Da circa un mese è recluso in una sezione soprannominata dai detenuti stessi “41 bis in miniatura”, è costretto a trascorrere la giornata in una cella chiusa e sedato senza che abbia nessuna patologia psichiatrica.
Parliamo di Giovanni Cimmarrusti, poco più che 30enne e recluso per un reato di spaccio di stupefacenti e ricettazione, una pena che finirà di scontare tra un anno e mezzo. La sezione si trova nel reparto “terzo C” del carcere milanese di Opera. Un reparto che non è di alta sorveglianza, eppure è ugualmente “speciale” e di notevoli restrizioni.
Il suo legale, l’avvocata Simona Giannetti, membro del Consiglio Direttivo dell’associazione radicale Nessuno Tocchi Caino, ha prontamente presentato sia alla direzione, che al tribunale di sorveglianza, un’istanza urgente di trasferimento.
L’avvocata Giannetti, in qualità di difensore del ragazzo, chiede «l’urgente trasferimento dal reparto dove attualmente risulta assegnato presso questa Casa di Reclusione di Opera, segnatamente il reparto “terzo C”, nel quale risulta esservi stato inserito da almeno un mese (la data precisa non è ricordata dal Signor Cimarrusti) in seguito a un trasferimento dal reparto “quarto C”, dove si trovava almeno fino alla fine del mese di novembre circa e dove svolgeva attività lavorativa come “scopino” oltre che beneficiare della libertà di movimento (che gli concedeva la cella aperta dalle 16.30 alle 19.30) ». L’avvocata poi prosegue spiegando le ragioni della richiesta di trasferimento. «Attualmente il signor Cimarrusti – scrive la penalista – si trova in un reparto con notevoli restrizioni (apparentemente soprannominato “41 bis in miniatura” probabilmente proprio in ragione delle restrizioni, come da lui indicato secondo il racconto effettuato nella mattina odierna a questo difensore durante il colloquio): in tale reparto il signor Cimarrusti lamenta di non avere il diritto all’ora d’aria, pertanto di essere costretto a trascorrere la giornata nella cella chiusa, con la sola possibilità di scegliere se entrare in una stanza ad uso di tutti detenuti per qualche tempo».Il ritratto di questa stanza è impietoso. Secondo la descrizione fornita dal ragazzo, la stanza ad uso di tutti i detenuti pare essere di dimensioni modeste e non adatte a contenere le circa 50 persone che in essa si stipano per poter uscire dalla cella almeno per un breve periodo della giornata.
Ma quale tipologia di detenuti ci sono in questo reparto che di fatto appare come una carcerazione dura? Ci sarebbero persone con problemi di autolesionismo per poterli contenere. Infatti vengono utilizzati anche gli psicofarmaci. Ma il ragazzo non ha avuto nessun problema di autolesionismo e mai avuto nessun richiamo disciplinare. Eppure lo hanno trasferito lì, e vive con la paura di subire aggressioni, tanto è vero che si ritrova costretto a non uscire dalla cella. A questo, come se non bastasse, si aggiunge la terapia senza che ne avesse la necessità.
Lo scrive nero su bianco l’avvocata Giannetti nell’istanza di trasferimento: «Gli vengono somministrate gocce di Remeron (nella specie a suo dire, 30 al mattino, 30 al pomeriggio e 60 alla sera), che poi consiste in un farmaco a base di principio attivo mirtazapina, ovvero antidepressivo». Un farmaco del quale tuttavia non se ne giustifica la necessità. «Del resto – scrive ancora l’avvocata -, il signor Cimarrusti, fino all’ingresso in tale reparto, si trovava in altro reparto (il “quarto C” appunto), nel quale non risulta aver avuto atteggiamenti tali da giustificare l’esigenza di assunzione di sostanze antidepressive: egli, al contrario aveva richiesto di avviare un percorso di riabilitazione dall’uso di sostanza stupefacente e di essere inserito al cd. reparto Vela (richiesta rimasta disattesa, mai evasa, neppure con una visita dello psicologo, ma ferma al solo certificato di tossicodipendenza) ». Come mai, di punto in bianco, è stato trasferito in questo reparto che, forse, non dovrebbe essere nemmeno contemplato dal sistema penitenziario? Si ritrova privato della libertà di movimento senza poter beneficiare del diritto all’ora d’aria quotidiana e sottoposto a terapia, senza che ce ne siano delle motivazioni. Non è considerato socialmente pericoloso, ha comunque intrapreso l’attività lavorativa, beneficiava senza alcun problema il diritto di libertà di movimento con la cella aperta dalle 16.30 alle 19.30 e si avvia comunque alla conclusione della sua pena.
Nonostante ciò è stato trasferito al “41 bis in miniatura”, un reparto che potrebbe non essere legale visto le restrizioni che subirebbero i detenuti. Una detenzione che, per quanto riguarda il ragazzo, rischia di compromettergli il percorso riabilitativo previsto dall’ordinamento penitenziario. Sì, perché non solo non lo hanno inserito in un percorso di riabilitazione e potrebbe uscire tossico come è entrato (motivo della commissione dei reati) ma lo hanno messo in un reparto che non gli fa fare nulla, in cella 24 ore su 24, sedato e a rischio. |