NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

NOI DA NOVE ANNI CONOSCIAMO LA VERITA'!

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DAVIDE LIBERO











Rompere la gabbia della psicopolitica

 

FONTE:Osservatorio Repressione

 

Quei signori eleganti son passati di qua. Per chiamare briganti chi nun steva cu lloro. Per lavare col fuoco chi era fuori dal coro
(da Gente do Sud -Terroni Uniti)

 

Un saggio di Byung -Chul Han (Piscopolitica Edizione Nottetempo 2016) analizza il concetto di Psicopolitica come superamento della Biopolitica Foucaultiana..

Foucault analizza i cambiamenti del potere nella contemporaneità, un potere che passa
direttamente alla organizzazione, gestione e direzione del popolo determinando la gestione della vita di ogni individuo.

Dalla statistica illuminista, sul finire del secolo scorso , si passa alla digitalizzazione, i big data mirano direttamente a promuovere modelli collettivi di comportamento dei quali ogni singolo individuo non è pienamente cosciente, anzi siamo in presenza di pratiche ormai diffuse che dettano linee guida ai comportamenti collettivi.

Se il censimento era una prassi biopolitica tipica della società disciplinare, la psicopolitica nasce con l’era digitale, e, al contrario della biopolitica, interviene direttamente sui processi della psiche non agendo sulla volontà dell’individuo. I big data insomma vanno oltre la biopolitica e permettono di agire direttamente sui nostri desideri rendendoli visibili e sfruttabili a fini di mercato.

E’ quanto accade ormai da tempo e i social sono stati strumenti decisivi per estrarre (plus)valore dal nostro tempo libero.

A quanti di noi del resto sarà capitato di effettuare una ricerca su internet per un B&B o per acquistare un pc e trovarsi nei giorni successivi delle offerte analoghe per la stessa località o per altri modelli di computer. Collegandoci su Internet inconsciamente comunichiamo dati riguardanti i nostri desideri, lo stile di vita, il regime alimentare, i gusti musicali ma anche le amicizie, le idee politiche e più in generale le sensibilità sociali che vengono utilizzate a fini di mercato.

Nasce così il panottico digitale che risulta assai più efficace di quello originario di Bentham perchè non necessita di sorvegliare, per poi punire, ogni nostra azione attraverso i vecchi sistemi di controllo, lo fa in maniera più efficace trasformando ogni individuo digitalizzato nel sorvegliante di sè stesso.

Così operando la sorveglianza viene delegata ad ogni individuo. Prendiamo ad esempio il distanziamento sociale in tempo di pandemia, ognuno di noi è tenuto non tanto al rispetto delle norme anti contagio ma ne diventa esso stesso promotore. Le responsabilità della malattia non sono quindi attribuibili a un sistema sanitario falcidiato da tagli, alle decisioni datoriali di mantenere aperti i luoghi di produzione, ogni colpa è scaricata sui singoli che non hanno osservato alla lettera il distanziamento o magari non indossano correttamente quelle mascherine dimostratesi nel frattempo farlocche come si evince dalla inchiesta avviata da qualche Procura della Repubblica.

Le umane esistenze sono protocollate, ogni nostro passaggio sui social è occasione di estrarre dati utilizzabili a fini di mercato e per imporre comportamenti individuali e collettivi. Non è errato definire l’era digitale come momento supremo del mercato, la psicopolitica digitale sarebbe in grado di impadronirsi del comportamento delle masse indipendentemente dalla coscienza individuale e collettiva.

Gli odiatori social nascono in questo modo, società specializzate al servizio di politici utilizzano le paure collettive e individuali per costruire campagne mediatiche. Anzi le medesime paure sono costruite ad arte per sviluppare psicosi collettive.

In tempi pandemici la psicopolitica liberale, e poi liberista, ha avuto il sopravvento manipolando la stessa idea di libertà. Se per Marx la autentica libertà si realizzava collettivamente attraverso la liberazione dal modo di produzione capitalista, gli ultimi 40 anni hanno visto il sopravvento del mercato, dell’idea che meno stato porti a maggiore benessere e libertà.

