umani devono essere al centro delle operazioni di polizia

 

Le autorità hanno il dovere di considerare la pandemia da Covid-19 soprattutto come una crisi sanitaria pubblica da affrontare con misure di salute pubblica adeguate.

Per quanto le forze di polizia abbiano un ruolo legittimo e necessario, Amnesty International sta chiedendo ai governi di ogni parte del mondo di assicurare che esse rispettino la loro più importante missione: servire e proteggere la popolazione.

La pandemia da Covid-19 non esime le forze di polizia dall’obbligo di valutare accuratamente quali siano gli interessi in gioco e di usare i poteri loro conferiti in modo tale da rispettare gli obblighi in materia di diritti umani.

Nei casi in cui si siano verificate violazioni dei diritti umani derivanti da operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico e dall’uso della forza, gli stati devono svolgere indagini rapide, approfondite, efficaci e indipendenti e assicurare che i responsabili ne rispondano in un giusto processo.

“È fondamentale che le autorità diano priorità alle migliori prassi sanitarie rispetto ad approcci coercitivi che si sono dimostrati controproducenti. I dirigenti delle forze di polizia devono dare al loro personale istruzioni e ordini precisi affinché i diritti umani siano al centro di ogni valutazione posta in essere. Coloro che hanno esercitato i loro poteri in forma eccessiva o illegale devono essere chiamati a risponderne. Altrimenti, si verificheranno ulteriori violazioni dei diritti umani”, ha dichiarato Anja Bienert, direttrice del programma Polizia e diritti umani di Amnesty International Olanda.

 

Nicolò Arpinati