Adriana, trans brasiliana, si trova nel Cpr di Caltanissetta. E denuncia: “Sono tra uomini di religione musulmana che mi chiamano puttana, mi insultano, mi dicono che devo morire, che sono un diavolo, per il mio essere trans. Mi hanno sputato in faccia più volte. E nessuno ha preso provvedimenti”. La ragazza rischia l’espulsione: “In Brasile mi ammazzeranno” |
Adriana è una donna transessuale brasiliana di 34 anni che ha perso il permesso di soggiorno e da molto tempo, ormai, vive un incubo che si rinnova: per due mesi è stata reclusa nel reparto maschile del Cie di Brindisi, tra abusi e paura di essere stuprata. Dopo una battaglia e la denuncia del Mit (movimento identità transessuale) e di Sinistra Italiana, a marzo è stata trasferita a Caltanissetta (in un Cpr, il nome che hanno assunto gli ex Cie). E da lì denuncia a Fanpage.it nuovi abusi: “Qui sono nel reparto maschile – dice al telefono – in uno spazio diviso dagli altri attraverso una rete. Sono 24 ore su 24 dentro un container, sono tra uomini quasi tutti di religione musulmana che mi chiamano puttana, mi insultano, mi dicono che devo morire, che sono un diavolo, per il mio essere trans. Mi hanno sputato in faccia più volte. E nessuno ha preso provvedimenti”. La ragazza ha fatto la richiesta di protezione, ma le è stata rigettata. Con il suo avvocato, Giovanni Annaloro, sta provvedendo a presentare ricorso, ma intanto resta chiusa nel Centro permanente per i rimpatri. E rischia di tornare in Brasile, se il ricorso non andrà a buon fine. Per lei tornare in Brasile significa “perdere mia madre, che è qui da tanti anni. Io stessa sono qui da 17 anni”. Ma la circostanza più pericolosa è data dal fatto che il Paese sudamericano ha il triste record per persecuzioni e omicidi di persone transessuali. E lei, per varie ragioni, anche personali sulle quali non vuole indugiare, rischia seriamente la vita. “Noi chiediamo che questa donna trans sia trattata con pari dignità – è la denuncia di Porpora Marcasciano del Movimento Identità transessuale, di Loredana Rossi dell’associazione Trans Napoli e del Consultorio Transgenere – e non possiamo permettere che venga internata con uomini, per giunta musulmani integralisti che non tollerano la comunità Lgbt”. Adriana, intanto, è in sciopero della fame: “Ho sbagliato ma ho già pagato in carcere per questo, non ho commesso nessun reato per essere rinchiusa qui dentro e vivo da 17 anni in Italia, tutti possiamo sbagliare e ho riparato ai miei errori, chi non ha peccato scagli la prima pietra”. Adriana chiede al ministro dell’Interno Marco Minniti “di ridarmi la mia vita, perché le istituzioni qui hanno rubato la mia vita, io non ho commesso nessun reato per stare qua, mi ritrovo qua dopo anni in Italia. Non voglio tornare in Brasile, corro il rischio di essere ammazzata”. |