Quando il tifo fa piu’ rumore in silenzio |
Tratto dal quotidiano Nuova Cosenza. |
Nel settore ospiti dello stadio San Vito domenica scorsa contro il Pisa erano presenti 23 tifosi. Tutti possessori della tessera, l’ultima invenzione delle istituzioni per “porre freno agli episodi di violenza negli stadi” (?). 30 invece gli steward dedicati a quella zona, uno spicchio di spalti con 1600 posti a sedere, che il Cosenza schiera ogni domenica. Come dire uno steward a persona. Uno spreco. Due domeniche fa da Taranto venne un solo tifoso. Sono questi i numeri di chi ha progettato la fantomatica “tessera del tifoso”? Un vero e proprio fallimento che se nei campi di A e di B è oggetto di boutade come a Trieste, dove la societa’ si permette il lusso di stendere delle gigantografie stampate con le vecchie immagini del pubblico tra gli spalti, in Lega Pro, e nelle altre leghe minori, diventa un preoccupante campanello d’allarme per i bilanci delle societa’. Incassi mancati e canna del gas vicina alla bocca. Se in serie A e B la pubblicita’ ed i diritti televisivi coprono gran parte dei bilanci, magari non tutto, ma danno una grossa mano, nei campionati minori si vive solo del contributo dei mecenati che, fin quando non si scocciano, investono con la speranza del grande salto che tradotto significa gestire bilanci con una buona parte di risorse garantite. Un vero e proprio suicidio. L’arcipelago calcio in Italia non e’ solo la serie A dove la tessera del tifoso funziona nelle metropoli come Milano, Roma, Napoli, Catania e Palermo dove il bacino di spettatori ha una percentuale alta rispetto a popolazioni che superano il milione di abitanti, ma e’ soprattutto campi e citta’ di provincia dove, quando va bene, in citta’ come Cosenza, Taranto, Foggia si arriva alle 10.000 unita’ ma nelle grandi occasioni. In tutti gli altri casi la media scende sui 1000-2000 spettatori. Ma parliamo di Lega Pro. Senza scendere nelle altre categorie minori della galassia calcio. Così succede che se le curve, oltre il 50% degli incassi, decidono di non entrare, e’ la fine. La fine di uno spettacolo, la fine del piu’ bel gioco del mondo. E’ inutile negarlo, o nascondersi dietro un cerino. Succede che la passione sfuma e, come ieri a Cosenza, quando serve quella mano in piu’ che solo la passione e l’incitamento sanno dare, anche il gioco in campo ne rimane influenzato. Vedere Cosenza-Pisa, un appuntamento da cartellone del calcio di Lega pro, che sfila nel silenzio piu’ totale delle curve, davanti a 3.380 paganti, bè questo e’ piu’ di un allarme. Questo e’ il segnale che qualcosa si e’ rotto. E’ segno che chi ha messo mano al problema violenza pensando di risolverlo con una tessera ha proprio sbagliato approccio. Gia’ il biglietto nominativo violava elegantemente la privacy del cittadino. Ora con la tessera siamo alla frutta. Stadi vuoti e tifoserie indispettite, risultato: il crac, il deserto, la noia. La fine di un gioco che con il pubblico ha la sua parte importante. Quando lo capiranno i vertici del calcio non sara’ mai troppo tardi. |
Pippo Gatto |