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Tortura in carcere: “Nudo e ammanettato, mi picchiavano con il ferro di battitura”

 

FONTE: estense.com

 

Il racconto di Antonio Colopi, parte civile nel processo contro due uomini della Polizia penitenziaria e un’infermiera

 

 

Nudo, inginocchiato, ammanettato con le mani dietro la schiena e agganciato a un piede del letto della cella d’isolamento, una “cella liscia”. E in queste condizioni preso a botte prima da un “brigadiere” della Polizia penitenziaria, con calci, pugni e con il ferro di battitura, e poi percosso anche da un secondo agente, e ancora minacciato con un coltello puntato alla gola, mentre un terzo faceva da palo.

È quanto ha raccontato Antonio Colopi, in carcere per aver ucciso con una mannaia lo chef ferrarese Ugo Tani nell’aprile 2016 a Cervia, oggi ristretto nel carcere di Reggio Emilia, quel 30 settembre del 2017 ospite dell’Arginone.

Mercoledì pomeriggio è stato ascoltato dal tribunale di Ferrara come testimone e parte civile nel processo contro due membri della penitenziaria accusati di tortura. Sul banco degli imputati ci sono Geremia Casullo – il “brigadiere” secondo Colopi, all’epoca sovrintendente – e l’assistente capo Massimo Vertuani, che sarebbe il palo, entrambi difesi dall’avvocato Alberto Bova (con loro, accusata di falso, a processo c’è anche l’infermiera Eva Tonini, difesa dall’avvocato Denis Lovison).

Per quel brutale pestaggio un altro assistente capo, Pietro Licari (il secondo uomo), è già stato condannato in abbreviato a 3 anni di reclusione e a pagare 20mila euro di risarcimento.

Colopi era stato messo in isolamento dopo un litigio con altri detenuti e ancora con degli agenti della penitenziaria. Mentre era in cella, secondo il suo racconto e secondo l’accusa sostenuta dalla pm Isabella Cavalari, Casullo sarebbe entrato annunciando un’ispezione.
“Quando hanno aperto non ho fatto nulla, mi hanno iniziato a colpire con calci allo stomaco”, poi sarebbe stato fatto spogliare, ammanettato al letto, e così “mi hanno colpito alle braccia e alla testa col ferro di battitura”, passato dal palo a Casullo. Colopi, sempre seguendo il suo racconto, avrebbe perso i sensi per circa 5 minuti, dopodiché si sarebbe ritrovato ancora ammanettato ma con le mani davanti. “Mi sono alzato in piedi ho dato una testata al brigadiere”, ha ammesso il detenuto. A questo punto sarebbe entrato Licari che gli avrebbe detto “adesso tocca a me” e poi sarebbe stato minacciato con il coltello – passatogli anche quello dal palo – ancora da Casullo: “Mi ha detto: adesso ti taglio la gola”.

Steso sul letto, nudo e con varie tumefazioni sul corpo: così lo avrebbe trovato ore dopo il medico del carcere: “Ho chiesto alla dottoressa cosa ci facevo in quella cella e mi ha detto che avevo litigato con un altro detenuto”. Colopi venne medicato diverse ore dopo e nell’occasione il medico gli scattò anche delle foto.

Prima incontrò la comandante della penitenziaria, Annalisa Gadaleta (che a novembre verrà sentita come testimone), insieme al direttore del carcere: “Mi hanno detto che ero stato io ad aggredire gli agenti e mi hanno mostrato un coltellino, ma non era quello con cui mi hanno minacciato, era fatto con una latta”. Sentita la sua versione dei fatti, la comandante lo avrebbe invitato a fare denuncia: “In passato loro mi picchiavano e poi mi denunciavano, questa volta li ho denunciati io”. Colopi, come ammesso durante la testimonianza, è stato effettivamente condannato in via definitiva a 5 mesi per resistenza, e poi a un anno. “Ogni tanto davo in escandescenza e mi picchiavano”, ha detto.

 

Daniele Oppo