NON C'E' FEDE SENZA LOTTA

LA GENESI DELLA REPRESSIONE

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DAVIDE LIBERO











La battaglia degli striscioni

 

La battaglia degli striscioni, portata avanti da una minoranza di tifosi, composta da chi non si piega mai, da chi si piega ma non troppo e da chi cambia e si trasforma per necessità, per il dovere e il diritto di sostenere la maglia in un contesto che non è più sport da tempo e che concede piena libertà di espressione agli addetti ai lavori ma non a tutti gli altri, ridotti a contorno di uno spettacolo che tanto va avanti comunque.

La ballata dei divieti, studiata a tavolino e messa sempre in pratica nel nome della sicurezza. Gli strumenti per organizzare il tifo e per animare e colorare lo stadio sono messi al bando del tutto (megafoni, tamburi, torce e fumogeni) o in parte (striscioni e bandiere), perché nell’emergenza generale vige la regola che in guerra è concesso tutto.

Nell’emergenza è successo che la guerra preventiva agli strumenti per fare il tifo è stata considerata giusta e necessaria, perché giusta e necessaria viene considerata la guerra preventiva alla violenza. Viene difficile immaginare quale sia la relazione tra violenza e fumogeni, ma la criminalizzazione verso ogni specie di tifoso che non stia buono e seduto al suo posto ha raggiunto livelli mai visti, come anche il silenzio (assenso) di quasi tutte le tipologie di tifosi (che hanno delegato ad altri il compito di fare tifo, non battono neanche le mani e rappresentano comunque una sacca di resistenza alla poltrona e al telecomando) e di tutti gli addetti ai lavori (dirigenti e calciatori), per i quali –evidentemente- l’importanza del pubblico festante e colorato è così prossima allo zero da non valere neanche due parole spese su di un argomento che pure, se sviscerato e analizzato in tutte le sue sfaccettature, dovrebbe portare dritto alla grave constatazione che il diritto alla libera espressione, all’interno di uno stadio, può essere vietato o limitato a discrezione dell’Autorità responsabile del momento.

Domenica scorsa non è stato concesso l’ingresso del noto striscione dei tifosi ospiti toscani recante la scritta “SARA CON NOI”. Gli osservatori insegnano: il messaggio non è attinente al sostegno della Lucchese.
Un “VINCETE PER SARA” o un “SARA CON VOI”, forse sarebbero passati chiudendo un occhio sull’obbligo del materiale ignifugo?

E’ semplice gettare la croce addosso alle Autorità locali del momento, a cui è quanto meno legittimo chiedere quel minimo di elasticità che basterebbe per evitare certe pessime figure, ma fino a quando le disposizioni dei “piani alti” rimarranno sbagliate e repressive e soprattutto fino a quando l’opinione pubblica continuerà a fregarsene realmente poco della violenza e molto dello spettacolo, striscioni e messaggi carichi del più profondo sentimento che si possa immaginare (quello verso i figli) come “SARA CON NOI” o “SERGIO VIVE” continueranno a discrezione ad essere legittimamente vietati in ogni dove: ai sensi dell’articolo X e secondo la via indicata dalla disposizione Y.

Questo sport non riesce più a dare visibilità nemmeno ai valori e ai messaggi più profondi. Ma c’è poco tempo da perdere, si corra a prendere il biglietto o il telecomando, perché lo spettacolo continua. Per tutto il resto c’è tempo e i temi sono tanti e importanti. I 3 punti, gli arbitri, le multe, i deferimenti, i fallimenti, le plusvalenze, le partite combinate, i campionati falsati, le intercettazioni telefoniche, le donne dei calciatori, gli schemi dei mister e i capricci dei presidenti.

Ciao Sara, ciao Sergio.

 

da www.tarantosupporters.com