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Stagione 2010, fuga dagli stadi

 

In due giornate la serie A ha perso 47mila spettatori

 

Un articolo da "La Nuova Sardegna" di mercoledì 15 settembre

 

Venticinquemila spettatori al San Paolo di Napoli, 16 mila all’Olimpico per la Lazio, 36 mila per la Roma. Abbonamenti ai minimi storici, interi settori semideserti in tutti gli stadi. Roba da amichevoli precampionato, altro che serie A. E c’è chi lo chiama ancora il campionato più bello del mondo. La stagione degli incassi al botteghino (quella dei diritti tv è un’altra storia) è iniziata in rosso. Il primo bilancio è assolutamente negativo: rispetto allo scorso anno, la serie A ha già perso quasi 50 mila spettatori.
Calciatori in sciopero, partite a mezzogiorno, spezzatini vari, una tessera del tifoso ancora indigesta per molti. Il calcio italiano rischia di diventare una scatola vuota, un teatro deserto che serve soltanto ad alimentare teatrini estranei al vero pallone.
Due sole giornate di calcio giocato hanno già permesso di inquadrare la situazione che va prefigurandosi. Con tutte le squadre della massima serie che hanno giocato almeno una partita in casa, gli spettatori complessivi sono stati 475 mila. Pochi? Molti? Basta fare un confronto con la scorsa stagione per avere una risposta: nel campionato 2009-’10 il totale fu di 522 mila. A conti fatti, insomma, la serie A è già in rosso di 47 mila spettatori.
Il dato che colpisce di più è l’emorragia di pubblico dagli stadi delle “big”. Se la neopromossa Cesena ha registrato un pienone contro il Milan (21 mila spettatori), la Lazio ha visto un crollo (appena 16 mila) contro il Bologna. Idem per la Roma, che dai 50-60 mila spettatori abituali è passata ai 36 mila di Roma-Cesena. Appena 37 mila i biglietti venduti a San Siro per l’esordio del Milan col Lecce. Di tifosi ne ha perso di botto 10 mila anche il Napoli, piazza storicamente caldissima: all’esordio interno della scorsa stagione, contro il Livorno, se ne contavano 35 mila. Domenica, col Bari, sugli spalti non c’erano più di 25 mila persone. Il Cagliari per ora non se la passa male, con 15 mila spettatori contro la Roma.
La media nazionale (meno di 25 mila spettatori) sembra destinata a calare ancora ed è sempre più distante da Spagna (27 mila), Inghilterra (34 mila) e Germania (42 mila).
Ma perché il tifoso italiano non ne può più? Al progressivo svuotamento degli stadi italiani, negli ultimi anni hanno contribuito diversi fattori. Prima di tutto la scelta della Lega (e quindi delle società) di rastrellare più denaro possibile dalle tv, con la conseguenza che il campionato (spezzettato, giocato a orari e in giorni improponibili) sembra sempre più concepito a uso e consumo dello spettatore televisivo.
C’è poi il problema della violenza, mai risolto ma forse mai affrontato in maniera davvero approfondita. L’idea della pericolosità degli stadi non spiega però come, per esempio, negli anni Ottanta gli scontri fossero altrettanto frequenti ma la media degli spettatori restasse altissima.
Contro la tessera del tifoso, obbligatoria per chi si vuole abbonare, si sono schierate le frange calde del tifo, ma non solo. L’unica conseguenza, al momento, è che è crollato un po’ ovunque anche il numero degli abbonati. E delle famiglie, che secondo il ministro Maroni dovrebbero ripopolare gli stadi, al momento non c’è nessuna traccia.

 

Andrea Sini