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"Lui ha continuato ad avere influenza sul pallone: interessi sempre attivi"

 

Cairo, Spinelli, Briatore: il calcio è ancora sotto la cupola di Moggi.

 

Un contatto nella Juve tramite Secco, la rabbia contro Carraro & C, usciti quasi illesi.

 

ROMA - Lo chiamano direttore, ancora direttore. E' indagato per associazione a delinquere e frode sportiva, minacce e illecita concorrenza. In due procure diverse. Ed è stato squalificato per cinque anni dal calcio italiano. Niente. Il calcio italiano, un pezzo probabilmente irrecuperabile ma sicuramente importante, chiama ancora Luciano Moggi, ne ascolta i suggerimenti, gli fa relazioni su giovani talenti da smistare a squadre amiche. E torna a brigare con lui, non ha mai smesso. Lo dicono le 409 pagine di informativa dei carabinieri che hanno riaperto un istante prima del processo la Calciopoli 2.

Rino Foschi, direttore sportivo del Palermo, non si fa scrupolo di insultare il suo presidente ("non sa quel che dice poverino") e il compagno di lavoro ("Sagramola è un def... non pericoloso") pur di difendere Moggi. "Sei l'unica persona innocente". I peggiori, secondo Foschi, sono ancora sul trono: "Galliani, Carraro, Petrucci, Agnolin", li elenca. "Poi ti vengo a fare compagnia in spiaggia, ma prima faccio nomi e cognomi a reti unificate...".

Moggi non può fare a meno di questo mondo, e continua a telefonare. Il vero disastro è che il calcio gli dà retta, audience, un ruolo. "Io ti vengo dietro Luciano, a costo di farlo solo con te, sono tuo", gli dice Riccardo Calleri, uomo della Gea del figlio Alessandro. E se Foschi è pronto a tradire Zamparini per fare posto a Flavio Briatore - "tranquillo, vuole vendere, lo spinge la moglie e poi per due anni sarà occupato a costruire in centro che gli han dato il via libera" -, Aldo Spinelli, nave scuola dei presidenti, risponde candido a Moggi: "Io non voglio Briatore, voglio te". Poi lo incontra a Genova.

Alessio Secco, l'uomo che avrebbe dovuto sancire la rottura della nuova Juventus con la vecchia Triade, risponde sull'attenti all'appuntamento fissato da Moggi. Urbano Cairo, presidente berlusconiano del Torino, ci va a prendere il caffè. Moggi nel tentativo di ricostruire una "cupoletta" resuscita degli autentici cadaveri calcistici: l'ex presidente di federazione Innocenzo Mazzini, quello che prometteva arbitri a Lotito, il Meani che otteneva arbitri per conto del Milan, il Lucchesi che oggi sverna ad Avellino covando il suo rancore contro Franco Baldini.

Al Genoa l'uomo di Moggi è Stefano Capozucca: fece precipitare la squadra in C grazie alla valigetta in contanti "per Maldonado", ma Enrico Preziosi non intende liberarsene. Moggi ordina: "Mi servono quattro biglietti di tribuna d'onore". Capozucca esegue: "Te li faccio dare da Enrico". Poi gli spiffera le iniziative del vice Pastorello, nemico di entrambi: "Ha preso Di Vaio perché il procuratore è suo figlio e ora caccia Gauccino".

L'ex dg della Juve passa con conosciuta nonchalance dalla serie D del presidente Punghellini agli affari con il procuratore Petricca, fino al boicottaggio del gran nemico Galliani. Sembra preoccupato per la campagna acquisti fallimentare del Milan: Grimi, Olivera, "ora anche Ronaldo" e si premura di farlo sapere "al capo, io stasera gli parlo". Sembra Berlusconi, come poi riferirà Moggi all'ultimo giornalista al guinzaglio: "Stanno facendo una grandine di cazzate da paura, incompetenti. Sai, gli ho parlato. Non vorrei che se poi non vanno in Coppa dei campioni se la prendono con me". Moggi esulta delle disgrazie altrui: "E' grande, Galliani e Moratti indagati per doping amministrativo". Poi si adopera con il Messina per fermare il passaggio al Milan del portiere Storari.

Si spiega così la nuova rete d'affari: "Luciano Moggi ha continuato a esercitare influenza su certi settori del mondo del calcio mantenendo attivi i propri interessi attraverso dirigenti di società e operatori del mercato". Con loro lui millanta come sempre...