In questa ottica nasce una sorta di Io che mira alla rottura di ogni patto sociale (l’idea che dal benessere di esigue minoranze possa anche scaturire vantaggi per le maggioranze impoverite ed oppresse), un Io che crede di essere fuori da ogni condizionamento e costrizione quando invece viene sottomesso a continue costrizioni interiori, autoimposte e per
questo non visibili. L’idea che ciascuno sia imprenditore di se stesso ha preso corpo proprio quando il potere di acquisto dei salari diminuiva e ridotte le libertà individuali e collettive

Se prima la memoria umana era frutto di narrazioni scritte ed orali dentro un racconto in continua evoluzione oggi la memoria digitale accumula dati ma impone comportamenti individuali e collettivi fuori da ogni contesto sociale, lungi da rivendicazioni anti sistemiche. E al contempo la memoria diventa facile preda di revisionismo e manipolazioni.

“Nella società della prestazione neoliberale chi fallisce, invece di mettere in dubbio la società o il sistema, ritiene se stesso responsabile e si vergogna del fallimento. In ciò consiste la speciale intelligenza del regime neoliberale: non lascia emergere alcuna resistenza al sistema” (da Psicopolitica).

I cittadini si trasformano in un colpo solo in consumatori passivi, replicanti senza anima e cervello quando invece credono di essere autentici protagonisti nei social, interiorizzano la fine delle differenze sociali proprio quando invece si rafforzando stratificandosi,scimmiottano i comportamenti dei dominanti e indirizzano la loro frustrazione contro gli ultimi.

Nei due anni passati non è mai stata avviata una inchiesta sulla pandemia, sulle responsabilità politiche e sociali che hanno provocato migliaia di morti, ci è stato raccontato che avremmo raggiunto la immunità di gregge con i vaccini (a prescindere da ogni valutazione sugli stessi) raccontandoci di una sanità pubblica paralizzata dal covid quando le cause dei ritardi, dei disservizi provengono da lontano, dagli anni nei quali sono stati tagliati un quinto, o un quarto, dei posti letto negli ospedali e in terapia intensiva.

Negli ultimi 40 anni l’Italia ha speso meno di ogni altro paese del capitalismo avanzato, in rapporto al Pil, per la sanità, manca personale e molti ospedali sono al collasso grazie alle politiche di contenimento del debito e del pareggio di bilancio.

Sempre negli ultimi 40 anni hanno distrutto tutele collettive come il vecchio articolo 18 e riempito i carceri per reati che dovrebbero avere misure alternative alla pena e percorsi riabilitativi e di inserimento sociale. E anche in tempo di Covid le classi sociali meno abbienti e i detenuti sono stati considerati come carne da macello.

Il potere disciplinare ha “normato” il corpo attraverso la coercizione di abitudini automatiche; il corpo è divenuto una macchina produttiva fino a quando il Capitale ha compreso quanto fosse produttiva la Psiche

Sorvoliamo sugli antidoti che a parere di Han rappresenterebbero una via di uscita dalla psicopolitica (il valore del vuoto e del silenzio, il ritorno al pensiero di Nietzsche….), proviamo invece a uscire dal controllo totale e dalla dipendenza con le armi del conflitto sociale e politico demonizzato dal neo liberismo con la ripresa di spazi collettivi nei quali elaborare un modello alternativo alla società della sorveglianza.

Non rivendichiamo il diritto individuale in antitesi a quello collettivo (chi ha scelto di non vaccinarsi viene dipinto come untore o nemico degli interessi collettivi che poi sono identificati nella produzione, nella ripresa dell’economia e dei mercati e non nella cura e nella salute), le collettività sono esse stesse annientate dal pensiero neoliberista e dal modello sociale da esso imposto, alcuni medicinali anti covid sono introvabili come denunciato sulla stampa. Le regole a tutela della salute subiscono continui cambiamenti, basti vedere le nuove disposizioni sulla quarantena e il pasticciaccio creatosi tra norme nazionali e regionali, siamo invitati a convivere con il virus e di far finta di nulla per non perdere un’ora di lavoro anche quando i contagi subiscono un’impennata.

E sottrarsi alle imposizioni di quel modello significa rimettere la salute, la sicurezza individuale e collettiva al centro del nostro operato, la tutela della democrazia proprio quando si protrae, incostituzionalmente, lo stato di emergenza esautorando il Parlamento a colpi di decreti legge

 

Federico Giusti