Il gup di Roma, nell’ambito dell’udienza preliminare fissata per valutare la posizione dei cinque carabinieri nell’inchiesta bis per la morte di Stefano Cucchi, ha autorizzato le parti civili a citare i ministeri della Giustizia, della Difesa e degli Interni come responsabili civili per l’Arma, quali tenuti a risarcire, insieme con gli imputati, i danni procurati in caso di condanna. Si è chiusa con questa novità la prima delle tre udienze preliminari fissate per definire la posizione degli imputati. Sono state ammesse tutte le parti civili che ne avevano fatto richiesta: il Comune di Roma, l’Associazione Cittadinanza Attiva e gli Agenti di Polizia Penitenziaria. Il giudice preliminare si è poi riservato di decidere sulla richiesta delle difese di disporre la trascrizione della mole di intercettazioni ambientali e telefoniche che costituiscono parte importante del fascicolo della procura. «Domani si parte – aveva scritto alla vigilia Ilaria, la sorella di Cucchi – e si parte sul serio. Io credo che le cinque persone che per otto anni si sono nascoste dietro la loro divisa debbano tremare, perché adesso non si scherza più. Tutto questo è frutto del mio sudore e di quello del mio avvocato. Di una famiglia normale e perbene che crede nelle Istituzioni e ad esse si affida, nonostante tutto. E dell’enorme lavoro svolto dalla Procura di Roma in nome della verità. Tutto questo restituirà ad ogni comune cittadino la speranza in una Giustizia davvero giusta e davvero uguale per tutti. Ciao Stefano». Prossima udienza, il 5 giugno; il successivo 14 potrebbe già arrivare la conclusione con la decisione del giudice sulla richiesta di rinvio a giudizio dei cinque carabinieri. Alla fine di febbraio, tre dei cinque carabinieri coinvolti nel processo per omicidio sono stati sospesi dal servizio. I tre militari sospesi, con stipendio dimezzato, sono i carabinieri scelti Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro e il vicebrigadiere Francesco Tedesco: la sospensione è stata disposta a titolo precauzionale, dopo la richiesta di rinvio a giudizio, dal Comando generale dell’Arma per i primi due, mentre per il graduato e’ stata decisa dal Ministero della Difesa, sempre su richiesta del Comando generale. I tre sono i militari che il 15 ottobre 2009 arrestarono Stefano Cucchi in flagranza di reato per detenzione di droga. Secondo l’accusa sarebbero i responsabili del pestaggio che il giovane avrebbe subito e che ne determino’ la morte, una settimana dopo, nell’ospedale ‘Sandro Pertini’ di Roma. Per altri due carabinieri, Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi, è stato chiesto il rinvio a giudizio per calunnia (il primo anche per falso): in questo caso il Comando generale dell’Arma non ha ancora adottato alcun provvedimento. Ai tre carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Stefano Cucchi è contestata anche l’accusa di abuso di autorità, è detto nell’avviso di chiusura indagine, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, per aver sottoposto il geometra «a misure di rigore non consentite dalla legge». Per la procura con «l’aggravante di aver commesso il fatto per futili motivi, riconducibili alla resistenza di Cucchi al momento del foto-segnalamento». Oltreché di omicidio preterintenzionale i tre carabinieri sono accusati anche di abuso di autorità per aver costretto Cucchi a subire «misure di rigore non consentite dalla legge» con l’aggravante di aver commesso il fatto per futili motivi riconducibili alla resistenza posta in essere da Cucchi al momento del fotosegnalamento presso i locali della compagnia di Roma Casilina dove dopo l’arresto era stato successivamente trasferito. |