Tra ‘700 e ‘800 del secolo scorso un’opposta visione del mondo portò allo scontro romantici e illuministi, ortodossi di irrazionalità e passione contro razionalisti dei lumi. Sfida col guanto, armi cavalleresche, prima dell'avvento delle ideologie del '900 post rivoluzioni francese e industriale. Caduta Berlino e poi il Muro, nel terzo millennio è rimasto poco del duello culturale sulla weltanshauung: oggi la tecnocrazia è sovrana, con buona pace di spontaneisti e teorici dell’aggregazione non omologata. Ha vinto l’Uomo Massa. Ha perso l’Uomo Primordiale. Dappertutto, anche nello sport e nelle sue dinamiche sociali. Geopoliticamente parlando, sono 30 anni che la storia del calcio italiano muta ingredienti e anticorpi. Non più progressismo-tradizionalista ma evoluzionismo apolide allo stato puro: profitto e merchandising sono in cabina di regia. E l’ultima trovata si chiama Tessera del Tifoso, frutto naturale del neo-calcio d’esportazione italiota. Dovrebbe arrestare la devianza delle scorribande giovanili, ma fa arrossire la pur consumeristica NBA del basket americano. L'accusano di essere “un prodotto senza cuore”, rigettato aprioristicamente dall'UEFA e dal popolo di fedeli conservatori (ultimi romantici) che non colgono più ardore nemmeno tra compagini giovanili e campi di categorie minori. Il neo-calcio è nauseante ovunque, da Nord a Sud, isole comprese: emana odore ripugnante, sollecitando masse disgregate, allontanando folle tribali selvatiche. Il neo-calcio ha una nuova ricetta in doppio petto, politically correct: può fare a meno dei tifosi. Il neo-calcio punta sui neo-tifosi, stile Vuvuzela, apotropaica Lepatata sudafricana in si bemolle. Suono mono corda, una sola nota che copre tutto, compresi cori di incitamento e grida di dissenso. Striscioni e megafoni non entrano in curva e nemmeno scenografie non autorizzate. In un sistema di controllo blindato è in atto uno scontro antropologico apocalittico, condotto a colpi di bisturi, come un chirurgo affonda la lama in un intervento di plastica facciale: però stavolta in sala operatoria c'è la coscienza dell'Io, individuo autonomo e pensante, categoria old style. L'Homo Sapiens Sapiens sta per essere intubato, cambierà sembianze: verrà sfigurato e rimodellato con punture rigeneranti di botulino. Nascerà l'Homo Virtualis, nuovo di zecca, sintesi futuristica della tirannia dei numeri che Alexis De Tocqueville diceva illiberale già agli albori della democrazia statunitense. Schiacciamento molecolare delle masse sulle libertà individuali. Non c'è né per nessuno. Si salvi chi può: “I 400-500 ultras che hanno protestato - riferisce il Ministro dell'Interno Roberto Maroni - verranno sostituiti nell'immaginario collettivo dai 4/5 milioni di tifosi che con la tessera andranno in stadi più sicuri”. Ed ecco meravigliosamente lo scenario dischiudersi, come d'incanto: c'è chi vince e c'è chi perde. I dissidenti contestatori verranno soppiantati. Anche se sono i nostri ragazzi, i nostri figli: chi se ne frega se verranno espulsi, sostituiti da nuovi scudi umani. Portafogli a doppio fondo contro coronarie da cuore impavido. Moneta banconota contro luce d’enfasi e senso d’appartenenza. Prima di arrivare in cassa, si prezzeranno sacrifici e altruismo. Abbassiamo i toni, alziamo il Modello 730: hanno un costo quantificabile trasferte, ore insonne su treno e pullman con sciarpa e gagliardetto. Una volta su quelle reliquie ci si poggiava la guancia per sognare ad occhi aperti. Oggi si monetizza pure l’anima e il sogno è diventato virtuale, artefatto, illusione costruita, impacchettata. Esci tu, perché eticamente indesiderato e politicamente scorretto. Entra lui, perché chirurgicamente anestetizzato, innocuo, bocca tappata e tasche ipotecate in attesa di essere svuotate (se non lo sapevate, nei ristoranti Ciao e nei bar-snack di Autogrill SpA, c'è pure il menù del tifoso con sconto del 10%. Che bello, ma ci pensate: nessuno si incontrerà più per menar vilmente le mani in autostrada. Basterà darsi un appuntamento via Sms e mangiare insieme con la fidelity card, risparmiando!) Fahrenheit 451, Atto di Forza, Il taglia erbe: ieri film fantascienza, oggi pellicole quasi realtà. Grazie ad una direttiva ferragostana datata 2009. Quando chi (poteva) se ne stava al mare sotto l'ombrellone e la Tessera del Tifoso diventò magicamente operativa. A fari spenti... Per i nostri nonni il calcio era la radiocronaca di Nicolò Carosio. Per i nostri padri Tutto il Calcio Minuto per Minuto con la voce (roca) di Ciotti e (dolce) di Martellini. Per noi è stato 90° Minuto di Paolo Valenti, coi collegamenti cult di Tonino Carino da Ascoli e Luigi