Una stanzetta disadorna in fondo al Commissariato di Polizia di corso Tirreno, con in mezzo due scrivanie ed un mobiletto metallico. Appoggiati sul mobiletto, due tomi del Codice penale e un bel manganello foderato di stracci tenuti assieme da dello scotch bianco. Un manganello di quelli d’ordinanza, con l’impugnatura e tutto, ma imbottito in modo da essere usato senza la preoccupazione di lasciar troppi segni, lasciato in bella vista sul mobiletto come se fosse uno strumento di normale utilizzo tra quelle mura. Una specie di “stanza delle torture”, questa che vi descriviamo in via Tirreno? Non lo sappiamo con certezza, ovviamente. Possiamo soltanto raccontarvi come i poliziotti di guardia abbiano reagito alle rimostranze di chi venerdì scorso, involontariamente, ha scoperto quel manganello poggiato lì. Intanto sbattendo gli impiccioni in un angolo, poi sequestrando il manganello sospetto, poi dando risposte imbarazzate ed improbabili, col tono di chi viene beccato con le mani nella marmellata, di chi ha fatto una gran cazzata e non sa più come giustificarsi: «No, no, noi non lo utilizziamo…», «che cos’è?», «ci stiamo accertando di cosa sia..», «l’avrà portato qualcuno da fuori…», «ma mi hai mai visto utilizzare una roba così?…». E possiamo anche dirvi che chi l’ha scoperto, il manganello in quella stanza, è stato talmente travolto dall’indignazione da mettersi ad urlare a squarciagola in mezzo ad un Commissariato pullulante di celerini sempre pronti all’attacco, da inveire improperi contro le guardie delle quali era prigioniero, accettando il rischio di farsi caricare di botte così, gratuitamente, alla fine di una giornata già troppo lunga passata nelle loro mani. |