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G8 Genova: depositati motivi della sentenza sulle violenze e le torture alla caserma Bolzaneto

 

E' stata depositata presso la cancelleria della Corte di Appello di Genova la sentenza che in secondo grado ha portato alla condanna di 44 persone perche', secondo l'accusa, nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 dell'estate 2001, i no-global furono picchiati, umiliati, sottoposti a trattamenti inumani. Il fascicolo che contiene le motivazioni consta di 800 pagine ed e' suddiviso in sette sezioni.
Tra le molte vessazioni subite dai manifestanti che furono condotti durante il vertice G8 nel carcere provvisorio nella caserma di Bolzaneto vi fu anche quella di cantare gli inni fascisti. Secondo i giudici Maria Rosaria D'Angelo, Paolo Gallizia e Roberto Settembre, firmatari della sentenza d'appello depositata oggi a Genova, "L'imposizione di inneggiare al fascismo - si legge in un passaggio delle motivazioni del dispositivo - insieme con il canto da parte degli aguzzini di canzoni del regime come 'Faccetta nera', e il richiamo allo sterminio degli ebrei non e' solo manifestazione nostalgica di quel sistema politico, ma comporta un chiaro messaggio simbolico sui destinatari delle sevizie, identificati come vittime destinate alla sopraffazione, in modo tale, da un lato, di accrescere il terrore di subire la tortura da parte di chi non ha pieta' e non deflette dai suoi obiettivi fino alle estreme conseguenze, e dall'altro, di rafforzare lo spirito di gruppo dei seviziatori.
"Toccafondi vide, seppe e capi'". Giacomo Toccafondi era il medico responsabile dell'area sanitaria all'interno della caserma di Bolzaneto durante il vertice G8 del 2001 di Genova. In appello e' stato condannato a un anno e due mesi di reclusione (con sospensione della pena).
La sua permanenza continua all'interno della caserma durante i giorni in cui fu trasformata in un carcere provvisiorio e la continuita' del suo impegno hanno spinto i giudici della corte d'appello di Genova a considerare impossibile che lui non fosse stato al corrente delle violenze patite dai detenuti.
"Toccafondi - si legge nella sentenza - vide, seppe e capi' che le persone offese che venivano condotte davanti a lui, trascinate, umiliate, percosse, spesso gia' ferite, atterrite, infreddolite, affamate, assetate, sfinite dalla mancanza di sonno, preda dell'altrui capriccio aggressivo e violento, sostanzialmente gia' seviziate, venivano ulteriormente seviziate in sua presenza". Specificano i giudici che "per sevizie, s'intende il complesso di gesti e di parole attraverso le quali la persona veniva fatta denudare, con l'imposizione violenta della postura del corpo, veniva costretta a subire una perquisizione che vedeva la distruzione di molti effetti personali doveva esporre la propria nudita' a molte persone, subiva spesso percosse da agenti che eseguivano materialmente la perquisizione, e non venivano sottoposti a una normale indagine clinica ne' ricevano assistenza ne' conforto". Al contrario, ricordano i giudici che il medico "spesso si accaniva sui pazienti" che in certi casi aveva anche schiaffeggiato. "Nulla fece Toccafondi - concludono i giudici - per determinare una diversa modalita' di approccio da parte degli altri sanitari, violando cosi' il suo dovere di garanzia che discende dall'articolo 40 cp. Ne consegue allora e ulteriormente che Toccafondi anche quando si allontanava dal sito era del tutto consapevole che le modalita' di approccio alle persone condotte in infermeria non mutavano".


La Corte di Appello di Genova ha presentato anche le motivazioni della sentenza per le violenze avvenute durante il G8 del 2001. Per i giudici l’ex vicecapo della Digos Alessandro Perugini era a conoscenza di quanto stava succedendo ai dimostranti fermati. “Aveva –si legge- l'assoluta contezza dell'antigiuridicità delle condotte che, anche nella percezione intellettiva del pubblico ufficiale, vengono percepiti come fatti estranei al sistema giuridico dei Paesi occidentali, caratterizzato questo da principi insuperabili di garanzie all' integrita' fisica e morale del soggetto e al diritto di non essere privati della liberta' senza la pronuncia di un'autorità giudiziaria''.

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Venerdì sono state rese pubbliche le motivazioni del processo d'appello per le torture di Bolzaneto, processo che si era concluso con 44 condannde tra poliziotti, carabinieri, guardia di finananza e personale sanitario.Durissime le parole dei giudici, non solo verso chi ha praticato le torture, ma anche verso i tanti pubblici ufficiali che hanno inneggiato al fascismo e al nazismo:

«Richiamarsi platealmente al nazismo e al fascismo, al programma sterminatore degli ebrei, alla sopraffazione dell’individuo e alla sua umiliazione, proprio mentre vengono commessi i reati contestati o nei momenti che li precedono e li seguono, - affermano i giudici -esprime il massimo del disonore di cui può macchiarsi la condotta del pubblico ufficiale......Questo richiamo ai principi posti a fondamento dei regimi sterminatori razzisti non è solo condotta antitetica ai principi e ai valori costituzionali ......... ma costituisce il più infimo grado di abiezione di cui può macchiarsi la condotta del pubblico ufficiale della Repubblica italiana che ha prestato giuramento di fedeltà alla sua Costituzione».
Le motivazioni della Corte d'appello mostrano con grande chiarezza che nella caserma di Bolzaneto nel luglio 2001 fu praticata la tortura. A questo punto non è più possibile tacere, minimizzare, fare finta di nulla.
Abbiamo diritto di sapere dai vertici delle forze dell'ordine, dai responsabili politici e anche dall'ordine dei medici se i responsabili dei fatti accertati dai pm e sanzionati dalla Corte d'appello siano ancora in servizio; se intendono o no ripudiare simile condotte; se intendono o no scusarsi con le vittime dei soprusi e con tutti i cittadini. Abbiamo diritto di chiedere al parlamento l'approvazione di una seria legge sulla tortura.
Nel luglio 2001 a Genova furono violati i principi cardine della democrazia, e decine di agenti, funzionari e dirigenti delle nostre forze dell'ordine sono stati condannati in secondo grado per gli abusi commessi. Eppure nessuno di costoro è stato rimosso. Alcuni occupano tuttora posizioni di altissimo livello. E' una vergogna sempre più intollerabile, che mina la credibilità delle istituzioni democratiche.
In qualsiasi paese civile, le parole scritte oggi dai giudici, sarebbero un punto di partenza per un radicale ricambio ai vertici delle forze dell'ordine e per l'avvio di una riforma che porti trasparenza e più cultura democratica all'interno degli apparati di sicurezza.

 

Vittorio Agnoletto - nel 2001 portavoce del Genoa social Forum
Lorenzo Guadagnucci - Comitato Verità e Giustizia per Genova