Necco da Napoli. Ieri le gare erano in contemporanea. Per lo spettacolo dal vivo c’erano gli stadi (eccetto lifting tipo Italia '90, gli stessi d'oggi!), c'era l’atmosfera dell’attesa, la gente arrivava in gradinata sin dal mattino, sapeva quando iniziava, sapeva quando finiva. E poi altri sette giorni prima di ricominciare, col fiato sospeso, in apnea, stimolati dalle figurine Panini. Oggi il neo-calcio aspetta una Legge Quadro (ferma alla Camera) che potrebbe revisionare piani regolatori, sbloccando progetti di avveniristici centri multifunzionali, cittadelle del neo-calcio con supermercati, cinema e megastore. E poi, tutti lì dentro come in una vita surreale. Con la scusa di un goal in fuorigioco su cui versare lacrime di coccodrillo (senza moviola RAI, per carità: evitiamo polemiche populiste!), faremo amicizia con una veemente hostess sorriso smagliante: tra un coro e l'altro ci propinerà un modulo prestampato di mutuo a tasso variabile da contrarre con la società partner della nostra squadra del cuore. Commuovente: “Che dolcezza!” Anzi, rivisitando un azzeccatissimo spot pubblicitario, commuovente bis: “Che banca!” I calendari li estrae l’urna di Piazza Affari, CONI e FIGC restano in disparte, senza nemmeno ricevere l'invito per il primo atto ufficiale della nuova stagione. Ci aspetta la spalmatura di gioco dal venerdì al lunedì, passando per l’antipasto domenicale alle 12:30 e l’anticipo cool al sabato sera per l’ora di cena, a lume di candela. Tutto rigorosamente in pay per view, all access. Si guarda al modello inglese, ma siamo italiani un pò fetish. Anche se la Guerra è finita snobbiamo la perfida Albione perché aborriamo la vera cultura del calcio. Della performance non ce ne infischia un tubo e nemmeno della sfera d'impatto sociale. Oltremanica giocano all'ora di pranzo perché usano un frugale branch prima del thè. Da noi con tagliatelle e fettuccine salteranno pure le conviviali da suoceri e nonni. Grazie al neo-calcio, che ha vinto a colpi di propaganda. Non c’è più spazio per l’immaginazione. S’è smarrito il piacere della maglia sudata, il dolore della bandiera sventolata sofferente ma fiera, la logica della vittoria e della sconfitta. Sei mesi di contratto, poi cambi casacca (la terza è naif, quella dei portieri a tinte disunite). Ti contrattualizzo a Luglio, ti rivendo a Gennaio (campagna di riparazione). Comproprietà, prestito con diritto di riscatto, plusvalenza, articolo 17, parametro zero, doping, sentenza Bosman, doping amministrativo e Calciopoli. S’è portato all’esaurimento il pathos che ha reso dilagante il fenomeno della palla presa a calci, nata oltre 150 anni fa tra Oxford e Cambridge (regolamentata nella libera muratoria FreeMasons' Tavern della City), pronipote del calcio storico fiorentino d’italica reminiscenza. Oggi si entra allo stadio con biglietti nominali, varcando pre-filtraggi, tornelli e lo sguardo vivisezionante di telecamere a circuito chiuso, come tra i metal-detector degli aeroporti quando si sfila passaporto in mano. Lì si scongiurano psicosi terroristiche e vili attacchi stile 11 Settembre 2001. Qui si perora il ritorno delle famiglie sugli spalti (giusto!), alzando soglie d’acquisto (sbagliato!), per escludere gli indesiderati reazionari, diventati ingombranti dall'oggi al domani (strano!). Mi sembra di sentirli i ragionamenti di chi, fino alle ultime Regionali, in curva ci entrava eccome, ma a caccia di voti: “Non vogliamo più reietti e squattrinati, ne faremo a meno. O c’hanno i soldi, o non entrano, fedina penale al vaglio. E gli ultras continuassero pure a picchiarsi da un'altra parte, lontano dal circuito mediatico. Occhio non vede, cuore non duole!” Sai che sbornia: i più scalmanati bypasseranno i settori ospiti per accodarsi in zone promiscue. Tutti mischiati, all'impazzata. Ci vorranno gli 007 per prevenire l'incontrollabile, reso mimetico. Ecco l’antidoto sicurezza, alla faccia del garantismo, dello spazio ludico e delle libertà fondamentali! La certezza dell'uguaglianza del diritto è un optional, c'è deregulation giuridica accanto al rettangolo verde: oggi la Tessera del Tifoso ha creato uno spazio extra-territoriale, dove per entrarci (senza obbligo di legge) ti scrutano casellario giudiziale e carichi pendenti, eppure in modo diverso da città a città. E se non entri in curva, non c'è bacchetta magica, e il disagio giovanili non è risolto. Ma solo spostato, fuori i cancelli, nelle piazze. Non è lo status della Repubblica delle Banane di Paperino. Questo è il neo-stadio d'Italia gestito con tecniche sperimentali di controllo sociale di massa. Abitato non più da tifosi ma da clienti consumatori, vestiti