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RACITI, “FUOCO AMICO”: INDAGATI I DUE TESTIMONI DE “LE IENE”

 

FONTE:Sport People

 

A ridosso della scarcerazione di Antonino Speziale, il programma televisivo “Le Iene” ha spezzato il lungo silenzio sulla vicenda. È stato davvero Speziale ad uccidere l’ispettore Raciti? Proprio ieri, in un’intervista concessa a “Il Riformista”, il tifoso catanese ha ribadito ancora una volta la sua innocenza ed è comunque legittimo coltivare dubbi sulle lacune giudiziarie del processo che, per l’alto impatto emotivo sull’opinione pubblica, ha spesso assunto i toni del processo mediatico. Con tutte le ricadute negative del caso, sugli equilibri dello stesso.

Se n’è parlato spesso, nelle primissime inchieste di Giuseppe Lo Bianco e Piero Messina (“Discovery fatale” e “Raciti la pista è blu”) pubblicate da “L’Espresso”. Dubbi sollevati anche dal libro di inchiesta di Simone Nastasi, “Il caso Speziale, cronaca di un errore giudiziario”. La colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, fondamento delle garanzie costituzionali, andava soprattutto provata a seguito delle conclusioni del RIS di Parma ivi citate, così come delle prime dichiarazioni rese agli inquirenti e poi ritrattate dall’agente che guidava la Jeep che presumibilmente poteva aver colpito Raciti nella concitazione di quegli scontri.

Con la loro tempistica non di certo provvidenziale per il destino carcerario di Speziale, “Le Iene” hanno riportato in auge questi sospetti, aggiungendo clamorosi elementi di novità, relativamente a nuove testimonianze che corroberebbero la tesi del fuoco amico, in sostanza quella per la quale Filippo Raciti sarebbe stato ucciso dal Discovery in retromarcia.

A margine di quelle interviste mandate in onda dal programma tv di “Italia 1”, la Procura di Catania ha emesso due avvisi di garanzia a carico delle due persone intervistate che, in diversa misura, avevano affermato che non meglio identificati esponenti del Corpo di Polizia, in occasione del funerale, avrebbero avvicinato i famigliari di Raciti scusandosi a nome della Polizia stessa perché appunto la morte sarebbe stata causata, per sbaglio, da un collega. La famiglia ovviamente ha smentito categoricamente queste circostanze, per cui, a seguito di una denuncia del Capo della Polizia, due persone risultano ora iscritte nel registro degli indagati per “diffamazione aggravata a mezzo stampa, su un fatto determinato e recando offesa a un corpo giudiziario”.

La difesa di Antonino Speziale aveva già annunciato di voler chiedere la revisione del processo alla luce di tali testimonianze, ma nonostante la carcerazione di Speziale sia terminata, sembra che le risposte a tutte le domande irrisolte siano ancora lontane da venire.

 

Matteo Falcone