Della tessera del tifoso originale, quella per intenderci concepita (e registrata) da Anthony Weatherill nel 2007 ce n’eravamo già occupati con un’intervista all’ideatore nel febbraio scorso (. In quella occasione con Anthony avevamo rivissuto la genesi di questo strumento, ripercorrendone la storia e cominciando a tracciarne i possibili sviluppi. Per sintetizzare, si era partiti con l’idea di creare uno strumento volto a dar voce ai tifosi, ci si è ritrovati con una carta d’identità del tifoso che nella migliore delle ipotesi lo trasforma in un potenziale consumatore e nella peggiore ne traccia un identikit utile alla questura. Questa, almeno, è la sensazione che lascia al primo inventore. Ieri abbiamo pubblicato – in sintesi – quella che voleva essere una guida alla tessera del tifoso così come concepita dall’Osservatorio ; oggi abbiamo voluto riparlarne con Anthony Weatherill, per fare un punto sull’evoluzione della situazione. Allora Anthony dal febbraio scorso ad oggi, è cambiato qualcosa? Hai visto confermati i tuoi timori? “Diciamo che la cosa si è evoluta su due strade completamente diverse: c’è il mio progetto – che sto ovviamente portando avanti – e poi c’è quello dell’Osservatorio. La differenza tra i due è semplice: il mio nasceva per dar voce ai tifosi, per creare una grande community che li responsabilizzasse, che li aiutasse ad esprimere e a vedere soddisfatte le loro esigenze, quello che sta passando – invece – è un’imposizione il cui unico scopo è quello di trasformarli in clienti oppure – ancor peggio – di schedarli”. Spiegaci meglio… “Volentieri. Il mio progetto viene da dentro, sono i sottoscrittori stessi che si dotano liberamente di una tessera che li legittimi come tifosi, che consenta loro di esprimere ciò di cui avrebbero bisogno, di far comprendere alla società come intervenire per soddisfarli, di dar loro voce in capitolo. Poi, ovviamente, essendo uno strumento con cui essi stessi in qualche modo si certificavano nei confronti della società, è chiaro che svolgeva anche la funzione di affrancarsi da chi va allo stadio per altri scopi. Così come invece è stata creata, ha esattamente il fine opposto ed è normale che sia osteggiata dai tifosi, perché li trasforma in un semplice database da dare in pasto agli sponsor o alla questura”. Quindi è un progetto destinato al fallimento, secondo te… “Ovviamente sì, perché non capisce quelle che sono le vere esigenze del tifoso. Il biglietto nominale, ad esempio, è già fallito, adesso si è passati alla tessera, ma se continueranno ad ostinarsi a non ascoltarli, finirà allo stesso modo. Quando i primi cominceranno a ricevere a casa le offerte dalle aziende, si renderanno conto di essere stati usati e quando cercheranno di farsi ascoltare dalle società e non riceveranno risposta, si allontaneranno sempre di più dal calcio. Insomma, quello che voleva essere uno strumento per riportare la gente, le famiglie, i bambini allo stadio, che potesse creare dialogo tra i tifosi e le società, in modo da riportare serenità in un mondo che l’aveva persa, porterà esattamente a risultati contrari. Noi, ad esempio, con la nostra tessera, a Genova, portiamo allo stadio 500 bambini: i genitori ce li affidano per 4 ore, noi li portiamo alla partita e loro hanno un po’ di tempo libero. A queste cose chi penserà, l’Osservatorio? A Modena stiamo studiando la possibilità di sponsorizzare il settore giovanile della società per investire sul futuro dei nostri ragazzi. Capite la differenza? La nostra tessera era per il tifoso, la loro è “contro”. Non si può lasciare un’iniziativa del genere al Ministro degli Interni, non ha senso. Al massimo avrebbe dovuto occuparsene la Lega, che però è sparita. E attenzione: non vorrei dare l'impressione del bambino a cui hanno rubato il pallone. Io ho registrato il marchio, ma ho anche concesso l'esclusiva gratuita alla FISSC (Federazione Italiana Sostenitori Squadre di Calcio, ndr), quindi non ho alcun interesse se non quello morale. Se avessero sfruttato bene l'idea, io ne sarei stato ben felice, il fatto è che la stanno svilendo e - in più - stanno togliendo ai tifosi la possibilità di utilizzarla come vorrebbero. E' un po' come se gli stessero scippando la tessera - perché ovviamente ora le società riconoscono solo la loro - e poi contemporaneamente gliela stessero imponendo depotenziata”. I promotori dell’iniziativa, però, sostengono che almeno così si terranno lontani i facinorosi… “E io dico che questa è solo una trappola: tutti sanno che l’articolo 9 (quello che vieta il tesseramento alle persone soggette a Daspo o che abbiano subito pene connesse a reati da stadio negli ultimi 5 anni, ndr) sarà tolto, perché è evidentemente anticostituzionale. E’ stato inserito solo per farsi pubblicità, per dire “Vedete? Noi combattiamo quelli là, è quelli che vogliamo allontanare dagli stadi, è anche vostro interesse iscrivervi, così non sarete accomunati a loro”. E’ un ottimo strumento di marketing, ma è anche molto rischioso. Guardo alla manifestazione di sabato con timore: spero proprio che non succeda nulla, anche perché - dovessero accadere spiacevoli episodi - probabilmente tutto questo avrebbe il solo risultato di spingere i tifosi “comuni” verso un provvedimento che alla fine li “commercializza”. E allora come affrontare il problema della violenza? Perché è innegabile che qualcosa si deve fare, no? “Ovviamente sì, ma non condivido questa politica di demonizzazione delle curve: chiunque sia andato allo stadio, è passato dalla curva e sa benissimo che là alberga la vera passione. Tutti a parlare del modello inglese, ma io che lo conosco bene posso dirlo: in Inghilterra non c’è più passione, solo business. Ed è questa la strada che vogliamo prendere? Noi con la nostra tessera volevamo riaccenderla la passione, quella vera, genuina, ovviamente. Se c’è qualcosa che non va nelle curve, cerchiamo di porre rimedio: entriamoci, sporchiamoci le mani, capiamo i problemi di questi ragazzi, dialoghiamo, responsabilizziamoli, cerchiamo di evitare infiltrazioni politiche e allontaniamo i violenti, ma non demonizziamoli. E, soprattutto, non spegniamo la passione”. |