Non fu volontario l'omicidio di Gabriele Sandri. Dopo nove ore di camera di consiglio, la Corte d'assise d'Arezzo ha condannato a sei anni l'agente della Polstrada Luigi Spaccarotella che l'11 novembre del 2007 uccise il tifoso della Lazio Gabriele Sandri nell'area di servizio Badia al Pino sulla A1. "Fu omicidio colposo aggravato dalla previsione dell'evento", ha detto la giuria. Come dire che Spaccarotella sparò contro Sandri senza la volontà di ucciderlo, ma "accettando il rischio che quell'evento potesse verificarsi". "Giudici, siete dei buffoni". Un distinguo giuridico che ha scatenato la violenta reazione dei tifosi e amici di Sandri presenti in aula. Alla lettura della sentenza hanno urlato contro i giudici "Infami, buffoni, vergogna". Il presidente della Corte è stato costretto ad allontanare il pubblico. Stretti in un abbraccio di dolore, i genitori di Gabriele hanno pianto in aula. "Mi vergogno di essere italiano - ha detto il padre - Non sono bastati cinque testimoni a dire cosa ha fatto Spaccarotella. Evidentemente la divisa paga. Non credo più nella giustizia, non credo più in niente. E' una vergogna per tutta l'Italia. Senz'altro faremo appello: io Spaccarotella non lo mollerò mai". Al termine della lettura della sentenza, la moglie si è sentita male: "Me l'hanno ammazzato una seconda volta. Ma i giudici, quando arriveranno a casa, come faranno a guardare i loro figli, con quale coscienza hanno fatto una cosa del genere?". Allontanati dall'aula. Gli amici di Gabriele, allontanati dall'aula, hanno proseguito la protesta fuori dal Palazzo di giustizia: ancora urla contro la corte e i difensori dell'agente. All'uscita dalla Corte d'Assise, Federico Gattini, uno dei legali di Spaccarotella, è stato accolto da una pioggia di insulti: "Verme, sei un verme". Un'amica di Gabriele, Cinzia, ha accusato un malore: è stata soccorsa dai sanitari ed è stata portata via in ambulanza. L'appello del padre: "State calmi". Cristiano Sandri, fratello di Gabriele, e suo padre, hanno invitato gli amici alla calma. Temono che si ripetano i disordini scoppiati poche ore dopo l'omicidio in autostrada: a Roma furono assaltate caserme della polizia e fu devastata la sede del Coni. "Facciamola finita", ha implorato il fratello di Gabbo. "Non uccidiamo Gabriele per la terza volta. La prima volta due anni fa; oggi i giudici. Non possiamo uccidere Gabbo per la terza volta. Basta". L'agente: "Ho pianto di gioia". Luigi Spaccarotella non era in aula. Ha atteso la sentenza "incrociando le dita e pregando", come ha confidato ai suoi legali. Una volta conosciuto l'esito del processo ha "pianto di gioia": "Ho fatto bene a credere nella giustizia". Una volta solo l'agente era entrato in Corte d'assise e solo per fare una breve dichiarazione concordata con gli avvocati: "Ho alzato istintivamente un braccio, forse tutti e due - aveva detto - ed è partito un colpo di pistola. Non era mia volontà uccidere". L'imputato non ha mai voluto rispondere alle domande dei giudici. Dopo le prime dichiarazioni rese ai colleghi all'indomani dell'incidente, ha preferito appellarsi al diritto di tacere. Aveva parlato un'altra volta, ma fuori dall'aula del processo, quando il giudice lo aveva chiamato per la prima udienza preliminare. Attraverso le agenzie di stampa Spaccarotella aveva chiesto perdono ai genitori di Gabriele: "Ho ucciso il loro figlio: dire che mi dispiace, che non volevo, non può essere sufficiente. Vorrei incontrarli". Gli striscioni: "Gabbo sempre con noi". Sul prato davanti al Palazzo di giustizia di Arezzo, restano abbandonati gli striscioni e le foto di Gabbo che gli amici hanno lasciato stamani. "E' ora che sia fatta giustizia per Gabriele" è scritto su un lenzuolo. E accanto la gigantografia del tifoso con scritto: "Gabriele sempre con noi". L'accusa aveva chiesto 14 anni. Contro l'agente della Polizia stradale, il pm aveva chiesto la condanna per omicidio volontario, 21 anni ridotti a 14 con la riduzione di un terzo della pena per la concessione delle attenuanti generiche: "In fondo - aveva detto il pm come atto di comprensione verso il poliziotto - l'agente ha distrutto una vita umana ma ha anche distrutto quella della sua famiglia". Due anni fa sull'autostrada. Quel mattino, nell'area di servizio Badia al Pino sulla A1, c'era stata una scaramuccia tra tifosi laziali e supporter juventini. L'agente era dall'altra parte dell'autostrada. Non poteva intervenire direttamente. Si affidò alla sirena dell'auto e a un colpo sparato in aria. Poi prese a correre lungo il bordo della carreggiata per mettersi di fronte ai tifosi. Ma Gabriele e i suoi amici erano già risaliti in macchina per raggiungere Milano dove li aspettava Inter-Lazio e dello scontro con gli juventini non parlavano più. Spaccarotella sparò allora. Il pm: "Azione folle quella dell'agente". In aula, il pm ha mimato il gesto stringendo anche lui le mani attorno al calcio di una pistola, riproduzione fedele dell'arma di ordinanza dell'agente. "Il fatto che il proiettile fu deviato dalla grata - ha detto il magistrato dell'accusa durante la requisitoria - non sposta di un millimetro le conclusioni. Solo un folle avrebbe potuto correre con la pistola in pugno, il cane armato e il dito sul grilletto". I testi: "Aveva le braccia tese". Luigi Spaccarotella lo ha fatto quel maledetto mezzogiorno di due anni fa. Cinque testimoni lo hanno detto sotto giuramento: "Vedemmo il poliziotto con le braccia tese che prendeva la mira". Il proiettile partì dalla Beretta calibro 9, attraversò tre corsie, fu deviato dalla grata che separa i due sensi di marcia, proseguì ancora verso il parcheggio a una trentina di metri di distanza dal poliziotto e si infilò nel collo di Gabriele, seduto sul sedile posteriore della Megane tra due amici. |