Omicidio Cucchi: c'è un nuovo mistero Stefano scrisse una lettera che non è mai arrivata |
Scrisse una lettera Stefano Cucchi, la scrisse alla comunità terapeutica che aveva frequentato. Scrisse dal repartino penitenziario del Pertini, dal letto dove sarebbe morto alcune ore dopo. Ma quella lettera non è mai arrivata. Nè tantomeno figura agli atti dell'inchiesta sull'omicidio del trentunenne romano arrestato per droga sei giorni prima dai carabinieri. Si potrebbe ipotizzare che potrebbe non averla scritta ma - a spulciare la relazione dell'Inchiesta amministrativa del Dap - si trovano le dichiarazioni di una vicesovrintendente della Polizia penitenziaria, capoposto del repartino dal 2005, dall'apertura della «struttura complessa di medicina protetta». L'agente è stata sentita il 23 novembre da una dirigente del dipartimento, ma è ancora in lista tra le persone informate dei fatti che la procura ha intenzione di ascoltare. La donna riferisce che, durante il turno pomeridiano del 21, un collega le fece presente «che il detenuto chiamava in continuazione, richiedendo sigarette, di parlare con un'assistente volontaria e di parlare con qualcuno della comunità». «Io ritenni opportuno di andare a parlare direttamente con lui suggerendogli, al fine di accelerare i tempi, invece di compilare il modulo con la richiesta (che avrebbe dovuto ottenere l'autorizzazione del magistrato in quanto lui era giudicabile), di scrivere direttamente alla comunità e a tal fine gli consegnai una busta col francobollo che spesso gli assistenti volontari ci lasciano in consegna per le esigenze dei detenuti». Ancora: «La lettera ho visto che la scriveva, non so se però è stata inoltrata in quanto ho finito il turno alle 23 e poi la mattina successiva il detenuto è morto». |