Gli ultimi cascami giudiziari della pagina nera scritta da un manipolo di carabinieri di Mogoro che fino al 2012 pianificava arresti illegali, magari sistemando panetti di hascisc nella macchina di qualche malcapitato sul quale questi militari “infedeli” indagavano per conto terzi, è di scena in tribunale a Oristano. Ieri si è svolta un’udienza del processo nei confronti del maresciallo Mario Arnò e dell’appuntato Massimiliano Mazzotta. Sono imputati di estorsione, peuculato e falso, e sono i “reduci” del gruppo di militari, tra i quali l’allora comandante della Compagnia, capitano Renè Biancheri, fermati nel 2012 da un provvidenziale arresto disposto dopo una lunga inchiesta. Arnò è difeso dall’avvocato Veronica Dongiovanni, e Mazzotta, dall’avvocato Franco Villa, mentre gli avvocati Rossella Oppo e Rita Chiara Furneri sono i legali di parte civile per conto di Ugo Zucca e Massimiliano Stella, due delle persone danneggiate dalla condotta disinvolta dei militari. Ieri ha deposto uno degli ufficiali della polizia giudiziaria che svolse le indagini. Il testimone ha parlato delle intercettazioni su alcuni episodi contestati agli imputati. Arnò e Mazzotta svolgevano accertamenti, ovviamente illegali, per conto di un investigatore privato. Controllavano un uomo, la cui moglie si era rivolta al detective trovandosi nel mezzo di una separazione complicata. I carabinieri si erano messi d’accordo con l’investigatore per mettere in difficoltà l’uomo rispetto alla custodia dei figli. Il pubblico ministero Rossella Spano chiede la doppia condanna a cinque anni e sei mesi per il maresciallo Mario Arnò e l’appuntanto Massimiliano Mazzotta, sottolineando che chi era deputato a garantire la legge abbia varcato il confine e si sia posto al di la di essa. Secondo la pubblica accusa, che si fa forte di intercettazioni, riscontri documentali e testimonianze incrociate, gli ultimi due carabinieri a essere giudicati avrebbero falsificato documentazione riguardante i loro orari di lavoro, ma soprattutto avrebbero costruito prove artefatte per incastrare alcune persone. Tra queste Massimiliano Stella e Ugo Zucca, entrambi coinvolti loro malgrado in una storia di droga dalla quale infine sono usciti assolti. Ora entrambi siedono sui banchi delle parti civili assistiti dalle avvocatesse Rita Chiara Furneri e Rossella Oppo. La prima ha richiesto per il suo cliente un risarcimento di mezzo milione di euro, la seconda una provvisionale da 20mila euro preannunciando la causa civile per quantificare l’esatta dimensione del danno subito. Il pubblico ministero ha poi posto l’accento sull’incredibile e ingiustificabile presenza di corpi di reato nei locali della caserma, dove veniva custodita droga destinata invece a essere distrutta secondo le disposizioni dell’autorità giudiziaria. Questo stupefacente era stato senza motivo mantenuto dentro un cassetto addirittura per quattro anni. I dettagli su cui si è soffermata la pubblica accusa sono stati moltissimi per quanto poi avversati dagli avvocati difensori Franco Villa e Veronica Bongiovanni che hanno parlato di un ribaltamento di orizzonti dove la giustizia si fida maggiormente delle testimonianze di persone inaffidabili e che comunque con la droga hanno avuto contatto diretto. In più ci sono state altre persone coinvolte nell’inchiesta e nelle successive fasi processuali. C’è ad esempio chi ha definito la propria posizione con un patteggiamento e agli imputati usciti di scena sono state attribuite responsabilità sulla detenzione oltre i termini dello stupefacente incriminato che poi sarebbe stato utilizzato per incastrare le inconsapevoli vittime della calunnia che sarebbe stata costruita ad arte in caserma. Una delle possibilità era infilargli un panetto di haschisc nell’auto, oppure sottoporlo all’etilometro dopo uno “spuntino”. Per fare questo, i carabinieri chiedevano 10mila euro. Prossima udienza il 10 gennaio, quindi si andrà al 14 febbraio per la chiusura dell’istruttoria dibattimentale. |