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G8, 15 condanne ma sarà prescrizione

 

Quindici condanne e trenta assoluzioni. Si è concluso così, ieri alle 22, il processo per le violenze e gli abusi avvenuti nella caserma di Bolzaneto, durante il G8 di Genova. La corte chiamata a giudicare i 45 imputati, tra poliziotti, guardie penitenziarie e carabinieri, ha stabilito che non ci furono torture. Abuso d’autorità sì, ma non quella variante dell’abuso d’ufficio che avrebbe aggravato la posizione degli imputati. Non era una sentenza già scritta. Al tribunale genovese (presidente Renato Delucchi, giudici a latere Elena Minici e Maria Luisa Carta) sono occorse undici ore di camera di consiglio.

Quindici condanne, trenta assoluzioni per un totale di 23 anni e 9 mesi di carcere, dunque, e oltre due milioni e cinquecentomila euro di risarcimento alle parti civili (a cui vanno aggiunti a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva circa 1,5 mln di euro, 10.000 euro a testa per quasi tutte le parti civili) con i ministeri di Giustizia e degli Interni condannati in solido al risarcimento del danno.
Una condanna mite rispetto ai 76 anni, 4 mesi e 20 giorni chiesti dai due pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati, in quanto i giudici non hanno ritenuto di riconoscere le aggravanti della crudeltà e dei motivi abbietti, quelle che avrebbero assimilato i reati commessi a Bolzaneto alla tortura, reato non previsto dal nostro codice penale, ma secondo l’accusa perpetrato nella caserma. Sentenza che, comunque, è destinata a non avere conseguenze, quantomeno sul piano penale: nessuno andrà in carcere e la maggior parte dei reati cadrà in prescrizione nel gennaio del 2009. «L’impianto accusatorio ha retto - ha commentato a caldo Ranieri Miniati - qualcosa di grave è effettivamente successo e questa sentenza riconosce il lavoro fatto in questi anni. Leggeremo le motivazioni e valuteremo se fare appello».
La condanna più pesante è stata inflitta a Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria e responsabile della sicurezza della caserma: 5 anni e due mesi, per lui erano stati chiesti 5 anni e 8 mesi. Pena pesante anche per Massimo Luigi Pigozzi, assistente capo della polizia penitenziaria, l’uomo diventato famoso per lo strappo della mano di un detenuto, per lui 3 anni e 2 mesi. A due anni e quattro mesi è stato condannato Alessandro Perugini, ex vicecapo della Digos a Genova e il funzionario di più alto grado presente in caserma in quelle giornate. Anna Poggi, commissario capo di polizia, ha avuto due anni e quattro mesi. Parziale condanna anche per i medici Giacomo Toccafondi (1 anno e due mesi) e Aldo Amenta (dieci mesi). Tra i numerosi assolti figura Oronzo Doria, colonnello della polizia penitenziaria e con lui Ernesto Cimino, capitano del disciolto corpo degli agenti di custodia e Bruno Pelliccia, comandante del personale del Servizio Centrale Traduzioni. Per tutti e tre l’accusa aveva chiesto 3 anni e 6 mesi. Tutti assolti i carabinieri imputati, mentre il Tribunale, accogliendo le richieste dei pm, ha disposto la trasmissione degli atti per undici testi ipotizzando la falsa testimonianza. Solo per uno dei 45 imputati, Giuseppe Fornasiere, ufficiale di polizia penitenziaria, i due pm avevano sollecitato l’assoluzione piena. E così è stato. I reati contestati, a vario titolo, dai due pm, andavano dall’abuso d’ufficio, alla violenza privata, al falso ideologico, all’abuso di autorità nei confronti di detenuti o arrestati, alla violazione dell’ordinamento penitenziario e della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Il presidente del Tribunale Delucchi ha aperto l’udienza poco prima delle 10 solo per ascoltare la rinuncia alle repliche da parte dei due sostituti procuratori. Poi ha dichiarato chiusi i lavori ed è iniziata la camera di consiglio. Prima convocazione per la sentenza alle 17. Ci si aspettava la ripetizione del copione già visto in occasione della prima sentenza di un processo per i fatti del G8, quello sugli scontri di piazza: Tribunale in camera di consiglio con la decisione già pronta, verdetto in serata. Invece qualcosa deve essere andato storto.
Una lunga attesa per un processo iniziato il 12 ottobre del 2005 e scandito da 157 udienze durante le quali sono stati sentiti 397 testimoni. La fase dibattimentale si era conclusa il 30 ottobre del 2007, poi la parola era passata ai pm che hanno sollecitato pene comprese tra i 5 anni 8 mesi e 5 giorni di reclusione, chiesti per Antonio Biagio Gugliotta, accusato di abuso di ufficio e abuso di autorità contro i detenuti, ai sei mesi chiesti per la poliziotta Diana Mancini, imputata per abuso di autorità.
Ma, al di là delle pene che i pm hanno potuto richiedere, «a Bolzaneto - hanno sempre sottolineato - si consumarono fatti di estrema gravità». E su questo punto Petruzziello e Ranieri Miniati hanno insistito a più riprese durante tutto il processo: «In quei giorni vi è stata una pluralità di comportamenti vessatori non contingenti, ma perduranti. Vi è stata quindi una volontà diretta di vessare le persone ristrette nel sito, e lederle nei loro diritti fondamentali proprio per quello che rappresentavano (tutti appartenenti all’area "no global"). In quei giorni si sono verificati comportamenti nei rapporti tra le Forze dell’ordine e i cittadini italiani e stranieri che difficilmente potranno essere dimenticati. I capi e i vertici di quella caserma hanno permesso che si verificasse una grave compromissione dei diritti delle persone, perché è questo ciò che il processo ha provato».