Genoa-Milan, il quattro per uno. Non uno sconto alla cassa e nemmeno i saldi di fine stagione. Ma semplicemente l'intreccio politico-sociale di quattro spinosi nodi per una grana calcistica diventata la madre di tutte le partite ingestibili. Primo, lo stadio Luigi Ferraris di Marassi: non conforme alle norme UEFA e pronto per essere sostituito (contro la volontà popolare) da avveniristici impianti polifunzionali, auspicando che, dopo la Commissione Cultura del Senato, anche la Camera si pronunci favorevolmente sulla proposta di legge per la costruzione dei nuovi stadi (pro candidatura italiana per gli Europei 2016). Secondo, un tragico precedente, una ferita ancora aperta nonostante 15 anni da quel maledetto Genoa-Milan del 1995: sotto la Gradinata Nord, feudo dei tifosi del Grifone, un diciottenne milanista accoltellò a morte il giovane Vincenzo Claudio Spagnolo e i suoi amici hanno voluto ricordarlo con un corteo ancora carico di rabbia e recriminazione per una vita inutilmente spezzata. Terzo, l'allarme (fondato) per l'ordine pubblico, con buona pace della tessera del tifoso (obbligatoria dal campionato 2010-2011): perché è stata proibita la trasferta a 371 sostenitori ospiti (inutilmente muniti della carta Cuore Rossonero) ed è stato vietato anche l'ingresso ai 23.125 abbonati rossoblù. Alla faccia del rispetto delle regole (e dei diritti dei consumatori!) perché anche con la fidelity card... allo stadio non si accede! Quarto: il tira e molla tra il Comune di Genova, il Ministero dell'Interno e il CASMS, emanazione dell'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. Risultato finale? Partita giocata a porte chiuse con decisione presa dalla prefettura ligure solo a tarda notte, cioè a poco più di 16 ore dal fischio d'inizio della gara, seguita da una polemica sulla legittimità del risultato sportivo (Zamparini da Palermo ha gridato all'alterazione della prestazione agonistica proprio per l'assenza del pubblico) e da 60 mila euro di fondi comunali gettati al vento per bonificare (inutilmente) l'area esterna allo stadio, credendo di scongiurare incidenti tra opposte fazioni.
Napolitano: "violenze oggi negli stadi, domani chissà...." E pensare che non più tardi di un paio di giorni prima s'era espresso sui mali del calcio pure il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che bacchettando il calcione di Totti al colored Balotelli aveva detto: "Ci sono delle forme di tifo selvaggio che danno luogo a violenze intollerabili che oggi si esprimono negli stadi, ma domani chissà dove possono arrivare. È un fenomeno preoccupante e le società calcistiche dovrebbero reagire di più." In mezzo a quest'impasse risulta difficile capire come e dove i singoli club riescono autonomamente a muoversi. "Pronto ad ordinare altre chiusure? Se le condizioni di ordine pubblico lo richiedessero, certo che sì", ha tuonato Francesco Musolino, Prefetto di Genova. Certo è che da domenica s'è nuovamente innescata un'allarmante spirale di cui avremmo fatto volentieri a meno e che, agli occhi dei più, è sembrato qualcosa di più d'un semplice deja-vù. Livorno-Lazio, sulle tracce del calciatore impegnato Paolo Sollier che già 35 anni fa quando col suo Perugia affrontava i laziali diceva "giocheremo contro la squadra di Mussolini!", ha rispolverato slogan, schemi e contrapposizioni ideologiche tipiche degli anni '70, neanche allo Stadio Ardenza si fossero dati appuntamento comunisti da un lato e fascisti dall'altro. Napoli-Atalanta è finita con una fitta sassaiola azzurra contro 150 temerari bergamaschi, costata il ferimento di 13 poliziotti, mentre i testimoni del post Roma-Inter finale di Coppa Italia raccontano di un venticinquenne romano picchiato, ferito e arrestato, reo di essersi fatto trovare dalla Polizia sotto casa sua, cioè al momento sbagliato nel posto sbagliato. Cui prodest? Perché tutta questa confusione nel calcio? Perché improvvisamente una dialettica campanilistica alla Romolo e Remo sconfinata nella parabola di Caino e Abele?
Tessera del tifoso e nuovi stadi: leggi incostituzionali? Già, perché ben 28 politici bipartisan a gridare allo scandalo dopo Lazio-Inter per il 'biscotto alla romana' sfornato dai laziali ai romanisti? Intanto al TAR è al vaglio l'art. 9 della cosiddetta Legge della Tessera del Tifoso (al limite dell'incostituzionalità se limita la libera circolazione dei cittadini sul territorio nazionale) e se dovesse diventare legge la proposta per la costruzione dei nuovi stadi, più d'una associazione di ambientalisti sembra sul piede di guerra per contrastare eventuali speculazioni edilizie arrivando fino in Corte Costituzionale, lamentando vizi di legittimità proprio lì dove la competenza in materia di modifica dei piani regolatori (nuove cubature) ex art. 117 della Costituzione spetta alle regioni anziché allo Stato. Speriamo almeno che domenica prossima, per gli ultimi 90 minuti di gioco, tra l'assegnazione dello scudetto e dell'ultimo posto per il preliminare di Champions League, almeno i tifosi (di tutta Italia) riescano ad essere più buoni, meno violenti e meno cospiratori. Infondo il calcio è solo un gioco. Oppure no? |