in abiti uniformati. E' il prodotto neo-calcio, troppo stretto per sostenitori modello tifo all'antica, calzato su misura per individui alfanumerici, codici a barre e micro-chip con tecnologia di radio frequenza di identificazione a distanza (passepartout di programmi speciali spendi e spandi). Il calcio ha perso ritmo, ha smarrito religiosità civile e riti magici tramandati da una generazione all’altra. Il neo-calcio ha acquistato carte prepagate al consumo e flussi economici d’alta finanza (ingaggi di calciatori... off-shore) Il programma stagionale partorisce in Borsa, gli abbonamenti si fanno in banca e la black list passa preventivamente in Questura. Le società obbediscono ai dictat del Governo (non del Parlamento) e la fila ai botteghini è un timido ricordo per nostalgici del “dai, andiamocene allo stadio all'ultimo minuto…”. No, fa parte del passato. Quei momenti sono chiusi nel cassetto. Con serratura a doppia mandata, insieme ai nomi tradizionali. Non ci sono più nemmeno quelli: erano in vendita, se li sono comprati. Prima c'erano Serie B e Coppa Italia, punto e basta. Oggi ci sono Serie B-BWin e Tim Cup. Però la pochezza dei numeri dei nuovi abbonati deve far riflettere: qualche anno fa, 150.000 spettatori da stadio si contavano sommando gli abitudinari paganti (solo) di Olimpico e San Paolo. L'arena pallonara era la festa domenicale per eccellenza (al diavolo il parroco e pure la messa!) Oggi 150.000 clienti sono la somma stimata di tutte le Tessere del Tifoso richieste dagli attivisti del neo-Campionato di Serie A-TIM (main sponsor). Non un millennio fa, il Napoli di Beppe Savoldi faceva 70.402 abbonati, il Milan di Weah 73.500 e la Roma di Batistuta 44.723. Se il pallone life s’è sgonfiato all'improvviso, in compenso ci sono in presa live satellitare e digitale terrestre: il primato è di Sky con 4.700.000 abbonati, le concorrenti Mediaset Premium e Dahlia Tv rosicchiano significative quote di audience. I ripetitori di Tele + e Stream sono spenti da un pezzo e Conto TV (se avesse vinto il ricorso al Tribunale Civile di Milano, sezione proprietà industriale) avrebbe sbancato il tavolo, riformulando in Lega il contratto mutualistico vigente. Uno sale, l’altro scende. E' la logica del mercato, ma non del campo. E ha perso il calcio. E ha vinto il neo-calcio, mentre curve e tribune montano un boicottaggio popolare senza precedenti. Con piglio radicale: “Difendiamo la nostra libertà di liberi cittadini, prima che di tifosi. Via schedature e banche dal nostro calcio. Stadi vuoti: no alla tessera del tifoso!” Uno spontaneismo dal basso tipo brigantaggio mitizzato, fenomeno contrario al processo di piemontesizzazione dello spazio vitale. Cose da Braveheart, L'ultimo dei Mohicani e Balla coi lupi, altro che Fight Club come vorrebbero farci credere. Certo: chi sbaglia paga. La violenza va stigmatizzata, da qualunque parte provenga. Sempre. Ma sbaglia e deve pagare pure chi usa cuore e cervello e difende valori e coscienza critica? Mica si vorrà arrivare al confino e alle liste di proscrizione per gridare Goal... L'ultima sui recenti Campionati del Mondo e vi lascio. Per chi non se ne fosse accorto, (altro che Spagna-Olanda) Adidas-Nike è stata la finale, facilmente pronosticabile da un tabellone guarda caso un pò burlone, eccezionalmente (chissà perché?) spartito in due tronconi netti di lobby, grossi marchi di multinazionali (neo-calcio core business) che non avrebbero potuto far altro che incontrarsi proprio alla fine (chi l'avrebbe mai pensato, proprio in finale!). L'una contro l'altra. Non poteva accadere l'inverso e non poteva finire in parità. Uno dei due brand avrebbe vinto e così è stato, Coppa del Mondo in pugno (ops, griffata sulla maglia). Ma lo sapevo in anticipo. Me l’aveva detto un atipico indovino superstizioso che è riuscito ad infastidire pure l'iraniano Ahmadinejad: il polipo Paul, pescato all'isola d'Elba (dicono), tentacoli mozzafiato dal sapore trash in salsa rivisitata pop-romantica. Guai a tirarlo fuori dall’acqua. Significherebbe snaturarlo, estrometterlo dal suo habitat naturale. Primitivo, come era il calcio popolare. Che oggi è andato a farsi benedire, dopo un secolo e mezzo di onorato servizio. Alziamoci in pedi, in religioso silenzio. E recitiamogli il de profundis, pregando: “Ei fu, 28 Agosto 2010, anticipo della prima giornata del neo-Campionato del neo-calcio italiano. Con Tessera del Tifoso in mano e neo-centri commerciali (dicasi nuovi stadi) in agenda parlamentare”. Alfa, omega. Il cerchio s'è chiuso e il circo può ricominciare. Telecamere accese. Ovvio. Amen.
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