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Verità e Giustizia per Ugo Russo

 

FONTE:il Riformista

 

La storia di Ugo Russo, 15 anni, ucciso da un carabiniere a Napoli

Sono passati quasi due anni da una notte maledetta, dalla notte del 1 marzo 2020 nella quale Ugo Russo, un ragazzino di soli 15 anni, venne freddato da due colpi di pistola durante un tentativo di rapina. A sparare fu un carabiniere fuori servizio, bersaglio del giovane che con una pistola (poi risultata essere giocattolo) voleva rapinargli l’orologio.

Zerocalcare ha realizzato una storia sull’omicidio di Ugo e “si tratta di una narrazione oltre le censure preventive” hanno fatto sapere i rappresentanti del Comitato per la Verità e Giustizia per Ugo Russo. Ventiquattro pagine (allegate a L’Essenziale, settimanale di Internazionale), per provare a ricostruire quei momenti drammatici.

Ma a due anni dall’accaduto, le ombre sono ancora tante, troppe e la giustizia tarda a fare luce. «Ho conosciuto Zerocalcare a Catania, in occasione di un convegno – spiega Vincenzo Russo, il papà di Ugo – Gli ho raccontato la storia di mio figlio e lui ha deciso di approfondirla ed è nata così l’idea dello speciale in edicola oggi. Il fumetto racconta tante cose finora non dette».

E a quanto pare le cose non dette sono tante, troppe, e il non dire e questo silenzio assordante avvolgono la storia di Ugo e la rendono la storia di una giustizia che non funziona, che non dà risposte. «Noi viviamo in un limbo da due anni – racconta Russo – Non riusciamo a capire perché non inizi il processo, perché stanno tutti fermi, perché continuano ad attaccarci, perché continuiamo ad apprendere le notizie dai giornali invece che da fonti istituzionali. Si continua a parlare dei miei precedenti penali – continua – del murales e non si parla delle cose veramente importanti. Per esempio che i colpi esplosi contro mio figlio erano cinque e non tre come è stato detto finora. Il carabiniere ha premuto il grilletto cinque volte».

Cinque colpi e non tre, come emerso finora, contro Ugo. L’ultimo colpo, quello fatale, sarebbe stato esploso da lontano, quindi mentre Ugo, già colpito da un proiettile al petto, tentava la fuga e non era quindi nella posizione di poter fare del male al carabiniere, all’epoca 23enne e in servizio da pochi mesi a Bologna.

Se fosse vero, sarebbe un dettaglio fondamentale per l’esito del processo al carabiniere. «Credo che se a sparare fosse stato un altro cittadino, il processo sarebbe già iniziato – afferma Russo – Sono successe tante cose in questo periodo, chi ha sbagliato si trova in carcere, poi c’è mio figlio che ha pagato con la vita e chi ha sparato è ancora libero». Sul carabiniere pesa un’accusa gravissima: omicidio volontario. Eppure, nel suo caso la giustizia non si muove.
«Non sono state ancora concluse le indagini preliminari, per il momento il carabiniere è a piede libero – commenta il papà di Ugo – Aspetto ancora risposte e aspetto una giustizia che finora non c’è stata. Se avesse avuto ragione il carabiniere, le indagini sarebbero già finite e invece è tutto fermo e non so spiegarmelo».

Indagini ferme e non solo. L’esito dell’autopsia sul corpo di Ugo è arrivato dopo molti mesi e non è ancora in grado di spiegare la dinamica dei fatti, cosa è successo davvero quella sera. «Abbiamo avuto l’esito dell’autopsia dopo più di un anno ma si tratta di un documento confuso, ci dicono che si devono ancora fare delle verifiche, delle perizie. Viviamo in un silenzio lacerante, che giorno dopo giorno si fa sempre più forte».

La famiglia di Ugo non vuole una vendetta, ma la verità, perché la storia di una rapina finita male va bene per un titolo di giornale. Il giorno dopo chi ha il dovere di farlo, deve spiegare perché un ragazzo di 15 anni è stato freddato con due colpi di pistola. «Voglio capire se mio figlio poteva essere arrestato e avere la possibilità di fare i conti con il suo errore oppure non c’era altra soluzione che ucciderlo» dice Vincenzo Russo. Ugo ha perso la vita, la giustizia la sua funzione. Abbiamo perso tutti, per ora. Ugo era figlio di due genitori che non vivono più da quella notte di due anni fa. Era figlio di questa città e di tutti noi. Nessuno si senta assolto.

 

Francesca Sabella